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Tra Stati Uniti e Cina continua la fase di contatti tattici che hanno lo scopo di mantenere vivo il dialogo ed evitare l’isolamento reciproco — più ambiziosa la ricerca di una coesistenza non competitiva e priva di tensioni.

Nei giorni scorsi, il leader cinese Xi Jinping ha incontrato Chuck Schumer, senatore democratico alla guida di una delegazione di colleghi che hanno visitato Pechino.

Il vertice è apparso positivo e fa sperare in una partecipazione di Xi al prossimo vertice Apec di San Francisco, dove potrebbe incontrare il presidente americano Joe Biden. Il faccia a faccia tra i due è la ragione reale di tutti i contatti che ci sono da un mese a questa parte — e della visita del ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, che dovrebbe essere a Washington nei prossimi giorni.

La retorica cinese nei confronti degli Stati Uniti si è leggermente ammorbidita di recente, ma il sentimento aggressivo antiamericano rimane prevalente nell’ufficialità e nei media di Stato. Si tratta della narrazione strategica del Partito/Stato, che non può essere modificata da incontri diplomatici contingenti. Però, c’è anche dibattito sul quesito se l’attuale crisi economica di Pechino porterà ad atteggiamenti più amichevoli verso l’Occidente, soprattutto verso gli Usa, o se la paranoia guidata dalla sicurezza sotto Xi persisterà.

Gli Stati Uniti restano comunque impegnati nelle restrizioni sui semiconduttori e nelle misure di contenimento, nonostante le pressioni delle imprese. L’amministrazione Biden mira a stabilire una base stabile per le relazioni tra Stati Uniti e Cina, senza presumere che l’impegno cambierà radicalmente la visione che la Cina ha degli Stati Uniti come nemico strategico.

Nel frattempo, prima di vedere Biden e cercando di replicare il successo del viaggio del presidente Biden, il mese prossimo Xi dovrebbe recarsi in Vietnam per rafforzare le relazioni bilaterali.

Le relazioni sino-vietnamite sono complesse, con tensioni storiche e gli sforzi del Vietnam di migliorare la portata dei propri rapporti internazionali per evitare sbilanciamenti è una linea ancora più evidente adesso che il Paese sta emergendo come un nodo di peso delle nuove supply chain.

Una questione importante tra i due Paesi è la popolazione di rifugiati fuggiti dal Vietnam dopo la fallita invasione cinese del 1979. La Cina ha reinsediato questi rifugiati lungo il confine meridionale, ma ha negato loro la piena cittadinanza, mantenendoli come strumento politico. Nonostante l’inerzia burocratica, più di 300.000 rifugiati e i loro figli risiedono oggi in Cina, per lo più integrati nella società nonostante il loro status.

Sebbene alcuni governi locali abbiano permesso a questo gruppo di ottenere il passaporto cinese, la maggior parte rimane nominalmente apolide. Naturalizzare completamente questi rifugiati come cittadini cinesi potrebbe essere una mossa semplice per Pechino, che darebbe un segnale di buona volontà ad Hanoi a un costo minimo.

Prima di vedere Biden, Xi passerà dal Vietnam. Ecco perché

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