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Sono sempre meno gli scontri diplomatici tra Cina e Stati Uniti. Ora tra i due Paesi è tempo di concorrenza sul piano economico. Pechino è impegnata massicciamente in investimenti all’estero e non si fa scrupoli a farlo anche in territorio americano. Come raccontato da Formiche.net, la Repubblica popolare lavora alla più grande acquisizione della storia di un’impresa americana da parte di una compagnia cinese: la Tsinghua Unigroup, braccio finanziario dell’Università di Tsinghua – e dunque del governo cinese – sembra avere offerto 23 miliardi di dollari per l’acquisto dell’azienda di chip Micron Technology.

LA CONQUISTA DI INVESTITORI STRANIERI

Secondo il Financial Times, recentemente la produzione con mano d’opera a basso costo in Cina è diminuita, mentre invece sono aumentati gli investimenti diretti esteri. A giugno del 2015, i capitali stranieri sono aumentati dello 0,7%. Secondo il ministero del Commercio cinese, l’operazione di attrazione degli investitori ha prodotto circa 89.570 milioni di yuan (14,5 miliardi di dollari). La crescita di nuove imprese straniere nel Paese è stata del 7,8% fino a maggio, per un totale di circa 2.320 nuove iniziative. Il rapporto del ministero cinese ha sottolineato l’aumento degli investimenti provenienti dall’Unione Europea, circa il 13,7%. Il più alto di tutti quello della Francia, con una crescita del 46,9%. Hanno smesso di credere nella Cina, invece, il Giappone, con una riduzione del 16,3% e gli Stati Uniti con un -37,6%. Tra le imprese solide nel mercato cinese ci sono la tedesca Daimler, la sudcoreana Samsung e la giapponese Sumitomo Electric.

LIQUIDITÀ CINESE

Negli ultimi 10 anni il mercato americano è stato il maggior attrattore di investimenti cinesi. Ma a metà del 2014, negli Stati Uniti la Cina è stata superata dal Regno Unito. Pechino ha molta liquidità da investire e lo fa ovunque: circa quattro miliardi di dollari in riserve internazionali depositate in fondi di investimenti sovrani. Il Pil cresce del 7% e gli investimenti delle imprese cinesi fuori dalla Cina sono arrivati a circa 735,3 miliardi di dollari. Ma la crescita nel 2014 è diminuita. Un momento che gli analisti sostengono sarà passeggero, perché la Cina conta su un’importante crescita demografica e una classe media emergente.

SHOPPING IN AMERICA LATINA

Oltre all’Africa, dove la Cina è più presente che mai, il bisogno di risorse naturali per garantire lo sviluppo ha spinto Pechino a puntare sul vasto territorio latinoamericano. Qui, il governo cinese ha scambiato finanziamenti immediati con l’utilizzo di materie prime. Con il Venezuela, ad esempio, la China National Petroleum Corporation ha chiuso un accordo di 28 miliardi di dollari per un nuovo progetto nel giacimento petrolifero dell’Orinoco. Anche nei settori dell’edilizia e dell’agroindustria, la Cina ha prestato di 55 miliardi al governo di Nicolás Maduro.

MINIERE (CINESI) IN PERÙ 

Anche in Argentina, la China National Offshore Oil Corporation è diventata la seconda società petrolifera più potente, dopo la nazionalizzazione di YPF. Nel Brasile di Dilma Rouseff, la cinese Sinopec ha acquistato il 40% della spagnola Repsol in territorio brasiliano per 7,1 miliardi di dollari. Petrobras ha ricevuto un prestito di 10 miliardi di dollari dalla Cina. In Perù, il governo cinese ha comprato dal consorzio MMG LTD delle miniere di rame a Las Bambas con un investimento di 19 miliardi di dollari.

IMPEGNO IN R&S

“La Cina sta emergendo come un Paese che fa anche ricerca e sviluppo, grazie alla spinta del governo per promuovere l’innovazione e la concorrenza con gli occidentali”, si legge sul Financial Times. Una ricerca di mercato pubblicata dal quotidiano britannico sostiene che “la Cina ha raggiunto gli Usa nella capacità di attirare investimenti esteri in ricerca e sviluppo. Tra gennaio del 2010 e dicembre del 2014, la Cina ha attratto 88 società straniere, contro 91 negli Stati Uniti. Questi progetti hanno coinvolto circa 5,5 miliardi di investimenti, più del doppio dell’importo per gli Stati Uniti. Questo posiziona la Cina come prima al mondo in progetti di ricerca e sviluppo dal 2010 e la seconda per numero di progetti in totale”.

PICCOLI NUMERI

In un post pubblicato su Facebook, Alberto Forchielli, Managing Partner di Mandarin Capital, sostiene che la Cina supera gli USA negli investimenti in ricerca e sviluppo, ma non sono da sottovalutare alcuni passaggi importanti: “Che la Cina stia spingendo per R&S è fuori di dubbio, che questi dati abbiano un senso è tutto da dimostrare. Primo, Fdi markets intercetta una parte, piccola degli Fdi. Qua parliamo di piccoli numeri su un piccolo campione. Ci starei attento”, scrive Forchielli, citando le parole di un esponente di Osservatorio Asia.

RICERCA DI QUALITÀ 

“Altra cosa, – continua Forchielli  mai come in R&S la qualità conta. Che tipo di R&S si fa in Cina? Mi ricordo che in passato molte imprese facevano R&S, ma che era più che altro miglioramento di robe che già c’erano o attività che comunque necessitavano di tanta manodopera. Oggi non è più solo così, ma è anche ancora così. Non dimentichiamoci che oggi se vuoi un supporto dal governo cinese per investire nel Paese devi dire che fai high tech o R&S. Quanto poi sia vera ricerca o altro, nessuno lo sa. Altro dato sbandierato è quello dei brevetti dove la Cina in qualità è di gran lunga la prima al mondo, ma la qualità è pessima. Insomma, bravi, bravissimi, ma su R&S ne hanno da mangiare ancora di panini…”.

Cina-Usa, ecco come la sfida si nutre anche di investimenti in ricerca e sviluppo

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