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Come di consueto, maggio è il mese della Assemblea Generale della Conferenza episcopale italiana. Quest’anno l’appuntamento era particolarmente atteso, non solo perché come di consueto aperto dal Papa, ma anche perché è l’ultimo appuntamento collegiale dei vescovi presieduti dal cardinale Angelo Bagnasco prima del Convegno ecclesiale di Firenze, in programma per il prossimo novembre. Appuntamento di assoluto rilievo, perché il Convegno – che si celebra ogni dieci anni – avrà il compito di delineare la strategia della chiesa italiana da qui al 2025. O, quantomeno, di indicare buoni propositi. Il tema è di quelli che a prima vista richiedono grande concentrazione: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Lo stesso Bagnasco ha osservato che “potrebbe suonare un po’ accademico e lontano dal vissuto della gente”, ma “in realtà è quanto mai concreto e vicino, anzi, urgente”.

I PRESIDENTI DELLE COMMISSIONI

Nel primo giorno di lavori, l‘Assemblea ha proceduto alla nomina dei presidenti delle dodici commissioni episcopali, che rimarranno in carica per il prossimo quinquennio. I presidenti, poi, fanno parte del consiglio permanente. Due posti sono andati alla Lombardia: il vescovo di Brescia, Luciano Monari, sarà responsabile per la dottrina della fede, l’annuncio e la catechesi; Francesco Beschi, vescovo di Bergamo, presiederà la commissione per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le chiese. Tre presidenze alla Puglia: a Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta ed ex ausiliare a Firenze, toccherà la liturgia; a Vito Angiuli (vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca) il laicato. Filippo Santoro, diplomatico e arcivescovo di Taranto, sarà il numero uno della commissione per i problemi sociali, il lavoro, giustizia e pace. Dalla Sicilia, il vescovo di Acireale Antonino Raspanti si occuperà di cultura e comunicazioni sociali; il capo della diocesi di Trapani, Pietro Maria Fragnelli, guiderà l’organismo per la famiglia e la vita. Le migrazioni all’ausiliare di Roma, Guerino di Tora.  Clero e vita consacrata al vescovo di Foligno, Gualtiero Sigismondi.

MONTENEGRO NUMERO UNO DELLA CARITAS

Il neo cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e in prima linea nell’accoglienza dei migranti provenienti dall’Africa (Lampedusa è inquadrata nella diocesi girgentina), è il nuovo numero uno della Caritas italiana. Bruno Forte, vescovo di Chieti-Vasto e relatore generale al Sinodo sulla famiglia – confermato anche per la sessione ordinaria del prossimo ottobre – guiderà la commissione per l’ecumenismo e il dialogo. L’ex segretario generale della Cei, Mariano Crociata, vescovo di Latina, è stato eletto presidente dell’organismo per l’educazione cattolica, la scuola e l’università.

MONS. BRAMBILLA ELETTO VICEPRESIDENTE

La prima elezione, però, è stata quella del vicepresidente per l’area settentrionale. A “vincere” il ballottaggio è stato mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara. A perdere è stato mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini dal 2007 e già assistente ecclesiastico generale dell’Azione cattolica dal 2001, per decisione di Papa Giovanni Paolo II.

I QUATTRO DELEGATI DELLA CEI AL SINODO

Ma l’attenzione (anche mediatica) era tutta per i quattro nomi che la Cei avrebbe eletto come propri delegati al Sinodo di ottobre. Un appuntamento assai delicato, visti anche gli scontri che si sono avuti nell’Aula Nuova lo scorso autunno. Il primo eletto, come da prassi – le eccezioni sono davvero rare – è stato il presidente Angelo Bagnasco, che ha vinto al ballottaggio contro il cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano. Scola si è rifatto subito dopo, venendo eletto come secondo. Il terzo è stato Franco Giulio Brambilla, che solo il giorno prima era divenuto vicepresidente. Presule d’estrazione martiniana, nel 1989 firmò un documento (la “Lettera dei 63”)  in cui si criticavano quelle frange della gerarchia cattolica ostili all’aggiornamento e desiderose di annacquare le aperture del Vaticano II. Biografo di Edward Schillebeeckx, il teologo olandese che proprio Brambilla, in un articolo apparso sull’Osservatore Romano nel 2009, aveva definito “Il testimone privilegiato del travaglio con cui la chiesa cattolica voleva recuperare la distanza accumulata rispetto al mondo moderno”.

LE PROSSIME (ATTESE) NOMINE

L’ultimo eletto è mons. Enrico Solmi, vescovo di Parma e presidente uscente della commissione episcopale per la famiglia. Di impronta conservatrice, è uno dei favoriti per sostituire il cardinale Carlo Caffarra alla guida della diocesi di Bologna. Caffarra, 77 anni, terminerà la proroga biennale concessagli dal Papa il prossimo 1° giugno, anche se non è automatico il cambio in curia già quel giorno. Bologna è una delle due cattedre tradizionalmente cardinalizie (ma Francesco ha già dimostrato di guardare più al pastore che alla diocesi) insieme a Palermo dove entro breve è atteso l’arrivo di un nuovo vescovo. Nulla trapela dal Vaticano sui successori, anche se i nomi circolano da tempo. Quanto a Bologna, i tre nomi proposti dalla conferenza regionale sono quelli di Solmi, Francesco Cavina e Paolo Martinelli. Il Papa può pescare altrove, come già fatto in passato anche dai suoi predecessori.

LA RIFORMA DELLE DIOCESI

Un altro dei punti oggetto di discussione è quello relativo alla riforma delle diocesi, che tradotto significa una loro drastica riduzione. Il cardinale Bagnasco, ricordando che due anni fa era stato il Papa in persona a chiedere di andare avanti sul tema, ha precisato che Francesco si è accorto col tempo che la situazione è resa complessa dalla peculiarità storica dell’Italia. A ogni modo, i criteri per la ridefinizione dei confini delle diocesi erano già stati presentati alla Congregazione per i vescovi qualche anno fa, ma da quel momento nulla si è più saputo. Ora, forse, l’accelerata: “Abbiamo pensato di chiedere alle regioni ecclesiastiche di avviare una riflessione serena, a seconda delle necessità, e di fare ipotesi a partire da situazioni concrete”, ha chiarito Bagnasco nella conferenza stampa a conclusione dell’Assemblea generale.

Cosa farà la Cei su Sinodo, diocesi e nomine

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