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La Germania è vittima della malìa di Mefistofele: ebbra di potere, avida di ricchezza, senz’anima, come Faust pronta a qualsiasi sotterfugio per difendere i propri interessi e schiantare chiunque vi si frapponga.

Questa è l’immagine deteriore di sé che la Germania sta proiettando pericolosamente sull’Europa, l’ombra che compromette il disegno di pace e di cooperazione tra i popoli che aveva tenuto a battesimo la Ceca, l’Euratom e la CEE sin dal Trattato di Roma. I suoi prolungati avanzi correnti sull’estero creano una accumulazione di risorse, che determinano altrettanti disavanzi: i crediti crescenti si specchiano in altrettanti debiti che pagano interessi, determinando una dinamica unarrestabile, diabolica. Neppure una crisi del debitore riesce a bloccarla.

La vicenda greca è paradigmatica di una politica di risanamento finanziario che non segue nessuna teoria economica: anzi, si basa sulla falsificazione plateale e paradossale delle stesse impostazioni della scuola austriaca cui dovrebbe ispirarsi. E’ la teoria di von Mises, poi ripresa da Rothbard, secondo cui la crisi finanziaria, che è sempre frutto di una espansione drogata da un eccesso di credito manipolata dalla banca centrale, non va assolutamente curata, ma lasciata al suo naturale decorso. Occorre procedere al riequilibrio tra investimenti e consumi, che si ottiene attraverso la deflazione immediata dei prezzi, dei salari e dei valori aggregati dei beni capitali, azioni e valori immobiliari, e soprattutto attraverso il fallimento dei creditori. I sostegni alla domanda aggregata da parte dello Stato e quelli al credito da parte della Banca centrale non farebbero altro che prolungare inutilmente le sofferenze sociali.

In Grecia tutto è crollato, come conseguenza delle politiche di risanamento imposte dalla Troika: dal Pil all’occupazione, dal valore degli immobili a quello degli investimenti azionari. Tutto, tranne il debito pubblico, arrivato anzi a livelli stratosferici. Invece, era il primo asset finanziario che doveva essere abbattuto, penalizzando i creditori azzardati: ed invece no, visto che si trattava delle banche francesi e tedesche. Il primo piano di aiuti alla Grecia, varato dalla Ue e dal Fmi nel maggio del 2010, avrebbe dovuto prevedere una ristrutturazione del debito pubblico, ma le perdite delle banche francesi e tedesche sarebbero ricadute sui rispettivi governi. Il debito pubblico greco fu giudicato insostenibile solo un anno dopo, quando si intervenne con un nuovo piano di aiuti: ma nel frattempo le banche francesi e tedesche avevano smobilizzato i loro crediti mentre le istituzioni finanziarie greche, banche, assicurazioni e fondi previdenziali, ne avevano fatto il pieno. Dalla ristrutturazione del debito pubblico greco furono naturalmente esentate anche le istituzioni pubbliche, Il Fmi, la Bce e gli Stati che avevano erogato prestti su base bilaterale: così, mentre i creditori esteri si erano volatilizzati, per quelli greci fu un massacro.

In questi giorni, in tanti si sono accorti che il debito pubblico greco è insostenibile, che è “carta, solo carta”, mentre nei mesi della trattative tra il Bruxelles Group ed il governo greco avevano tutti continuato a far finta di nulla. La pretesa di un avanzo primario al 4,5% del Pil, prevista dal secondo piano di aiuti, era evidentemente insostenibile, ma serviva ad assicurare ai creditori il rimborso a qualunque costo.

Invece di dichiarare subito insussistenti i crediti delle banche francesi e tedesche, le istituzioni europee, i singoli Stati con prestiti bilateriali, il Fmi e la Bce sono intervenute per salvarle: si sono sostituite a queste, trasformandosi in esattori dei crediti privati. Ora, per assicurarsi la restituzione del debito hanno imposto misure draconiane, cui i Greci si sono ribellati.

Se financo gli dei greci erano sottoposti al Fato, partecipi dei vizi e delle debolezze umane, figurarsi ora se possono essere considerate intangibili la moneta ed il mercato. Quella di Faust è solo una maschera, quella della Germania, dietro cui si celano i veri protagonisti della tragedia greca.

Perché la Grecia si è ribellata alla Troika. L'analisi di Salerno Aletta

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