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Per molti opinion makers di tutto il mondo, molti dei quali vivono nei paesi del sud Europa e in Italia, l’integrazione degli immigrati adottato dalla Svezia è considerata un modello. Ci sono cose buone e meno buone che lo caratterizzano e, soprattutto queste ultime, stanno emergendo con una certa forza a partire dagli ultimi mesi.
Non mi aspettavo che alla notizia si dedicassero interi titoli di giornale, quanto meno speravo se ne parlasse, così da generare un dibattito che portasse alla riflessione e non ai soliti messaggi reattivi, istintivi e sentimentali.

Per l’ennesima volta la Svezia è stata protagonista di un atto di violenza collettiva contro le donne. Questa volta, però, a differenza dei fatti di Colonia, verificatisi in occasione del capodanno tedesco, le donne prese di mira sono state per lo più teenagers. Giornali svedesi e inglesi hanno parlato diffusamente delle violenze fisiche subite da circa 35 giovani ragazze che partecipavano al cosiddetto “Party nel Parko”, tenutosi nella cittadina di Karlstad, a poche centinaia di chilometri da Stoccolma.

La festa, in occasione della quale i giovani, a poche settimane dalla chiusura delle scuole, danzano e ascoltano musica nel parco comunale, è stata meta di bande di migranti che sono ricorsi alla violenza fisica nei confronti di almeno 35 ragazze, dai 17 ai 12 anni, che si trovavano, in compagnia di amici, all’evento. Una delle vittime ha raccontato al DailyMail la sua disavventura; una narrazione allucinante. Proprio in Svezia, il rapporto annuale stilato dalla Polizia afferma che rifugiati teenagers, e altri gruppi di immigrati, sono stati responsabili per almeno l’80 per cento dei casi di molestie sessuali, denunciati lo scorso anno, e avvenuti in bagni o piscine pubbliche. Solo nel 2015 quasi il 60 per cento dei reati sessuali avvenuti in luoghi pubblici sono stati commessi contro ragazze adolescenti sotto i 15 anni. La vittima più giovani aveva 6 anni e l’età media delle vittime era compresa tra i 10 e i 13 anni.

Ci sono problemi? Direi di sì! L’epocale fenomeno migratorio che stiamo vivendo ci deve far aprire non solo il cuore, ma anche gli occhi. Non esistono “modelli esemplari”, ma un pizzico di buon senso comune basterebbe a valutare e a distinguere le misure di discriminazione (tra richiedenti asilo e semplici migranti) e di integrazione (evitando la scomparsa di centinaia di migliaia di bambini, favorendo asilo per famiglie, accelerando i respingimenti laddove necessari, vincolando la permanenza alla scolarizzazione etc.) di coloro che sbarcano sulle coste europee.

L’integrazione che non parte dalla consapevolezza della dignità umana di ogni persona, maschio o femmina che sia, non sarà mai efficace; piuttosto, rischia di sfociare in violenza verso le nostre bambine.

Gli immigrati e il modello svedese

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