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Non l’icona di Enrico Mattei, ma la sua concreta visione civile dell’“Africa per l’Africa: l’ingegno è vedere possibilità dove altri non ne vedono”. La motivazione ideale, e sostanziale, di Mattei rappresenta lo spirito e l’obiettivo principale del piano strategico della costruzione di un nuovo partenariato tra Italia e i Paesi africani.

L’intento è quello di far rivivere la coraggiosa epopea dell’ingegnere Enrico Mattei con vari piani di sviluppo del continente, a cominciare dalle coltivazioni di biocarburanti, dalla produzione di idrogeno da importare in Europa e dall’esportazione di energia prodotta impianti fotovoltaici realizzati in aree come il Sahara.

Il vertice al quale parteciperanno 57 delegazioni provenienti da tutto il mondo, in particolare dai Paesi africani, oltre ai vertici dell’Unione europea e delle principali organizzazioni internazionali, rappresenta non solo la nemesi, ma soprattutto la continuazione dello spirito di uno dei Padri della ricostruzione e del miracolo economico italiano, vittima della criminale intersecazione di inconfessabili interessi internazionali, mandanti del sabotaggio dell’aereo del Presidente dell’Eni esploso in volo nell’ottobre del 1962.

Una “strategia non predatoria e non paternalistica” ribadisce la Premier Giorgia Meloni che si prefigge di “consolidare processi di sviluppo integrato che favoriscano un diffuso miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni negli Stati africani partner”.

A tale scopo, ha reso noto Palazzo Chigi “il Piano sarà articolato su sei pilastri, distribuiti nei diversi quadranti del continente africano: istruzione-formazione; sanità; acqua e igiene; agricoltura; energia e infrastrutture”.

Vista con gli occhi degli africani, l’iniziativa dovrebbe comprendere degli approcci per affrontare crisi climatica. Le organizzazioni della società civile africana (CSO) hanno presentato una serie di richieste da sottoporre ai leader africani e italiani.

A cominciare da un nuovo corso per la cooperazione euro-continentale, che tuteli le popolazioni africane, gli ecosistemi e la biodiversità, affrontando l’emergenza climatica. Il rischio da evitare, evidenziano le organizzazioni della società civile africana, é quello di limitare l’obiettivo all’accesso delle fonti naturali per trasformare l’Italia in un hub energetico fra l’Africa e l’Europa.
In coincidenza con la presidenza italiana del G7 il governo Maloni intende in realtà catalizzare l’attenzione dell’Europa e dei paesi industrializzati sull’Africa, anche per scongiurare le mire egemoniche e predatorie della Cina e della Russia sul continente.

Una neo colonizzazione, quella di Pechino e di Mosca che sta già provocando gravi conseguenze economiche e che rappresenta in prospettiva una minaccia esponenziale sotto il profilo dei flussi migratori, del terrorismo e della sicurezza energetica.
La replica della riva sud del mediterraneo riguarda la priorità di assicurare la realizzazione di infrastrutture di energia rinnovabile per assistere i 600 milioni di africani che non hanno accesso all’elettricità, piuttosto che esportarla per l’approvvigionamento energetico dell’Europa.

“Vogliamo investire nella sovranità alimentare e nell’agro-ecologia, non nell’esportazione di colture da reddito per integrare la politica agricola comune dell’UE” afferma Fadhel Kaboub, membro del Gruppo di esperti indipendenti sulla transizione giusta e lo sviluppo. Che aggiunge “dobbiamo sfuggire alla parte inferiore della catena del valore globale e investire nella produzione ad alto valore aggiunto”.

Analisi e richieste della società civile africana scaturiscono, sostiene Lorraine Chiponda, coordinatrice dei Movimenti africani di Movements Building Space, dalla indubbia constatazione che “l’Africa é colpita in modo sproporzionato dalla crisi climatica, per affrontare la quale il continente ha bisogno di partenariati che sostengano una transizione equa e giusta dai combustibili fossili. Questo deve avvenire in modo da facilitare l’accesso e la proprietà dell’energia pulita da parte degli africani, costruire sistemi alimentari resilienti e sostenere l’adattamento al clima”.

Una presa di coscienza africana che nello spirito di Mattei richiede, come si prefigge Giorgia Meloni, una mobilitazione a lungo termine del sistema economico non soltanto italiano, ma europeo ed internazionale, per lo sviluppo dell’area a Sud del Mediterraneo e la formazione nei pasi africani una classe media capace di moltiplicare lo sviluppo.
Perché più dell’immensità delle aree sostanzialmente industrializzate dell’Indo Pacifico e dell’America Latina, l’Africa é il cuore nevralgico del futuro del mondo.

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