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Germania e Francia, i due pesi massimi dell’Unione Europea, litigano da settimane sui temi dell’energia e del gas. Le questioni calde, in realtà, si inseriscono in un quadro molto più ampio, quello dell’ordine internazionale occidentale. Quali sono le dinamiche che si osservano in questa grande arena? Lo abbiamo chiesto a Carlo Pelanda, docente di geopolitica economica presso l’Università Guglielmo Marconi e consulente di molte istituzioni internazionali.

Stiamo vedendo in queste settimane le frizioni tra Francia e Germania su energia e difesa. Da una prospettiva di Grand Strategy questi battibecchi si inseriscono in uno scenario globale.

L’America ha costretto la Germania ad abbandonare il mercantilismo. Prima dovendo abbandonare il mercato russo e ora quello cinese, dal quale la Germania dipende moltissimo. Lasciando perdere il tema a margine che i cinesi ora fanno concorrenza diretta ai tedeschi, in ogni caso esiste una forte impronta tedesca nel mercato cinese.

Sembrerebbe che Berlino abbia deciso di mostrare un’estrema lealtà agli Stati Uniti, per esempio comprando gli F-35 o inviando gli Eurofighter nel Pacifico, per poi ottenere il permesso di Washington di continuare a mantenere, almeno in parte, la presenza in Cina. Il punto è questo, ottenere esenzioni dai market denials che l’America sta imponendo sulla Cina. Ovviamente è un tema in totale conflitto con la Francia, che non può fare la stessa cosa perché gli americani non si fidano.

L’equilibrio tra i due Paesi è delicato e riguarda anche l’Italia.

Parigi avrà bisogno dell’Italia per fare corpo, per tenere ancorata la Germania. Bisognerà vedere quanto questo convenga a noi, e non è un calcolo semplice. Questa situazione pone al nuovo governo italiano il dilemma se agganciarsi di più alla Francia nella sua strategia di sovranità europea imbrigliando la Germania, oppure fare come fa Berlino. E’ per questo che Macron ora si precipita da noi per ottenere sostegno. Però l’Italia per quanto riguarda gli armamenti è già nel campo atlantico, quindi ha più interesse ad allinearsi con la Germania; d’altra parte non conviene nemmeno rompere completamente con la Francia. Questo sarà un tema da seguire nei prossimi giorni.

Sul lato energia invece abbiamo visto le aperture dell’ultimo Consiglio Europeo sui tetti al prezzo del gas.

Alla fine quello che verrà fuori non sarà ottimale, ovviamente. Il vero obiettivo comune non detto è che nel 2023 i prezzi del gas non raggiungano i picchi del 2022. Per quanto riguarda la stabilità finanziaria e la riduzione progressiva dell’inflazione questo è più che sufficiente, poi ogni nazione si arrangerà da sola. Magari vedremo degli accordi a gruppi, come Francia e Spagna sui rigassificatori.

In sostanza una politica coordinata, non voglio dire comune, alla fine si raggiungerà sia con mezzi politici non spendibili pubblicamente, sia con un po’ di debito comune. Ovviamente questo non fa bene all’immagine di coesione dell’Unione: quando le cose sono serie l’Unione non c’è, ma questo lo sapevamo già. Infatti all’Italia conviene molto rafforzare il bilaterale con gli Stati Uniti.

La Francia come vive questo momento?

La Francia rimane spiazzata, scopre di essere un potere secondario, molto dietro a quello tedesco. Parigi ha fatto il grosso errore di dire di no alla richiesta tedesca di trasformare il suo seggio al Consiglio di Sicurezza dell’Onu in un seggio europeo, e adesso la paga. Ovviamente non significa frizione aperta, non significa chiudere le varie collaborazioni esistenti, ma di fatto la Francia è il numero due.

Per l’Italia dover agganciarsi troppo a un numero due non so quanto sia conveniente. Per deciderlo bisognerà aggiungere altri elementi allo scenario. Per esempio, all’Italia interessa ingaggiarsi in Africa? Immagino di sì visto che abbiamo trasferito la dipendenza energetica dalla Russia all’Africa e dovremo avere un presidio di sicurezza, quindi bisognerà cooperare coi francesi, o quantomeno non averli contro. Bisognerà spiegarlo ai tedeschi e bilanciare le due cose. Non è un calcolo sicuro, ciò che è sicuro è che dobbiamo concordare tutto dal punto di vista militare con gli Stati Uniti.

I francesi sono aggrappati a quest’idea di un’Europa sovrana contro l’idea di un complesso globale delle democrazie, evidentemente a guida americana. L’Italia avrebbe convenienza nello spingere l’Unione a fare un trattato economico con gli Usa che contenga, non dico una free trade area che cozzerebbe col protezionismo attuale di Washington, ma che in qualche modo faccia da compensazione al fatto che l’America sta costringendo gli europei ad amputarsi una gamba (con il decoupling dalla Cina).

E gli Stati Uniti?

Sicuramente riempiono i loro uffici di strategia con informazioni analitiche molto precise, però hanno dei vincoli interni. Per esempio una soluzione a tutto questo balletto potrebbe essere quella di sostenere il complesso delle democrazie a guida americana con un accordo economico.

Questo gli farebbe comodo anche nel quadrante Indo-Pacifico. Le Nazioni di quell’area che si stanno aggregando chiedono compensazioni economiche, e gli Stati Uniti in questo momento non hanno il consenso interno per fare trattati che vengano percepiti dall’elettorato – sia di destra sia di sinistra – come asimmetrici, cioè a sfavore della classe lavoratrice americana e a favore degli stranieri. All’America manca uno strumento tradizionale di costruzione delle alleanze, questo è il vero tema che stanno cercando di risolvere. A causa di questo vincolo interno, gli strateghi fanno fatica a portare avanti questa proposta, e devono limitarsi a fare concessioni militari o politiche agli alleati.

Visto il clima, al nuovo governo suggerirei di esplorare ciò che possiamo ottenere da una relazione più forte con gli Stati Uniti. Il Partito Popolare Europeo, nella persona di Manfred Weber, è da parecchio che lancia l’idea di un trattato bilaterale Ue-Usa come polo magnetico per un’organizzazione economica comune tra tutte le democrazie. Il che coincide abbastanza col linguaggio di Biden di organizzare una struttura da contrapporre al blocco autoritario. Il punto però è che oggi un politico americano che fa questo discorso è un politico che perde le elezioni. Bisognerà tra l’altro vedere quali saranno le dinamiche dopo le elezioni di midterm.

Esiste quindi un grosso limite operativo nell’ingegneria delle alleanze da parte di Washington. La Germania lo ha capito e invece di proporre agli americani cose che non possono accettare, dimostra una lealtà totale in cambio della deroga di cui parlavo prima.

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