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Popolari, moderati e seri. Nel nome di Silvio Berlusconi. Il segretario di Forza Italia, Antonio Tajani e il leader di Noi Moderati, Maurizio Lupi, si presentano sorridenti scoprendo il simbolo con il quale si presenteranno – assieme – alle elezioni europee. I tre aggettivi sono proprio quelli utilizzati da Lupi nella sua intervista al Corriere, questa mattina. L’aggregazione del centro del centrodestra ha, chiaramente, un obiettivo politico: un risultato “a doppia cifra” alle prossime elezioni.  Traguardo “ambizioso, ma ragionevolmente alla portata”, dice a Formiche.net Damiano Palano, politologo e direttore del dipartimento di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

Anche in vista delle europee, la tendenza di molti partiti è spostarsi al centro. C’è spazio per tutti?

C’è spazio per tutti nella misura in cui si resta, comunque, incardinati all’interno di uno schieramento di destra o di sinistra. E l’accordo tra Noi Moderati e Forza Italia si muove esattamente in questo solco. Gli azzurri hanno dimostrato, dopo la morte del fondatore Silvio Berlusconi, di avere un’autonomia. Noi Moderati è comunque uno schieramento che nasce in seno al centrodestra.

Ce la faranno a conquistare il 10%?

Come ho detto mi pare un obiettivo, al momento, ambizioso ma non fuori portata. Certo, l’elettorato centrista è sempre stato un bacino a cui molti hanno tentato di attingere negli ultimi dieci anni senza però fino in fondo costruire una vera alternativa al bipolarismo. Però, forse, questo esperimento – che comunque rappresenta una costola di una parte politica – può funzionare.

Il sodalizio ha i margini per reggere anche oltre le europee?

Dipenderà molto da ciò che farà Fratelli d’Italia e da che tipo di identità vorrà darsi dopo il voto. Sicuramente Forza Italia e Noi Moderati hanno tutti i presupposti per consolidarsi e l’elettorato tutto sommato è abbastanza omogeneo. Il rilancio di una formazione centrista nell’ambito del centrodestra può funzionare nella misura in cui FdI non riuscirà a essere attrattivo per i centristi. Fermo rimanendo che le difficoltà di Giorgia Meloni a costruire un suo partito a sua immagine e somiglianza – lei all’inizio piacque anche ai moderati – sono sempre più evidenti.

A proposito di centrismo, anche Matteo Renzi ed Emma Bonino con gli Stati Uniti d’Europa puntano al centro. Come la vede?

Ci sono due ostacoli. Il primo è legato alla figura di Renzi, che è attrattivo per una piccola fetta di elettorato ma estremamente respingente per una parte molto più numerosa. L’altro elemento è legato al comportamento dell’elettorato. È sempre più risicata la percentuale di elettori realmente indecisi tra destra e sinistra. In più, il fatto che Azione – salvo colpi di testa dell’ultimo momento – sia rimasta fuori da questo raggruppamento, rappresenta un ulteriore elemento di debolezza.

Anche il campo progressista tra litigi Conte-Schlein e composizione delle liste, non se la passa bene.

Le europee senz’altro saranno un termometro importante per la segreteria di Elly Schlein. Al di là dei rapporti con Conte, il momento della composizione delle liste è estremamente delicato e sta rendendo sempre più evidente lo scollamento tra la segreteria e il resto del partito. Negare il radicamento ai territori del Pd significa o non comprenderlo o volerlo cambiare dall’alto. In entrambi i casi, sarebbe una negazione dell’identità del partito.

Lupi e Tajani funzionano, Renzi e Bonino no. La versione di Palano

Noi Moderati e Forza Italia hanno presentato il simbolo con il quale si presenteranno, uniti, alle elezioni europee. Il sodalizio punta al 10%: l’obiettivo è ambizioso ma alla portata e potrà durare anche oltre la scadenza elettorale. Tutto dipenderà dalla “transizione” di Fratelli d’Italia. Nel frattempo, il campo progressista è in difficoltà. Colloquio con il politologo Damiano Palano

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