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Per qualcuno è davvero el loco, un visionario con poco senso della realtà. Per molti altri, invece, è la speranza dell’Argentina, l’uomo capace di ribaltare la sorte. Questa sera, Javier Milei, il presidente argentino dalla motosega facile e dalle lunghe basette (celebre la foto in cui, brandendo l’arnese, si impegna a segare in due il sistema, spezzando certi equilibri da troppo tempo sedimentati nel Paese sudamericano), riprenderà la via di Buenos Aires.

UN ARGENTINO A ROMA

Dopo una due giorni italiana che lo ha visto incontrare il pontefice compatriota, Francesco (doppio colloquio, inclusa una udienza di un’ora), il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e il premier Giorgia Meloni. La giornata si è chiusa con l’intervista negli studi Mediaset rilasciata a Nicola Porro.

Questa la politica, le istituzioni e la comunicazione, al limite. Poi c’è l’economia, l’industria e un interscambio commerciale che si aggira sugli 1,3 miliardi. E qui, al netto delle strette di mano e dei sorrisi d’ordinanza, la strada di Milei si fa improvvisamente in salita. Il Paese che ha raccolto lo scorso dicembre, è messo male. Come raccontato a più riprese da Formiche.net, l’Argentina è ancora una volta (dopo sette default nella storia recente) con un piede nella fossa: inflazione alle stelle, debito sovrano non del tutto sotto controllo, una costante carenza di credito sui mercati e un fortissimo indebitamento con il Fondo monetario internazionale, che almeno per il momento ha deciso di andare incontro a Buenos Aires.

Ed ecco allora la carta da giocare per Milei: stringere per quanto possibile i bulloni tra le aziende italiane e argentine. Nella consapevolezza che il programma ultraliberale del loco, prevede la privatizzazione e la messa sul mercato di non meno di 40 imprese argentine. L’elenco comprende la compagnia aerea Aerolineas Argentinas, AySA (l’ente statale per la distribuzione idrica), la banca Nacion, la Casa de la Moneda, la compagnia petrolífera YPF, Ferrocarriles Argentinos, l’agenzia di stampa statale Telam, Correo argentino e Fabricaciones militares. Tutto ancora sulla carta, al punto che il presidente ha scelto di ritirare, momentaneamente, la legge cosiddetta Omnibus che includeva il pacchetto economico, di cui facevano parte anche interventi fiscali, deroghe e moratorie.

NEL NOME DELLE IMPRESE

Bisogna partire da un’altra premessa. Se l’obiettivo di Milei è quello di cementare i rapporti tra le imprese italiane e argentine, bisogna sempre ricordare come, a livello industriale, attualmente sono oltre 250 le aziende italiane presenti nel Paese, di cui 110 attive nel settore manifatturiero, che impiegano più di 50 mila lavoratori, e nei più disparati settori: da Fiat-Fca, Iveco, Pirelli), energia (Enel, Camuzzi Gas), edilizia, infrastrutture e Oil&Gas (Techint, Ghella, Webuild/Salini Impregilo, Trevi, Mapei, Saipem), settore alimentare e agricolo (Ferrero, Fratelli Branca, Campari, Arneg e Arag), assicurazioni (Generali) e spazio (Telespazio). Morale: i forti rapporti bilaterali tra i due Paesi sono innanzitutto rispecchiati dal grande numero di imprese italiane che operano in Argentina, con una storia spesso centenaria.

TRA CONFINDUSTRIA E VILLA MADAMA

Le date da cerchiare con il rosso sono due. Primo, mercoledì 13 presso Confindustria è in programma il Forum Italia-Argentina, alla presenza di circa 35 imprenditori argentini. Tra questi, tanto per citarne alcuni, Carlos Alberto Arecco, Michele Battaglia, Maximiliano Bechara, Teseo Bergoglio, Alejandro Bulgheroni, Maurizio Ganineo. Come hanno spiegato da Viale dell’Astronomia, “in considerazione delle importanti relazioni storiche che legano i nostri due paesi, del ruolo chiave dell’Argentina come testa di ponte verso tutta l’area del Mercosur, e alla luce delle nuove misure adottate dal governo argentino per garantire una maggiore libertà di importazione e facilitare i processi di acquisto dall’estero, il Business Forum rappresenta una rilevante occasione di incontro”.

L’altro piatto forte, è la cena a Villa Madama, residenza per gli eventi ufficiali del ministero degli Affari Esteri. Qui, oltre che alle imprese argentine, ci saranno le teste di ponte italiane. Ovvero Simest, la società di Cassa Depositi e Prestiti incaricata di accompagnare le aziende all’estero e Sace, più una rappresentanza di alcune grandi partecipate di Stato. Se messi insieme, questi due eventi danno il senso della missione di Milei: risollevare le sorti di un Paese la cui economia è fragile almeno tanto quanto le finanze pubbliche.

Certo, se davvero il presidente argentino riuscirà a mettere a terra il suo programma, bisognerà ridisegnare la cartina geografica delle industrie sudamericane. Con inevitabili ripercussioni anche sulle altre aziende, che in un modo o nell’altro lavorano con Buenos Aires:  “tutte le aziende statali devono essere chiuse. Tutte le aziende statali sono in perdita. Perché devo sostenere la televisione e pagare stipendi scandalosi, quando ci sono bambini che hanno fame? Lo Stato non ha motivo di partecipare all’economia” ha proprio pochi giorni fa tuonato Milei, intervenuto ad una trasmissione della tv argentina.

Chi sono le aziende italiane (e argentine) chiamate a raccolta da Milei

L’economista ultraliberale in visita a Roma si è portato dietro decine di imprenditori sudamericani, con l’obiettivo di stringere i bulloni che uniscono le due economie. Gli appuntamenti di Confindustria e Villa Madama e l’ombra dei nuovi guai di Buenos Aires

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