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Il Qatar è un piccolissimo e ricchissimo emirato arabo del Golfo che per sopravvivere tra i colossi in conflitto che lo circondano (soprattutto Iran e Arabia Saudita) ha scelto di aver buoni rapporti con tutti: Hezbollah, Israele, Stati Uniti, Iran, Hamas, sono tutti in buoni rapporti con l’emiro e i suoi. Anche i sauditi, dopo averli sfidati con un blocco navale e costringerli a minori ambiguità, hanno dovuto accettare l’autonomia “filo-tutti” del fastidioso vicino.

Il successo del governo di Doha è reso evidente dal fatto che oggi è in prima pagina in tutto il mondo: finanziatore di Hamas – i cui vertici ospita a Doha -, riferimento politico ed economico della “molesta” Fratellanza Musulmana (una garanzia anche nei confronti della “base”, il fronte delle possibili contestazioni popolari per lo sperpero di denaro “musulmano”), il Qatar è oggi il mediatore da tutti riconosciuto per il rilascio degli ostaggi. Finanziando Hamas tratta con loro per favorire il rilascio degli ostaggi israeliani. Il Qatar ha dalla sua anche un altro asset di grande importanza e costruito negli anni: la televisione panaraba e satellitare al Jazeera. È del Qatar e trasmette in tutte le case arabe un’informazione abbastanza “veemente” e che certamente condiziona.

Ora accade che al Jazeera abbia trasmesso mercoledì due interviste contemporanee, con la madre israeliana di una delle donne prese in ostaggio il 7 ottobre e il dirigente di Hamas incaricato proprio della questione degli ostaggi, Zaher Jabareen. Ne ha dato conto il quotidiano saudita Arab News. I sauditi, come accennato, sono in rapporti difficili con il Qatar e quindi con al Jazeera, che ritengono entrambi vicini ad Hamas e all’“islam politico” in generale. E allora perché parlare del “nemico”? Perché Arab News ha notato che il programma di cui stiamo parlando ha suscitato un vespaio, almeno a giudicare dai commenti che molti ascoltatori arabi hanno voluto lasciare on line nello spazio dedicato ai commenti. Leggerne alcuni, così come il giornale saudita li riferisce, è molto interessante.

Si comincia con quanto scritto dal corrispondente del Financial Times da Riad, Samer al-Atrush, per il quale al Jazeera ha fatto ottimi reportage da Gaza, ma detto questo ha aggiunto: “Perché ospitare la madre di un ostaggio insieme a un dirigente di Hamas, ponendole domande politiche? A che cosa pensavano?”. È un punto molto importante, sebbene capisca che per qualcuno non si possa ritenere il suo un parere rappresentativo di “un’opinione pubblica diffusa”. Può apparire una discussione speciosa o fondata, ma il quotidiano saudita prosegue, parla di numerosi fruitori “ordinari” che hanno voluto esprimere la loro vicinanza o empatia con la madre della donna presa in ostaggio. Uno, tal Yazan, sottolinea tra l’altro che “la signora non può essere criticata per le azioni del suo governo”. È proprio questo il punto posto da un altro: perché vi siete messi a discutere di politica con la madre di un ostaggio? Così un altro parere, riportato da Arab News, dissente significativamente dalla scelta editoriale di al Jazeera: “Non potevate scegliere un altro ospite per parlare di politica?”.

Infatti alla donna è stato chiesto se Israele a suo avviso non debba ritirarsi dai territori occupati; ma questo schema a giudicare dai commenti riportati non ha funzionato. Davanti alla madre in pena per la figlia presa in ostaggio certi schemi sembra proprio che siano vacillati, almeno nei commenti di chi ha ritenuto un suo dovere far sentire la sua voce.

Leggendo mi sono chiesto dove si annidi la sostanza o la “realtà” del cosiddetto scontro di civiltà. Dove sono queste civiltà che non riconoscono come dolore il dolore di una madre angosciata per sua figlia? Quale civiltà non riconosce la sua pena?

Il web è potente, lo dicono in tanti e certamente è così. Ma spesso veicola messaggi o voci piene di rabbia, di risentimento. In questo caso mi sembra che il risentimento abbia voluto esprimersi nei confronti di chi non riconosce la “pietas umana”, quell’empatia con chi soffre e che dimostra – attraverso un canale di comunicazione così divisivo – che quella “fratellanza” di cui hanno parlato papa Francesco e l’imam di al-Azhar, Ahmad al Tayyeb, nel loro “documento sulla fratellanza umana” esiste. Come poi esisteranno tante differenze, certamente.

Ma il web in questo caso mi è parso dirci qualcosa di importante sui popoli e l’empatia, che Arab News avrà sottolineato per motivi politici, va bene, ma che chi ha commentato il programma ha espresso per un bisogno primario, di civiltà, sulla quale non riconosce “scontri”.

Non si potrà esagerare il valore di qualche commento on line a una trasmissione televisiva , ma io ritengo che sarebbe molto importante promuovere proprio nel contesto in cui ci troviamo e si trovano soprattutto i popoli del Medio Oriente confronti molto più ampi di quanto si sia fatto sin qui su questo “Documento sulla fratellanza” che proprio al suo dice tra l’altro: “In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.
In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre. In nome della» fratellanza umana «che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali. In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.
In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.
In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.
In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra”.

Bisognerebbe pensarci davvero.

Il documento sulla Fratellanza umana e i commenti a un programma di al Jazeera

La riflessione di Riccardo Cristiano su due interviste contemporanee, con la madre israeliana di una donna presa in ostaggio il 7 ottobre e il dirigente di Hamas incaricato proprio della questione degli ostaggi, andate in onda sul network del Qatar, al Jazeera, e i relativi commenti crtitici del web riportati in seguito dal quotidiano saudita Arab News

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Di Filippo Del Monte

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