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Fuso per il fuso, ero che mi aggiravo per il Wilshire Buolevard, proprio davanti al Wilshire Hotel. Macchinuna a leva pilu. Una McLaren gialla da cui scende un ‘miricano di origine araba tutto speziato di anelli e brillanti. Con quattro ciuffi di peli che gli uscivano dal petto villosissimo. Di fianco, una Ferrari con uno dentro che non si vedeva tanto era coricato per guidarla, che doveva avere il piede incantato sull’acceleratore perché continuava a fare “uo” “uo” “uo”.
Dentro all’albergo, nella hall che porta in una delle tante sale dove si beve e mangia in un clima soffuso e magico che t’imbriaca, mi sorpassa un’altra monoposto, perché una fimmina così t’obbliga alla monogamia immediata, che di solo profumo pareva uscita dal libro dei sogni. Leggera che non pareva di carne ma fatta di polvere magica. Quella delle stelle.
Altro che Los Angeles, sono sulla Luna. Anzi sono morto completo. Al che, scalo marcia e cerco di avvicinare la monoposto di cui sopra per almeno un controllo di documenti e libretto in forza di tutta la letteratura filmica di Pocharello di cui mi ero addubbato in gioventù. E siccome al Wilshire Hotel siamo di anniversario, perché il film “Pretty Woman” fa venticinque anni giusto quest’anno, sento mentre l’avvicino tutte le valvole sniffare olio e minio e le campane delle Matrice scombinarmi chioma e utricolo.
Insomma, mentre le cammino di fianco, prima che il suo zigzagare tra le vetrine che di Rodeo Drive dentro all’hotel fanno d’assaggio e di scorno, temendo che prima o poi la sua camminata portasse a qualche improbabile toro seduto, o peggio ca peggio giusto all’arabo della Mc Laren mpomatato da Editorialista del Corriere, faccio un paio di sorrisi da avannotto consumato e le dico: – You are kissed by the beauty of the Nature. Your beauty is so light, so polite, so beauty that it seems coming from directly from the stars. I apologize for myself, but let me kiss your hand and to know as it is done the ashe of the stairs -. Non facevo a tempo a finire questo pezzo di teatro che dal bancone della hall, il Direttore dell’Hotel si tramutava in Thompson, sempre Direttore ma quello del film, che con il dito indice puntato verso di ma – come Fra’ Cristoforo a Don Rodrigo – mi fa: – Quello che succede in altri alberghi, non succede al Beverly Wilshire Hotel -. E lo dice con quella cadenza che a me pareva il giorno della Civetta – La verità è in fondo al pozzo – . E io sempre più mbriaco, mi aggancio alla citazione e rispondo a lui per parlare a lei :- Lei guarda in un pozzo e vede il sole o la luna; ma se si butta giù non c’è più né sole né luna, c’è la bellezza! -.
A quel punto si leva un battimano generale da tutta la hall, anche dai piani superiori. E petali rosa, di un rosa che più rosa di così non s’era mai visto, iniziano a cadere e a spargersi dentro alla hall. E Thompson – il Direttore quello del film – a quel punto viene e mi ringrazia per aver onorato con tanto di colpo di teatro l’anniversario filmico che fece ancora più chiccoso e famoso il suo spacchiosissimo hotel.
Svegliatomi tutto sbollentato come un cavolfiore, mi ritrovo appunto davanti al tavolo come nella foto. E di fronte alla locandina: -“Pretty Woman for a day” mi sono interrogato se for the night rimaneva la Pretty o la Woman.

Pretty Woman fa 25 anni

Fuso per il fuso, ero che mi aggiravo per il Wilshire Buolevard, proprio davanti al Wilshire Hotel. Macchinuna a leva pilu. Una McLaren gialla da cui scende un ‘miricano di origine araba tutto speziato di anelli e brillanti. Con quattro ciuffi di peli che gli uscivano dal petto villosissimo. Di fianco, una Ferrari con uno dentro che non si vedeva…

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