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Martedì e mercoledì un centinaio di delegati, militari e civili, da almeno 42 nazioni si riuniranno, a porte chiuse, all’Università del Maryland per la prima riunione dei Paesi che hanno sottoscritto la Dichiarazione politica sull’utilizzo responsabile dell’intelligenza artificiale in ambito militare, lanciata dagli Stati Uniti l’anno scorso (a cui hanno aderito 53 Stati, tra cui l’Italia).

All’ordine del giorno, come ha spiegato un funzionario a Breaking Defense: ogni applicazione militare dell’intelligenza artificiale, dagli armamenti autonomi e dalle “battle network”, all’intelligenza artificiale generativa come ChatGPT, ai sistemi di back-office per la cybersicurezza, la logistica, la manutenzione, la gestione del personale e altro ancora. L’obiettivo è quello di condividere le buone pratiche, discutere modelli come il Responsible AI Toolkit del Pentagono e sviluppare le competenze personali in materia di intelligenza artificiale da portare ai rispettivi governi.

Il dipartimento di Stato vuole che questa sia la prima di una serie indefinita di conferenze annuali ospitate dai Paesi firmatari in tutto il mondo. Tra queste sessioni generali, ha spiegato il funzionario, gruppi più piccoli di nazioni like-minded dovrebbero riunirsi per scambi, workshop, esercitazioni e altro ancora – “tutto ciò che serve a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla questione e a compiere passi concreti” verso l’attuazione dei dieci principi generali della dichiarazione. Questi forum più piccoli riferiranno poi alla sessione plenaria annuale, che codificherà le lezioni apprese, discuterà la strada da seguire e stabilirà l’agenda per l’anno successivo.

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