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Quali effetti avrà sul management del Monte dei Paschi di Siena la nazionalizzazione dell’istituto varata dal Consiglio dei ministri? Marco Morelli e Alessandro Falciai, ad e presidente di Mps, subiranno un ridimensionamento del proprio raggio d’azione? E la banca risulterà alla fine imbrigliata nella sua operatività? La risposta: in parte sì. E non solo perché lo Stato si prepara a diventare l’azionista di controllo di Siena con una quota vicina al 62%, ma anche perché il decreto approvato nella notte tra il 22 e 23 dicembre prevede, oltre al ristoro dei risparmiatori titolari di obbligazioni subordinate con titoli più sicuri (senior), dei limiti allo spazio di manovra al vertice di Rocca Salimbeni, a  sua volta imposto alla guida di Mps dal precedente governo Renzi.

IL BLITZ DELLA BCE

Certo, sullo sfondo permane l’incognita Bce visto che l’Eurotower ha chiesto alla banca senese un ulteriore sforzo, portando il conto del salvataggio a 8,8 miliardi (lo Stato dovrebbe metterne 6,3). La risposta del governo non si è fatta attendere: il fondo salva-banche da 20 miliardi è sufficiente, dunque i soldi per Siena bastano e avanzano. Ma intanto le precauzioni prese dal Tesoro nel concedere l’appoggio pubblico alle banche in difficoltà sono state messe nero su bianco nel decreto. Ecco quali sono.

PIANO INDUSTRIALE DA RIFARE

La discontinuità non dovrebbe essere contemplata nella seconda vita di Mps, targata rigorosamente Stato. Palazzo Chigi non ha, almeno per il momento, interesse a un ennesimo cambio della guardia alla guida del Monte, proprio mentre si avvia a entrare nella fase operativa della nazionalizzazione. Eppure qualcosa cambierà. A cominciare dal piano industriale della banca che dovrà essere redatto dal nuovo azionista entro i primi due-tre mesi del 2017. Ciò significa ricalibrare tutti gli ingredienti principali di quello messo in campo da Morelli e che avrebbe dovuto convincere il mercato e i grandi investitori a salvare Siena. Ora andranno quindi rivisti i calcoli su esuberi, sportelli da chiudere, tempi e strumenti di smaltimento degli Npl, plasmando il rilancio della banca secondo i dettami del nuovo azionista pubblico, che Morelli dovrà giocoforza condividere.

UN POOL DI ESPERTI ALLA CORTE DI SIENA

Spostando l’attenzione sul decreto, all’articolo 23 (disposizioni finali) emerge un particolare interessante. E cioè che nel portare avanti la ricapitalizzazione dell’istituto e il suo conseguente rafforzamento patrimoniale chiesto dalla Bce, lo Stato potrà avvalersi del parere di una folta pattuglia di esperti, tra legali e luminari della finanza. Consigli che poi, naturalmente verranno “girati” al board e al management. “Ai fini della strutturazione degli interventi previsti dal Capo II  (la ricapitalizzazione, ndr) nonché della gestione dell’eventuale contenzioso, il ministero può avvalersi, a spese dell’emittente (la banca, in questo caso Mps, ndr) di esperti in materia finanziaria, contabile e legale, scelti fra soggetti che non abbiano in corso o non abbiano intrattenuto negli ultimi due anni relazioni di affari, professionali o finanziarie con l’emittente tali da comprometterne l’indipendenza”.

I POTERI SUL BOARD (E SU MORELLI)

Ancora, l’articolo 17 del decreto del 23 dicembre fissa un altro paletto. Ovvero la possibilità per il Tesoro di intervenire direttamente sui membri del board e sullo stesso direttore generale, che poi è lo stesso Morelli. “La sottoscrizione” dell’aumento “può essere condizionata alla revoca o sostituzione dei consiglieri esecutivi e del direttore generale dell’emittente, anche in conformità con la disciplina dell’Unione europea sugli aiuti di Stato”, si legge. Inoltre, l’articolo 18, non manca di specificare come l’autorità competente sul settore bancario, ovvero la Banca d’Italia può chiedere in qualsivoglia momento alla banca integrazioni e aggiunte al piano industriale.

I PALETTI DELLA GARANZIA PUBBLICA

Altri paletti riguardano direttamente la garanzia che lo Stato, che sia chiaro è “onerosa e irrevocabile” concede agli istituti in difficoltà, subordinata comunque al vaglio dell’Europa. Al Capo I, più precisamente all’articolo 3 si legge come “l’ammontare delle garanzie concesse è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie”. Il altre parole, la parte dello Stato è quella di rimettere in piedi la banca, ma senza andare oltre. Poi dovrà camminare sulle sue gambe.

NO ALLA CONCORRENZA SLEALE

Ancora, all’articolo 4, si vieta alle banche destinatarie di intervento pubblico di non non abusare del sostegno ricevuto né conseguire “indebiti vantaggi per il tramite dello stesso, in particolare nelle comunicazioni commerciali rivolte al pubblico”. In altri termini, sono vietate le pubblicità che facciano in qualche modo leva sul sostegno pubblico, perché si tratterebbe  di concorrenza sleale nei confronti degli altri gruppi che stanno in piedi da soli.

STOP A DIVIDENDI E A NUOVE PARTECIPAZIONI

Montepaschi dovrà inoltre rinunciare per tutto il tempo della durata della garanzia, all’acquisto di nuove partecipazioni e “alla distribuzione di dividendi”. Lo chiarisce l’articolo 7 del provvedimento d’urgenza. La banca non potrà “acquisire nuove partecipazioni, fatte salve le acquisizioni compatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, ivi comprese le acquisizioni per finalità di recupero dei crediti e di temporanea assistenza finanziaria a imprese in difficoltà”. Stop infine  ai “pagamenti discrezionali su strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1“.

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