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Giovedì 23 luglio 2015, finalmente, la CONSULTA ha depositato le attesissime motivazioni della sentenza 178/2015 (decisione del 24/6; deposito 23/07, Presidente Criscuolo) sul blocco ripetuto (dal 2015 ad oggi) dei CONTRATTI PUBBLICI (CCNL). Si tratta di una sentenza significativa perché:

a) Se è vero che salva il governo Renzi dall’obbligo di restituire ai dipendenti pubblici gli importi economici persi per effetto del prolungato blocco contrattuale (triennio 2010-2012 e triennio 2013-2015);

b) Obbliga il governo ad aprire la trattativa contrattuale pubblica, con effetto economico a far data dalla sentenza stessa. Ovvero dal 23 luglio 2015 in poi;

c) Viene bocciata la distorcente tendenza politica a minimizzare il ruolo delle confederazioni e delle OOSS in merito alla tutela dei diritti contrattuali.

La Consulta, in sintesi, ha giustificato le disposizioni di legge che hanno portato al primo blocco triennale dei CCNL (2010-2012), con lo scopo di risanare la finanza pubblica e di rispettare l’art. 81, c.1, della Costituzione. Pero’ ha stabilito che il rinnovo del blocco per un altro triennio (2013-2015) e la norma che blocca l’erogazione della indennità di vacanza contrattuale fino al 2018 sono da considerarsi incostituzionali. La Consulta afferma che:

“Se i periodi di sospensione delle procedure negoziali e contrattuali non possono essere ancorate al termine rigido di un anno, individuato da questa Corte in relazione a misure diverse e a un diverso contesto ..(sentenza 245/1997 ed ordinanza 299/1999) è parimenti innegabile che tali periodi debbano essere comunque definiti e non possano essere protratti ad libitum”.

d) Per i giudici dell’Alta Corte il blocco sistematico della contrattazione – deciso unilateralmente dal datore di lavoro pubblico – ha violato la libertà dell’azione sindacale (art.39, c.1 della Costituzione), connessa ad altri valori costituzionali. Detta libertà era già stata ridotta per effetto di altre norme precedenti (d.lgs. 165/2001, art. 47 e 48) e dalla introduzione nella Costituzione dell’art.81, relativo all’obbligo del pareggio finanziario. Un monito chiaro al governo Renzi che, da circa 18 mesi, ha ostacolato/minimizzato/irriso l’azione delle confederazioni sindacali (autonome e non), evitando un confronto serio e costruttivo sui molteplici temi del lavoro, soprattutto quello della Pubblica Amministrazione.

Insomma, il sacrificio contrattuale poteva essere giustificato solo per un limitato numero di anni. Invece, l’entrata in vigore della legge di stabilità per il 2015 (legge 190/2014, fatta dal governo R.) rende “strutturali i blocchi contrattuali” introdotti con i precedenti provvedimenti legislativi (es. DPR 122/2013; legge 147/2013) perché- ad esempio- “cristallizza fino al 2018 l’ammontare dell’indennita’ di vacanza contrattuale ai valori del 31/12/2013” ed “oscura il criterio di proporzionalità della retribuzione, riferito alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto”.

Di conseguenza, solo nel 2015 si è “palesata appieno la natura strutturale della sospensione della contrattazione e puo’, pertanto, considerarsi verificata la sopravvenuta illegittimità contrattuale , che spiega i suoi effetti a seguito della pubblicazione di questa sentenza”.

CONSEGUENZE della SENTENZA 178/2015

Il governo Renzi dovrà riaprire le trattative dei CCNL ed in modo reale e non fittizio, finanziando in modo adeguato non solo i restanti mesi del 2015 ma un intero triennio contrattuale (es. 23/07/15-23/07/18). Qualunque ritardo nella stipula dei nuovi contratti darà luogo al pagamento di arretrati. Quindi, pieno diritto ai CCNL, piena rivalutazione del ruolo delle Confederazioni e delle OOSS rappresentative. Il pallino torna ora, a Renzi, per avviare e finanziare l’intero e consueto iter contrattuale.

La sentenza, quindi, ci soddisfa: chi lavora nella P.A. sa, ora, di aver contribuito a sistemare i conti pubblici e che questo “sacrificio contrattuale pregresso” portera’ ora a nuovi contratti pubblici, auspicabilmente significativi.

Non possiamo però essere soddisfatti di una cosa: la Consulta ha dichiarato inammissibili gli interventi di GILDA-UNAMS e CONFEDIR nel giudizio in oggetto (Registro ordinanze n°76/2014) perché “non rivestono la posizione di terzo, legittimato a partecipare al giudizio di questa Corte infatti sarebbero soltanto investite dagli effetti riflessi della pronuncia di questa Corte, al pari di altri soggetti sindacali in posizione analoga”.

Si tratta di una motivazione che non possiamo condividere: è vero che il ricorso iniziale era stato presentato dalle “organizzazioni FLP e FIALP” a tutela del personale dei ministeri, della PdCM e degli EPNE ma è del tutto evidente che la P.A. è molto più estesa delle 3 aree citate, visto che – fino ad oggi – le aree/comparti della P.A. sono 8, cui si aggiungono le categorie speciali!

Quindi, le regole contrattuali violate valgono per tutta la P.A. e non solo per parte della stessa! Per tutte le OOSS e Confederazioni rappresentative e non solo per alcune, o no?

Per evitare problemi interpretativi,comunque, dal 2014 in poi, la CONFEDIR – Confederazione rappresentativa della dirigenza pubblica – ha deciso di fare come sempre fatto in passato, ossia di attivare autonomamente qualunque contenzioso legale, contrattuale ed extracontrattuale, per non vedersi negato il diritto di tutelare i propri aderenti, in modo pieno e completo.

Proprio per questo, la CONFEDIR ha attivato ed attiverà autonome iniziative presso la Consulta e presso il CEDU di Strasburgo, a tutela – ad esempio – dei DIRIGENTI PUBBLICI PENSIONATI e dei DIRIGENTI PUBBLICI IN ATTIVITA’.

Ad maiora!

Cosa faranno i dirigenti statali dopo la sentenza della Consulta sul blocco dei contratti

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