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Come sarà il nostro futuro, se sapremo cogliere le opportunità globali offerte dall’immateriale, minimizzare gli effetti negativi sul mondo “consolidato” e mitigare i traumi nella fase di transizione, dipenderà in grande misura dalle scelte che faremo come Paese e dalla direzione che contribuiremo a determinare in Europa.
La rivoluzione digitale attraversa freneticamente tutti i settori della società, non è un settore verticale come la sanità o l’agricoltura o il turismo per cui esistono dicasteri con competenze verticali. Dobbiamo perciò chiederci di quali istituzioni un Paese moderno dovrebbe dotarsi per vivere da protagonista la rivoluzione determinata dal digitale e non finire per essere solo una colonia consumatrice di tecnologie beni e servizi venduti da altri.

I miei amici della Singularity University, l’università californiana specializzata sugli andamenti esponenziali e impostata sulle teorie sulla singolarità di Kurzweil che ho descritto nel capitolo 1.10, preconizzano un futuro iper-tecnocratico in cui computer con una intelligenza artificiale trans-umana alimentati da big data ottenuti da capillari reti di sensori e di strumenti di acquisizione, prendono le decisioni migliori possibili in tempo reale.

A chi, come me, è affezionato alla idea di democrazia, questo pare un futuro distopico anche se riconosco che, dal punto di vista dell’efficienza decisionale, un sistema democratico con le sue mediazioni ed i suoi lunghi tempi decisionali (determinati da complessi processi di inclusione), si trova in una posizione di svantaggio rispetto a un sistema più dirigista nella competizione sul mercato.

Non è certo una novità ma la tecnologia certamente ne accentua l’evidenza quando consideriamo la distinzione fra la volontà e il desiderio momentaneo, cioè fra la superficie e la profondità della volontà umana. Il mercato (a eccezione dei casi relativi ai beni durevoli) tende a riflettere la superficie della volontà; la decisione politica dovrebbe invece indicare la volontà profonda che avviene dopo una adeguata deliberazione. Per questo accade che la decisione politica ponga dei limiti a iniziative che hanno un successo di mercato. La volontà profonda si radica nei sistemi valoriali della società e spesso si oppone ai desideri momentanei; per questo è più difficile da cogliere con strumenti tecnologici.

È possibile che si verifichi un percorso che tenda alla singolarità senza una manipolazione del mercato e della politica? Nel capitolo sul futuro delle auto illustro il mio punto di vista sul percorso di evoluzione che ritengo probabile nel quale si contempera l’evoluzione tecnologica in un contesto sociale e giuridico complesso grazie a dispositivi che arricchiscono le potenzialità di guida ma lasciano una centralità di determinazione al guidatore.
Analogamente posso immaginare che un sistema istituzionale incorpori significativi contributi tecnologici rimanendo democratico. Essi aiuterebbero a chiarire agli elettori le opzioni possibili, limitando gli spazi della demagogia, intervenendo a definire le relazioni possibili fra mezzi e fini ma lascerebbero liberi gli elettori di decidere sui fini.

Senza arrivare agli estremi tecnologici descritti e in una prospettiva di più breve termine, tuttavia, ritengo che sarebbe opportuno iniziare a occuparsi in modo strutturato del rapporto politico tra tecnologia, economia e società. Per questo, quando parlo con dei politici, insisto che non usino le parole “nuove tecnologie”: usando la parola “nuove”, si relega mentalmente il tema in una dimensione secondaria, qualcosa di cui non ci si deve occupare subito, qualcosa di cui qualcun altro si può occupare, qualcosa che riguarderà forse in futuro qualcuno di noi. Non qualcosa che ci riguarda tutti, subito e della quale dobbiamo occuparci.

Nel 2010 in Germania a una commissione di saggi fu posto esattamente questo quesito e questi suggerirono l’istituzione di una commissione parlamentare per internet e la società digitale (commissione che poi fu in effetti costituita).

In Italia la Presidente della Camera Laura Boldrini ha istituito una commissione di studio per i diritti ed i doveri relativi ad internet composta da rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari e affiancati da esperti non parlamentari.

La commissione ha elaborato una Dichiarazione dei diritti in internet, che potrebbe avere il ruolo di punto di riferimento durante il lavoro delle altre commissioni parlamentari che trattano temi verticali. Molti dei diritti fissati nella dichiarazione toccano punti trattati in questo libro, per cui lo ritengo un primo passo utile.

Una commissione parlamentare lavora grazie al contributo di un vasto numero di funzionari esperti della materia, in grado di assistere i parlamentari nella analisi e proposta di norme, valutare la compatibilità con la Costituzione, con altre leggi dell’ordinamento, con trattati internazionali, direttive comunitarie eccetera. Se un tema è residuale rispetto all’operato dei funzionari della commissione, se sono competenze che non gli vengono mai richieste, anche la loro competenza sul tema ne risentirà e con essa la qualità degli atti parlamentari che vengono prodotti.

Per questo motivo, dato che il digitale è la forza che sta cambiando dalle basi la società e l’economia, sarebbe opportuno che ci fossero parlamentari e funzionari esperti che si occupino precipuamente del tema.

In diversi Paesi è già così: un ministro per la cultura digitale o per l’economia digitale ha funzioni di supporto e coordinamento verso i ministeri “verticali” quando questi trattano questioni digitali. In alcuni casi sono ministri con portafoglio e amministrano quindi l’esecuzione di opere quali la realizzazione di infrastrutture digitali materiali o immateriali. In altri casi sono funzioni di puro coordinamento e senza portafoglio.

Avendo vissuto dall’interno la macchina legislativa e avendo collaborato con funzioni di governo, mi sono fatto l’idea che l’assetto auspicabile anche per il
nostro futuro sarebbe una commissione parlamentare specifica; con personale specializzato e uno specifico ministero di coordinamento.
Questo futuro potrebbe accadere oppure no. Io spero di si.

Costruire il domani
Casa editrice: Il Sole 24 Ore
Data pubblicazione: 8 aprile 2016

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