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Matteo Renzi è alla guida del partito democratico da un anno. Sembra passato un tempo molto maggiore ma era solo l’8 dicembre 2013. L’ex sindaco di Firenze ha rapidamente scalato i vertici della politica italiana. Forse non è riuscito nella tanta decantata (e altrettanto velleitaria) rottamazione ma è riuscito ad ottenere molto più: un profondo cambio di paradigma. Ha collocato il Pd nel Pse e lo ha portato a contare nel parlamento europeo con oltre il 40% dei voti. Ha portato Silvio Berlusconi nella sede del Nazareno e lo ha di fatto neutralizzato. E’ riuscito a far calare la stella di Grillo e a far brillare quella di un suo coetaneo ed omonimo, quel Matteo Salvini che sembra impersonificare la sua unica alternativa credibile (si fa per dire).

Sul piano internazionale, dopo aver sbandato per eccesso di entusiasmo, si è costruito un profilo più autorevole puntando soprattutto sul Mediterraneo dove ha rafforzato il legame con Israele ed Egitto e individuando la priorità strategica del Paese nella Libia martoriata da una strisciante guerra civile.

Ovviamente, il governo non è una passeggiata comoda e a Renzi le difficoltà non fanno difetto. La minaccia più grave è senza dubbio la condizione economica degli italiani che, come ben descritto nell’ultima indagine del Censis, arrancano sempre più rassegnati. La sonora bocciatura di S&P benché passata dai media come un lampo in una giornata di sole (lo scandalo romano sta distraendo non poco…) rappresenta un segnale assai poco incoraggiante cui l’intervista della Merkel, nella quale critica la scarsa incisività dell’azione riformista del governo, è solo una ciligina sulla torta. Lo stesso sfaldamento dei partiti dell’opposizione se pure è un assist insperato per chi, da Palazzo Chigi, dà le carte, alla lunga rischia di trasformare il Parlamento in una palude ancor più di quanto non lo sia già ora.

Un momento cruciale per la vita della legislatura e per la leadership di Renzi sarà in occasione della elezione del Capo dello Stato. Quella sul Quirinale è senza dubbio la partita più grande che il segretario del Pd dovrà affrontare nelle prossime settimane. Molte turbolenze – interne ed internazionali, politiche, giudiziarie e finanziarie – andranno concentrandosi in vista della scelta del successore di Napolitano.

Il presidente del Consiglio avrà sicuramente qualche idea ma la tiene ben coperta, consapevole com’è che i giochi veri si fanno solo all’ultimo minuto. E qui i giochi saranno duri. Ragione in più per gestire la pratica con sangue freddo e molta prudenza.

E’ troppo presto per dire se questo compleanno di Renzi è solo il primo di una lunga e fortunata serie oppure se è solo l’inizio della fine. Il tratto della leadership al segretario del Pd non manca e non manca neppure di essere esercitata. Se è vero che a tanti il premier ricorda Craxi, va anche ricordato che a differenza dell’allora segretario del Psi, l’ex sindaco di Firenze guida il partito di maggioranza relativo pur non avendo accanto a se quella classe dirigente che Bettino riuscì invece a consolidare attorno a lui.

Il tempo ci dimostrerà se e quanto il giovane Renzi riuscirà a restare sulla sella di questo toro impazzito che chiamiamo Italia. Per ora ricordiamo che l’8 dicembre del 2013 è montato alla guida del partito democratico e da allora cavalca abbastanza allegramente non mancando di dare qualche calcetto a chi si avvicina troppo per insediarlo. Comunque la si pensi, il segretario-premier ha fatto in un anno molto più di quanto si potesse immaginare. Auguri, a lui e a noi…

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