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La democrazia nasce con una tara esistenziale, avverte il grecista Luciano Canfora. Il popolino (come forse sarebbe più corretto tradurre demos dal greco antico), che elegge il suo capo talvolta perde la pazienza con le opposizioni e le lungaggini dei processi decisionali. Così l’uomo che ha ottenuto voti aizza la folla per ottenere più poteri, escludere l’opposizione e chiudere la democrazia. Perciò allora i termini tyrannos (all’origine del nostro “tiranno”) e demokraticos (“il governante del popolino, l’arruffapopolo”) erano sinonimi.

Sicuramente per gestire questo peccato originale le moderne democrazie liberali sono nate tutte con misure di sicurezza – il potere dei giudici, la divisione dei poteri, e limiti all’accesso al potere di forze considerate intolleranti o illiberali. Il limite della tolleranza è non tollerare l’intollerante, pena la fine della tolleranza. Non significa fare a meno di costruire un consenso o limitare l’approvazione e il voto, ma ci sono misure di salvaguardia. La libertà di ciascuno deve rispettare la libertà degli altri.
L’occidente emerso dopo la Seconda guerra mondiale limitò per esempio nella sua sfera di influenza l’azione del partito comunista considerata sobillatrice della stessa democrazia. Le misure restrittive verso i comunisti erano diverse da paese a paese ma tutte miravano a tenere il partito comunista lontano dal governo, senza però auspicabilmente arrivare a una tirannia antiliberale fascista.

Durante la Guerra Fredda i paesi socialisti usavano queste ambiguità per sottolineare che le società liberali erano ipocrite, sorvolando sulla sostanziale differenza che limitare l’accesso al potere non è lo stesso che uccidere o imprigionare i dissidenti. Una democrazia con dei limiti è meglio di nessuna democrazia.
L’Italia, con il partito comunista più grande dell’occidente, per esempio aveva regole scritte e non scritte che impedivano al Pci di prendere il potere. La fine della minaccia sovietica eliminò per tre decenni i limiti alla democrazia: non c’erano forze che sobillavano la democrazia liberale.
Così tanti si sono dimenticati che la democrazia moderna non nasceva pura e senza colpe originali. Nessuna democrazia può essere totalmente tollerante, pena la sua stessa fine, come sapevano già gli antichi greci.

Il recente arrivo della minaccia russa, e la sua capacità di influire e sobillare sistemi democratici insieme all’invasione dell’Ucraina, hanno cambiato di nuovo le regole del gioco. Nuove forze illiberali, della destra radicale e filorusse minacciano le democrazie occidentali.
È chiaro che, al di là di una pace o tregua in Ucraina, non sarà possibile schierare la Russia in funzione anticinese, come era il progetto geopolitico originale. Forze filorusse in Europa o in America potevano essere tollerate perché si voleva assecondare Mosca in cambio del suo appoggio contro Pechino. Questo sempre più chiaramente appare impossibile e quindi diventa controproducente tollerare forze filorusse in occidente che quindi diventano sobillatrici.
Così tanti in Europa stanno scegliendo ora come affrontare tali forze.

Romania

Le recenti elezioni in Romania sono state un test dei sistemi democratici. L’intero paese si è unito e il candidato presidenziale di estrema destra, filorusso, George Simion, è stato sconfitto. È successo lo stesso l’anno scorso alle elezioni parlamentari francesi: la nazione si è radunata per fermare la radicale di destra Marine Le Pen.
Ma cosa succede se questo non sarà sufficiente? L’Europa si affiderà a partiti che potrebbero far tornare il continente fascista? L’Europa, devastata da due guerre mondiali e ora minacciata dall’invasione russa dell’Ucraina, correrà il rischio, a un secolo di distanza, di diventare di nuovo fascista?
È un fallimento della politica, incapace di convincere i propri cittadini, sì. Ma aggiustare la politica richiede tempo, il pericolo è immediato e percorrere una strada puramente potrebbe peggiorare la situazione. Molti politici temono che il rischio sia troppo alto.

Ciò diventa una luce verde per misure che limitino l’accesso al potere dell’ultradestra filorussa in tutta l’Europa. La Germania può trovare conforto nelle misure che limitano l’azione della AfD, la Francia farà lo stesso con la sua Le Pen e il Regno Unito potrebbe essere tentato a muoversi contro Nigel Farage. Naturalmente ciò non avverrà nel giro di pochi giorni o settimane ma ci vorranno mesi e forse uno o due anni. Potrebbe essere rischioso ma il rischio dall’altra parte potrebbe essere maggiore.
Nella guerra fredda i limiti a un’ala (allora la sinistra radicale) divennero anche motivo di muoversi contro l’altra ala (allora la destra radicale). Oggi le misure la destra potrebbero anche tradursi in misure contro l’ultrasinistra, quella che tifa per i terroristi di Hamas, sostenuti dall’Iran, alleato della Russia.
Come nella Guerra Fredda, infatti, gli opposti estremismi si tengono e giustificano a vicenda. L’America oggi si sta muovendo contro i radicali di sinistra filo Hamas. Ma è possibile che nei prossimi mesi e anni, con l’usura delle speranze su una pace vera in Ucraina, e quindi di un rapporto funzionale con la Russia, gli Usa chiudano gradualmente anche alla destra radicale.

Un papa americano più chiaramente filo ucraino e centrista potrebbe aiutare il processo. Inoltre, grazie alla sua crescente posizione indipendente e alla mancanza di ostilità aperta da parte di chiunque, il Vaticano potrebbe svolgere un ruolo crescente di mediazione in questo contesto.

Ciò pone un orizzonte per l’Italia, governata da un partito di destra anche se non estremista e certo non filorussa. La luce verde in Europa, e anche in America per il premier italiano Giorgia Meloni avveniva anche nella speranza che lei riuscisse a fermare e arginare le tendenze radicali di altri partiti di destra europei. Il risultato è stato però l’opposto: la destra radicale altrove ha pensato che il potere della Meloni in Italia fosse il permesso a tentare la scalata al potere nei propri paesi senza smettere i panni illiberali e filorussi.
Gli storici ci spiegheranno nei prossimi decenni perché ciò è avvenuto ma in Italia questo stringe oggi il campo di azione di Meloni: deve scegliere se muoversi al centro o andare a destra. Ma le ambiguità di vedere Simion prima del voto senza darne pubblicità non funzionano più.
Significa anche che la sua funzione politica generale si sta esaurendo – la destra radicale europea non può essere “addomesticata”. Quindi lei funziona solo se funziona il suo governo. Per funzionare devono funzionare due cose, chieste concordemente da Ue e Usa – aumento delle spese militari e quindi miglioramento dei conti economici (che permettono maggiori spese militari).
Più in generale, il mondo sembra stia marciando gradualmente ma con crescente certezza verso i limiti di una seconda Guerra Fredda.

I limiti della democrazia e la funzione “Meloni”. L'analisi di Sisci

Il recente arrivo della minaccia russa, e la sua capacità di influire e sobillare sistemi democratici insieme all’invasione dell’Ucraina, hanno cambiato le regole del gioco. Nuove forze illiberali minacciano le democrazie occidentali. La destra radicale altrove ha pensato che il potere di Meloni in Italia fosse il permesso a tentare la scalata al potere nei propri paesi senza smettere i panni illiberali e filorussi. A Meloni la scelta se muoversi al centro o andare a destra. L’opinione di Francesco Sisci

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