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“Dopo aver goduto della caduta di Draghi per mano dei partiti più sensibili alle sue istanze, la Russia ora può vantare un altro successo: con l’uscita del consigliere diplomatico il governo Meloni si mostra vulnerabile suo malgrado. I suoi avversari, l’opposizione e una parte dei media possono festeggiare. Con la vodka”. È questo il sommario dell’articolo di Gabriel Carrer che, il 3 novembre, apre con un non meno eloquente titolo: “Russia 1, Italia 0. Perché il Cremlino festeggia le dimissioni di Talò”.

Un articolo che rispecchia pienamente un mio commento a caldo, condiviso con molti miei lettori, alle dimissioni dell’ambasciatore Francesco Talò, ex consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

In un’Italia dove pochissimi hanno il coraggio di dimettersi, se non quando privati della libertà personale per ragioni giudiziarie, lo ha fatto l’Ambasciatore Francesco Taló.

Non perché abbia qualche responsabilità personale, ma perché crede, come mi ha detto personalmente, e poi ribadito in una bella intervista pubblicata il 4 Novembre da Libero, a firma del direttore Mario Sechi, nel principio che “un capo debba sempre assumersi le sue responsabilità”.

Non è per me una sorpresa, conoscendolo da poco meno di mezzo secolo, e condividendo i suoi stessi valori.

Ma mi sia consentito dire che credo lo abbia fatto, più che da raffinato diplomatico, da autentico militare (non militare di cartone, che pure non mancano in Italia), quale Ufficiale in congedo, figlio di Ufficiale dei Carabinieri a sua volta cugino di un Ufficiale della Guardia di Finanza che partecipò alla Liberazione di Milano, assieme al Colonnello Alfredo Malgeri.

Unitamente alla conferma della mia grande stima, le sue dimissioni mi impongono due considerazioni.

La prima, è che un ex magistrato ed ex deputato italiano è stato recentemente condannato, dal Tribunale di Bruxelles, ad una pena detentiva per aver effettuato dal suo ufficio, quando era direttore generale dell’Olaf (l’Ufficio Europeo per la Lotta alla Frode), un’intercettazione telefonica illegale. E che la richiesta di condanna da parte del Pubblico ministero è stata aggravata dal proprio tentativo di scaricare la responsabilità a lui imputata su suoi collaboratori.

Al posto di Talò, io avrei fatto esattamente la stessa cosa. Dopo una cagnara mediatica e politica, forse eccessiva, alla quale non mi sembra avere assistito in altri Paesi i cui vertici sono stati vittime degli stessi comici “dual-use” russi. Forse perché, stampa e politici, fuori dall’Italia, hanno dimostrato maggiore senso di tutela dei veri interessi nazionali. Che dovrebbero prevalere sull’interesse tattico, e di corte vedute, a cogliere ogni occasione per attaccare, ridicolizzando urbi et orbi – e non è cosa senza precedenti in Italia – l’avversario politico alla guida del Paese.

Non so però se, al posto del presidente Giorgia Meloni, io avrei accettato le sue dimissioni. Non tanto perché un vero capo deve anche saper difendere i propri collaboratori che hanno commesso un errore agendo in buona fede. Come ha dimostrato di fare Talò con i veri presunti responsabili all’interno del proprio ufficio, assumendosene interamente la responsabilità. Ma anche, e soprattutto, perché ambasciatori con l’esperienza, il background ed il network di relazioni personali ai massimi livelli, come quelle dell’ambasciatore Talò, adatti alla situazione internazionale contingente che il Paese deve saper fronteggiare, non crescono come i funghi in una notte. Nemmeno nei migliori vivai della Farnesina. E non va dimenticato che è senza dubbio anche all’ambasciatore Talò, oltre che al ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, Antonio Tajani, che Giorgia Meloni deve in gran parte il suo innegabile successo, rispetto ad ogni previsione, ed al netto delle critiche di parte delle opposizioni, sulla scena europea ed internazionale.

E vengo quindi alla seconda considerazione. E cioè che l’ambasciatore Taló, atlantista ed europeista da sempre, prima di essere consigliere diplomatico della presidente Meloni, è stato rappresentante italiano alla Nato ed in Israele, oltre che console generale a New York.

Posso quindi, al pari di Carrer e molti altri, immaginare la gioia, a Mosca e presso gli anti-Ue e anti-Nato nel mondo, ma anche in Italia, per essersi liberati in pieno Halloween, con uno “scherzetto” senza nemmeno l’alternativa di un “dolcetto”, di un ingombrante alto collaboratore della premier di un Paese, non solo geo strategicamente, molto importante.

Onori, quindi, all’ambasciatore Francesco Taló, anche per il tono, la compostezza e l’equilibrio tenuto. E per il rispetto dimostrato del suo dovere di adempiere le sue funzioni con la “disciplina e l’onore” richiesti dalla Costituzione, all’articolo 54, a tutti i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche. Siano essi diplomatici, magistrati o generali in servizio.

Anche in un difficile momento della loro carriera, o di frustrazioni personali, ed indipendentemente dal rischio o meno di poter essere sanzionati. Ed è qualcosa che dovrebbe essere “normale”. Ma siccome è sotto gli occhi di tutti che, nell’Italia da “mondo al contrario”, normale non lo è, onori a lui. Sperando che il tempo saprà essere gentiluomo, con un ambasciatore-ufficiale gentiluomo come Francesco Talò.

Auguro infine all’Italia, all’Europa e all’Occidente di sapersi difendere, nella guerra ibrida che stanno combattendo da anni, dall’utilizzo da parte degli avversari delle nostre stesse virtù.

Prima che a Mosca, o altrove, aprano altre bottiglie di vodka.

Onore all’amb. Talò per un comportamento normale che in Italia normale non è

Il commento del generale della Guardia di Finanza in congedo Alessandro Butticé, primo portavoce dell’Ufficio Europeo per la lotta alla frode (Olaf), e primo militare in servizio presso le istituzioni europee, sulle dimissioni del consigliere diplomatico del presidente del Consiglio Giorgia Meloni

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