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L’etica nell’utilizzo delle forze aeree è l’ennesimo riferimento di civiltà che si sta sgretolando in questi scellerati giorni.

Tutto è cominciato con la perdurante inosservanza della legge del mare, quella che fa obbligo a chiunque di soccorrere chi è in pericolo di vita in navigazione; decine di migliaia di morti in pochi anni nell’indifferenza generale, quando non nell’ostilità di chi doveva soccorrere i naviganti in pericolo.

Poi il dilagare dell’inosservanza del diritto di asilo per chi fugge da guerre e persecuzioni: non li si accoglie più, si alzano muri e recinzioni di filo spinato per fermarli.

Poi il trattato di Schengen ed altri principi fondanti dell’Unione europea: non sono ancora crollati, ma sembrano a forte rischio.

Ed ora i militari: i criteri sempre posti a base, negli ultimi decenni, della pianificazione delle operazioni aeree, tra cui quello della salvaguardia della vita umana dei non combattenti, sono stati scalzati da un uso bieco e spregiudicato della componente aerea.

Già agli inizi dello scorso ottobre fu evidente il nefasto cambio di registro: le redazioni televisive furono alimentate con immagini di fonte russa – neppure il pudore dell’occultamento della prova, anzi – che mostravano l’inequivocabile utilizzo delle bombe a grappolo e lo sganciamento di salve di bombe la cui ogiva era sprovvista del kit di precisione, ossia dell’apparato che le rende “intelligenti”.

Personalmente lo denunciai lo stesso giorno, mi aspettavo lo scandalo. Non ci fu nessuna reazione. La cosa poi era ancora più bieca, in quanto i russi possiedono la capacità di bombardamento preciso ed il sospetto che esso non venisse utilizzato per contenere i costi dell’impegno bellico rendeva la cosa ancora più ripugnante. In questi giorni nuove notizie di bombardamenti russi a ospedali e scuole nel tentativo di sostenere Bashar al-Assad.

A dire il vero anche gli Usa hanno negli ultimi tempi mostrato di avere il grilletto facile, vedasi il bombardamento dell’ospedale di Medici senza Frontiere a Kunduz con la cannoniera volante lo scorso ottobre nella convinzione che fosse occupato da miliziani talebani.

Cosa succederebbe poi se entrassero in gioco nuove aviazioni, quali quella turca, saudita, emiratina o altre? Verosimilmente un’accelerazione della deriva e non un’inversione di tendenza.

Fermiamoci per favore, riportiamo indietro gli orologi, non tanto, bastano cinque anni, basta tornare all’ultimo utilizzo della componente aerea su vasta scala a guida Nato, quella della campagna libica.

Solo la Nato oggi infatti, pur nella necessità di aggiornare la sua dottrina, fornisce garanzie di ancoraggio a principi etici rispettosi della vita umana.

Che la Nato quindi si mobiliti, evidenzi con prove e denunci quanto sta accadendo in Siria anziché concentrarsi su inverosimili ed ammuffiti scenari da guerra fredda centrati sul Nord Europa, che abbandoni i suoi tic Usa, facendo leva sui timori residui quanto irrazionali dei Paesi membri del nord nei confronti dell’orso russo.

L’attivazione del tavolo Nato-Russia (NRC) istituito a Pratica di Mare nel 2002 proprio intorno all’intento comune di combattere il terrorismo sembrava e rimane un possibile bandolo della matassa per mettere ordine in una situazione sempre più ingestibile, che dunque i due principali attori facciano uno sforzo e si risiedano al tavolo del negoziato, riportando, come beneficio collaterale, l’utilizzo della componente aerea nell’ambito di una dimensione umanamente accettabile, pur se in assoluto sempre esecrabile.

Alleanza

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