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La Leopolda di quest’anno ha un problema. Si svolge senza nemici. Non ha nemici contro i quali definirsi come fu contro lo sciopero generale anti Jobs Act, quando Renzi attaccò quelli che vogliono mettere i gettoni nel cellulare, come la Camusso, o prima la Bindi. Quando cambiò il programma rispondendo alla piazza con una sfilata di imprese creative. Nemmeno ci sono veri nemici che la avversano. L’ostilità dei nemici è ormai la serialità dei talk e dei troll grillini. Un gruppetto di contestatori “illuminati” da qualche fumogeno c’è sempre. Fuffa-AntiBoschi inclusa. Nulla di comparabile però con i lavoratori della Thyssen, che furono ricevuti, ascoltati e oggi compaiono regolarmente al capitolo “crisi risolte” (o forse arginate). Loro lo sanno. Insomma il governo è in una curva stabile in cui non c’e bisogno di contrastare, ma di risolvere. Un frame di governo che in parte giustifica l’andamento lento di questo giorno e mezzo. Vedremo il seguito.

Tutto comincia tra video memo e meme del passato la Leopolda, la prima notte è stata quella del “già fatto”. Resoconti.

Il lavoro secondo Teresa Bellanova. Una ex sindacalista, ex dalemiana, ed oggi sottosegretario al Lavoro che è diventata favorevole al Jobs Act e alla regolarizzazione delle braccianti. Era contro la candidatura europea della Picierno, ma oggi Pina parla dopo di lei d’Europa a nome del figlio.

La normativa sull’autismo come tante altre cose è diventata legge dopo esser stata discussa a un tavolo. Poi sentiamo Giuseppe Sala fare la stessa presentazione fatta alla Bocconi sulla “sua Expo”. Ancora timido per la battaglia di Milano. Ha chiuso la prima serata Giachetti, e con la proiezione del Campidoglio alle spalle ha fatto sperare (ancora presto per me) i tormentati democratici romani, o una parte di loro, che almeno un candidato sindaco venisse indicato.

In mezzo ai resoconti – dice il fiorentino – arrivano video di “spudorata propaganda”. Stavolta più dei video emozionali di allora “si porta” la tecnica dei Drawn Animation. E vengono esplicitamente lanciati come “propaganda”, cioè spazi pubblicitari, hanno la forma di tutorials che aspirano a spiegare le cose fatte e a diventare strumenti virali. Siamo nel mondo degli How To, una specie di didattica del cambiamento.

La cerimonia “nuova”, ma a pensarci anche questa intimamente “istituzionale”, è il “Question Time”.

Apre un Graziano Delrio pop-dem, camicia con maglietta della salute alla Landini, portata riformisticamente, spirito Green (“con la bici arrivo prima della mia scorta”) ed infrastrutture, con punte populiste: “Facciamo lotta alla corruzione (codice degli appalti) ci saranno solo imprese serie”. Pochi ricordano che Delrio s’affermò nell’Anci contro Michele Emiliano e “la ditta”, anche grazie al Renzi. Matteo disse all’allora responsabile degli Enti locali PD, Davide Zoggia: “All’Anci decidono i sindaci eletti non i presidenti di Provincia trombati”. Senza lotta non si sarebbe al governo, ma oggi presenta risultati, e cerca e trova anche una “sua” audience da fidelizzare.

Intermezzi con altri video: “Brunetta Rap”, la classifica dei peggiori titoli del 2015 e il must è “Grillo contro l’Expo: ma-chi-ci-va-a-Rho”.

Il ministro Poletti con la riforma del lavoro ha un profilo d’attacco e da finalmente un po’ di numeri, chiama a tornare ad “innamorarci delle imprese italiane” e sbotta sul reddito garantito: “I soldi regalati sono tossici” . Poi la Pinotti, “la ministra che mette in riga i generali” (sic), e Franceschini.

La più applaudita in piedi è Maria Elena Boschi: una volta per lei è una per le polemiche. “Le riforme fatte sono quelle discusse e nate dalla Leopolda”. “Sono rimasta a Roma per la legge di stabilità”. Nessuna concessione, almeno in sala, alle domande ossessive del circo mediatico. La scelta è per ora non farsi “dettare” l’agenda dalle polemiche. Chiusura rilassata e un suggerimento per la serata di rivolgersi a Bonifazi “il re delle feste di Firenze”. Non è detto che funzioni, ma nemmeno il contrario e non si sa se durerà per tutto il tempo.

Poi: c’è stato di tutto :giustizia civile e consensuale che non “rende giustizia”, esempi, armatori, imprenditori, insegnanti, amministratori, imprese, tantissima cultura , l’annuncio un po’ criptico di Giuliano da Empoli di “un Think Tank rivolto alla crescita di una classe dirigente’ e tanto tanto territorio. Persino il creativo Giorgio Gori è tornato da sindaco coi suoi risultati. Fatti, e numeri contro chiacchiere e distintivi. Da Savona una ragazza di 17 anni ha rivendicato la riforma della politica contro la banalità su una “generazione che non combinerà mai niente”. Paola Concia, da anni dalla prima Leopolda, non ha parlato di diritti, ma di lavoro e imprese e della sua esperienza in Germania, “dove le nostre riforme piacciono”. Oggi persino lei parla di imprese. Un po’ démodé è apparso invece l’intervento dell’onnipresente Franco Bassanini.

Dopo quello tratto dal film Timbuktu, con i ragazzini che giocano in polemica con l’ISIS senza pallone, il più bello è stato quello dell’Imam radicale che lancia una fatwa contro la musica, “Iddio li trasformerà in scimmie e maiali”. Gli risponde il coro del Teatro della Pergola con “Azzurro” in mezzo al pubblico. Finalmente allegria, che un tempo era la nota principale della Leopolda. Certamente cresciuta in responsabilità, a tratti un po’ seriosa, più che invecchiata. Ma è questione di punti di vista.

Massimo Micucci

Benvenuti alla Leopolda (un po' seriosa)

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