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Manca poco, veramente poco al rinnovo del rito elettorale amministrativo. Quel rito ancestrale che di volta in volta ci proietta più verso l’ultimo exit-poll a chiusura seggi che alla reale consapevolezza che qualcosa di veramente nuovo possa accadere. Per chi? Ovvio, per le persone con disabilità. Motoria, sensoriale, intellettiva o relazionale che sia, ogni diversa abilità – tanto per farci capire anche da chi non sa di cosa legge – si “affianca” ad almeno una persona. Una persona che ogni qual volta ci sia un’elezione, spesso, si è documentata, ha speso del tempo per capire come migliorare la propria condizione di persona con disabilità che vive in una società (accezione civica) spesso a lui avversa.

Non si parla né di destra né di sinistra e neppure di politica del fare o di antipolitica. Si parla solo della speranza che chiunque amministri, da Milano a Roma e da Torino a Napoli, lo faccia con una rinnovata e attenta consapevolezza a quelle persone e ai loro aggettivi che non fanno altro che qualificare il loro essere. Biondo, alto, sordo, simpatico, sono appunto aggettivi. “Solo” aggettivi.

E allora torna la futura speranza per una città migliore, più accessibile e fruibile da tutti, indipendentemente dalla razza, il credo, il sesso e la condizione fisica, sensoriale intellettiva e del proprio colore dei capelli. Le persone con disabilità sono anche elettori consapevoli per politici troppo spesso inconsapevoli di quello che serve ai loro cittadini. Demagogia? No, va troppo di moda per farla anche in un articolo di giornale.

Non so, e non voglio pensarci ora, se per poter essere dei buoni amministratori bisogni anche conoscere in prima persona le necessità delle persone con disabilità. Esistono esempi in un verso e in un altro. Però so una cosa: il 5 giugno spenderò ancora una volta del tempo nella speranza che qualcosa di moderno possa accadere.  Lo farò andando a votare secondo il credo politico e quello civico; secondo coscienza e anche incoscienza. Perché c’è da dire anche che, essere una persona con disabilità non vuol dire votare meglio di altri.

Buon voto. Per tutti e verso tutti.

Diversamente eletti

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