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Nelle ore immediatamente successive alla sua elezione in qualità di Presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron è stato portato in trionfo da gran parte dei governi europei. Ora parte la sua sfida più grande, la riforma dell’Eurozona, ma, prima, deve consolidare quell’asse franco-tedesco da lui più volte invocato. Come saranno la Francia e l’Europa con Macron all’Eliseo? Soprattutto, riuscirà il giovane Presidente a mantenere i suoi obiettivi, ovvero il rilancio economico del proprio paese e la riforma dell’Unione Europea?

I conti francesi. Nell’ottica di riportare in alto la credibilità della Francia nel contesto europeo, soprattutto dopo i cinque fallimentari anni della Presidenza Hollande, deficit (attualmente al 3% del rapporto con il PIL) e disoccupazione (10%) sono i primi punti all’ordine del giorno per Macron. Non a caso, finita la sbornia elettorale, il Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker ha immediatamente sottolineato come “la Francia sprechi troppe risorse”: un modo per avvertire Parigi di occuparsi dei propri conti prima di pensare a qualsiasi riforma dell’Unione.

Potrebbe apparire una bocciatura, ma Macron ha incassato la frecciata ed è partito all’attacco. Il 23 maggio, prima, quindi, delle elezioni legislative di giugno 2017, Macron ha presentato alle camera la propria riforma del mercato del lavoro, presente nel programma elettorale e modellata sul sistema tedesco.

L’obiettivo della riforma è fornire flessibilità al sistema delle piccole e medie imprese, garantendogli la possibilità di operare trattative sindacali a livello locale. Per la Francia si tratta di una riforma necessaria per rilanciare l’occupazione, per Macron la possibilità di incominciare a riformare l’economia francese e nel frattempo, a livello Europeo dimostrare ai partner europei la volontà della Francia di mettersi in regola per intavolare la propria riforma dell’Unione.

Alleanze interne. Mettendo in agenda la riforma del mercato del lavoro prima delle elezioni legislative di giugno, Macron ha messo la riforma al centro della campagna elettorale, esattamente come lo era durante la sua trionfale corsa presidenziale. Una seconda vittoria sullo stesso programma blinderebbe, di fatto, la riforma, evitando le rivolte di piazza del 2016, e mettendo pressione, allo stesso tempo, sui Repubblicani, a cui il Presidente vorrebbe formare una, forse, necessaria alleanza di governo per le riforme.

Allo stato attuale, infatti, La Republique en Marche! (LRM), il movimento fondato dallo stesso Macron, pur essendo il primo partito del paese (31%) potrebbe non avere la maggioranza dei seggi all’Assemblea Nazionale, per governare da sola. Per questo, diventa essenziale per Macron trovare degli alleati.

Questi non possono essere i Socialisti, un partito ormai cannibalizzato dalla stessa LRM e che rischia, dato l’attuale 7%, di rimanere fuori dal Parlamento. Per questo l’obiettivo di Macron sarebbero i Repubblicani, secondo partito e generalmente favorevoli a riforme di stampo liberale. La nomina di esponenti repubblicani ai dicasteri dell’Economia e delle Finanze – Bruno Le Maire e Gérald Darmanin – così come quella di Édouard Philippe quale Primo Ministro andrebbero quindi lette in quest’ottica.

Poco importa che, poco dopo la nomina, questi siano stati espulsi dal centro-destra, l’obiettivo è di costruire ponti verso quello che sarà, a tutti gli effetti, la seconda forza in parlamento dietro LRM.

Ci sono molte aree di cooperazione [fra Francia e Germania]: una politica sui rifugiati comune, lavoratori distaccati e commerci bilaterali. Abbiamo bisogno di più pragmatismo, meno burocrazia e di un Europa che protegga i propri cittadini

Emmanuel Macron

L’asse franco-tedesco 2.0. Mettere in sicurezza i conti e riformare il paese servirà a Macron per conseguire il suo secondo obiettivo: la riforma complessiva dei trattati europei. Il cuore della riforma sarebbe il rafforzamento dell’Eurozona, che si doterebbe di un Ministro dell’Economia e delle Finanze posto sotto il controllo di uno speciale Parlamento composto dai parlamentari dell’area Euro.

Questi sarebbe responsabile del budget complessivo della stessa area della Moneta Unica. Il risultato sarebbe la creazione di un’entità politico-economica interna all’Unione, ma ristretta ai paesi che adottano l’Euro. Nei fatti, una UE a due velocità: il progetto discusso da Francia, Spagna, Italia e Germania nel vertice di Versailles di marzo del 2017.

In questa operazione, fatta allo scopo di “risolvere” alcuni dei problemi strutturali dell’Euro, la Germania rappresenta il principale alleato di Parigi. Mentre contro la proposta Macron si schieravano, fuori dall’Eurozona, la Polonia e, dentro, l’Olanda e la Finlandia, Berlino, da sempre incline ad una riforma strutturale dell’Europa tramite il federalismo o la creazione di una politica economica comune, è arrivata in soccorso di Parigi.

Dopo aver incassato l’approvazione di Angela Merkel nel primo incontro ufficiale fra i due, dove Macron ha elencato i vantaggi della cooperazione fra i due paesi, il Presidente francese ha trovato un nuovo sostenitore: il Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, il “falco” della politica economica europea.

In un intervista rilasciata a Repubblica, Schäuble ha sottolineato come lui e il neo-Presidente francese sarebbero “perfettamente d’accordo” sulle proposte di “rafforzamento dell’Eurozona”. La costituzione di un Ministero per l’Economia potrebbe avvenire – continua Schäuble – potenziando, per esempio, il Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM), il cosiddetto “fondo salva-stati” che permetterebbe, fra l’altro, agli stati membri di mantenere una qualche forma di autonomia economica. Tale riforma, alla base del programma europeo di Angela Merkel da 12 anni, non sarebbe stato possibile finora, “non per l’opposizione tedesca o italiana, ma per quella della Francia”, storicamente protettiva nei confronti della sua creatura: la burocrazia europea.

Il progetto europeo. Su questo progetto, che parte da Parigi ed arriva a Bruxelles passando per Berlino, si sta costruendo, da una parte, un nuovo asse franco-tedesco e, dall’altra, il maggior consenso possibile sul progetto dell’Europa a più velocità. La verità la si saprà solo dopo le elezioni tedesche di settembre, ma, intanto, Macron sta mettendo le basi per la riforma dell’Eurozona, una riforma che rispecchia il risultato del vertice di Versailles del 2016 fra Germania, Francia, Spagna e Italia aspettando, solamente, la scontata conferma di Angela Merkel al governo della Germania.

Dalla sua parte, il neo-Presidente francese, ha la congiuntura politico economica. Dopo la paura populista, infatti, l’Unione sembra pronta a rinnovarsi e rendersi più forte. Sul fronte economico, essenziale per qualsiasi riforma, l’Eurozona, Italia esclusa, cresce ben al di sopra dell’un percento annuo, permettendo ai governi europeisti di tornare a respirare dopo i tanti anni di crisi.

Emmanuel Macron è certamente un politico fortunato. I guai giudiziari di François Fillon, il disastro socialista ed il fatto di ritrovarsi al ballottaggio contrapposto “all’ineleggibile” – per la maggioranza dei francesi – Marine Le Pen, lo hanno proiettato all’Eliseo all’età di 39 anni ed alla sua prima candidatura politica.

Macron è stato un politico fortunato, eppure potrebbe essere l’uomo giusto, al posto giusto, nel momento giusto, sia per la Francia che per l’Europa.

 

Pubblicato originariamente dall’autores su: il Caffè e l’Opinione

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