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Un’elezione è sempre un’elezione, e inevitabilmente porta con sé un’alea, un’incertezza, un’imponderabilità. Ciononostante, le urne inglesi dell’8 giugno prossimo possono rappresentare per i conservatori di Theresa May un’occasione più unica che rara di centrare tre obiettivi in un colpo solo. Primo: garantirsi una larga maggioranza parlamentare. Secondo: stracciare gli impresentabili laburisti di Corbyn (con i piedi nel Novecento e la testa ancora più indietro, forse nell’Ottocento…). Terzo: garantire al nuovo governo May una fortissima legittimazione in vista del negoziato su Brexit tra Londra e Bruxelles.

In particolare il terzo obiettivo potrebbe essere ulteriormente rafforzato dagli esiti incerti delle altre tornate elettorali europee. Se anche Macron vincerà le presidenziali francesi di domenica 7, non è affatto chiaro quale possa essere l’esito delle successive elezioni legislative di giugno, e quindi l’effettiva e definitiva situazione parlamentare e di governo. Lo stesso vale per le elezioni tedesche del 24 settembre prossimo, da cui potrebbe scaturire un ennesimo governo di grande coalizione. Morale: al tavolo del negoziato, tra fine 2017 e inizio 2018, il soggetto più forte, solido e legittimato potrebbe essere proprio il governo di Londra.

Questo, già in condizioni normali. Ma ora c’è una variabile in più che gioca a favore della May. Si tratta delle dichiarazioni scomposte, gratuitamente provocatorie nei confronti del governo e degli elettori inglesi, dell’ineffabile Jean Claude Juncker, il presidente della Commissione europea. Mi è già capitato di citare su questo punto il grande Charles Moore, commentatore di Telegraph e Spectator e magistrale biografo della Thatcher: Juncker sta agli ideali europei più o meno come Blatter stava agli ideali sportivi della Fifa.

Ecco, le sue dichiarazioni offensive stanno generando in Inghilterra un vento ancora più forte nelle ali dei Tories. Anche coloro che avevano avuto (e magari mantengono tuttora riserve) su Brexit, non accettano comunque l’idea che un burocrate europeo (non eletto da nessuno) si ponga come nemico esplicito dell’Inghilterra. L’alternativa Leave-Remain nel referendum su Brexit di giugno 2016 finì 52 a 48, ma un ipotetico confronto tra gli anti-Juncker e i pro-Juncker può finire 75 a 25…

Sarebbe il caso che i governi europei che hanno incautamente affidato a cotanto portabandiera il compito di rappresentarli riflettessero un momento di più sull’inadeguatezza di quella scelta, di quei toni e di quegli argomenti.

mercati, Theresa May, Brexit, Gran Bretagna

Elezioni Uk, consigli non richiesti ai miei amici Tories

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