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Sembra che tutto possa andare bene riguardo l’ingresso di Lufthansa in Ita Airways, dopo la firma del memorandum di giorni fa. Saranno 60 i giorni utili per avviare e concludere la trattativa per l’acquisto del 40% di azioni della compagnia aerea italiana, ora interamente di proprietà del ministero dell’economia. Poi, a regime del funzionamento della rinnovata impresa, si arriverà al 100% Lufthansa. Entro la fine di marzo, dunque, potrebbe avviarsi il processo di cambiamento che desideriamo da tempo e disporre di una grande compagnia aerea in grado di competere nel complesso mercato del volo, per fornire agli italiani spostamenti intercontinentali diretti, senza la perdita di tempo di scali europei nel raggiungere le destinazioni.

L’intesa già avrebbe assunto l’indirizzo di mantenere inalterato il nome di Ita Airways per le tratte italiane ed europee, mentre tornerebbe in campo l’antico brand Alitalia per la parte internazionale. Il possibile accordo è una buona notizia innanzitutto per la considerazione che Lufthansa, praticando già la politica poli hub con le altre compagnie attualmente già associate come Swissair ed Austrian Airlines, sarà scontato poter disporre di Fiumicino come hub cardine per l’Italia e buona parte del sud ed est degli altri continenti prossimi all’Europa.

In tale condizione, oltre a Francoforte, Berlino, Vienna e Zurigo, si aggiungerebbe Roma come nuovo hub della compagnia. C’è da ritenere allora che a Fiumicino, in prospettiva, possano ricominciare ad operare a pieno regime molti altri voli diretti verso le Americhe, Asia, Africa ed Oceania, e ritornare ad avere voli sufficienti a soddisfare il nostro mercato che negli ultimi anni si erano sensibilmente ridotti dopo i ripetuti tracolli di Alitalia.

L’accordo preliminare prevede l’acquisto di 30 nuovi aereo bus proprio per la necessaria espansione nei continenti. Questo punto è l’aspetto cruciale dei nostri interessi nazionali, spinti come siamo per il turismo verso altri paesi, e calcolando di incrementare l’interesse degli stranieri che già nel 2022, dopo i picchi pandemici, hanno raggiunto la ragguardevole cifra di 400 milioni di soggiorni in Italia. Un Paese come il nostro, di importante interesse culturale e paesaggistico, ha bisogno di propria autonomia nella gestione di voli diretti con il proprio hub per ridurre i tempi, i costi, e le intermediazioni che potrebbero gestirsi a nostro danno da chi ha interesse a drenare turismo verso i propri bacini.

Bisogna considerare che in questi ultimi anni di scarsa efficienza del nostro vettore aereo storico, sfiancato da crisi finanziaria ed identitaria, ha enormemente danneggiato i propri asset, disperso professionalità, rovinato reputazione accumulata nei tempi migliori. Veniamo da una storia, è utile rammentarlo, che ci ha considerati tra le compagnie aeree più prestigiose del mondo, per accoglienza e sicurezza.

Con l’accordo, finalmente terminerebbe la mortificante ed anacronistica suggestione di concorrere con una compagnia aerea di Stato, ed iniziare finalmente una stagione di reale concretezza di regolazione della concorrenza nel settore, di assetto ordinato aereoportuale, di intermodalità efficiente. Ed intanto la dirigenza della Lufthansa in queste ore ha fatto sapere di condividere l’esigenza posta dai sindacati del settore con scioperi, di aumentare gli stipendi troppo bassi del personale di volo e di terra della Ita.

Sono sicuro che questo segnale inaspettato, è stato anche il modo per significare che i sindacati farebbero bene a non perdere tempo nella confusione degli scioperi, ma ad impegnarsi a che la trattativa venga sorvegliata e sostenuta per evitare di essere utilizzati da chi medita di creare qualche intoppo alla nuova intrapresa. D’altronde sono tanti gli interessi che vengono scomodati dal progetto, e il nostro sistema politico viene considerato all’estero persino troppo creativo e propenso nel favorire eventuali trappole masochistiche.

Non è un caso che pur disponendo di un un mercato tra i più ragguardevoli del mondo, Alitalia è stata ridotta in uno stato pietoso che ricorda sin troppe storie indegne di un Paese evoluto.

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