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Quando le piazze si riempiono di gente e di colori, e per ragioni diametralmente opposte, non ha molto senso fare classifiche su torti e ragioni. Stabilire, per esempio, se siano stati più convincenti i moltissimi italiani che ieri hanno manifestato ovunque per chiedere non la Luna né posti di lavoro, ma diritti civili, semplicemente. Oppure se saranno più ragionevoli gli altri e moltissimi italiani che, fra sette giorni, a loro volta si mobiliteranno non per andare su Marte o pretendere privilegi, ma per difendere i principi della Costituzione sulla famiglia e il matrimonio. Ma fra un sabato e l’altro, fra la “sveglia, Italia!” appena suonata da cittadini miti anche se arrabbiati, e l’ ”attenzione, Italia!” che presto risuonerà per conto di cittadini moderati anche se preoccupati, è cambiato il mondo.

L’ormai celebre testo-Cirinnà che giovedì comincerà la sua ardua navigazione al Senato per introdurre, prima volta in Italia, le unioni civili comunque saranno denominate, segna uno spartiacque simile a quello del referendum sul divorzio nel 1974. Anche allora, come oggi, la gente si divise e contrappose con focosa onestà, le piazze si riempirono, i partiti furono costretti a prendere posizione perché la società lo esigeva. Quel che i nostri nonni mai avevano conosciuto è così diventato pratica da decenni: chi non si ama più, può, se lo desidera, separarsi e rifarsi una nuova vita. Il che non significa che per molti italiani il matrimonio sia e resti uno solo per sempre. I diritti degli uni non hanno scalfito quelli degli altri. Ciascuno ha potuto beneficiare della tutela che lo Stato ha il dovere d’assicurare. L’approccio sulle unioni civili non è troppo diverso: come salvaguardare il matrimonio fra uomo e donna e l’importanza dei figli ad avere un padre e una madre con il diritto a vivere insieme e a esercitare i doveri dell’essere genitori di due donne o due uomini che si vogliono bene. Non astrazione futura, ma storie di vita quotidiana.

Rinunciando al reciproco pregiudizio, non sarà difficile trovare un’intesa sensata in Parlamento, visto che nella società è stata trovata da tempo. Le coppie convivono già, spesso con la responsabilità di bambini, a prescindere da come siano formate. Usando le parole giuste e affrontando la priorità della contesa, che è sul come assicurare la crescita amorevole dei bambini, anche questa divisione alla fine avrà aiutato l’Italia a voltare pagina e tutti gli italiani a sentirsi figli della stessa patria.

(Articolo pubblicato oggi su L’Arena di Verona e Bresciaoggi, e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)

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