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L’incontro bilaterale tra il presidente statunitense Donald Trump e il presidente russo Vladimir Putin si farà. A dichiararlo è il consigliere diplomatico del presidente russo Yuri Ushakov, secondo cui è già stato concordato in linea di principio il luogo dell’incontro (anche se la sede specifica è ancora da individuarsi) e deve adesso essere decisa la tempistica, anche se non si esclude che l’incontro potrebbe avvenire già “nei prossimi giorni”.

Interessante notare il fatto che lo stesso Ushakov abbia sottolineato come  tale accordo sia stato raggiunto “su suggerimento della parte americana” (anche se la Casa Bianca, tramite la sua responsabile stampa Karoline Leavitt, ha affermato che sono stati i russi a chiedere questo incontro), rimarcando il rinnovato sforzo di conciliazione da parte della Casa Bianca che si è concretizzato negli scorsi giorni attraverso la visita a Mosca dell’inviato speciale del presidente Usa Steve Witkoff, il quale si è incontrato con il presidente Putin, lo stesso Ushakov e il capo del Fondo russo per gli investimenti diretti Kirill Dmitriev. Un incontro i cui esiti, nonostante le basse aspettative precedenti al suo svolgimento, sono stati fin da subito definiti “incoraggianti” dalle fonti del Cremlino, probabilmente in riferimento al raggiungimento dell’accordo sul vertice bilaterale. Secondo alcune fonti, il presidente Trump vorrebbe che a seguito del bilaterale con Putin si tenesse anche un incontro allargato al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Durante i colloqui, lo stesso Witkoff avrebbe sollevato questa possibilità con la controparte russa, che però non avrebbe dato una risposta particolarmente positiva. Trump avrebbe condiviso il suo piano anche con alcuni leader europei contattati per via telefonica venerdì sera, come l’inglese Keir Starmer,  il finlandese Alexander Stubb, e il tedesco Friedrich Merz, oltre che con il Segretario generale della Nato Mark Rutte.

Questo importante sviluppo nei negoziati arriva a poche ore dalla scadenza dell’ultimatum imposto da Trump al presidente russo, ultimatum che, se fosse stato ignorato, avrebbe portato all’imposizione di sanzioni secondarie sui partner commerciali della Russia, così da stritolare ulteriormente l’economia moscovita già provata dalla guerra. In un’intervista rilasciata pochi giorni fa alla Cnbc, lo stesso Trump aveva affermato che “se il prezzo dell’energia scenderà abbastanza, Putin smetterà di uccidere persone. Se il prezzo dell’energia scenderà di altri 10 dollari al barile, non avrà altra scelta, perché la sua economia è in pessime condizioni”.

Proprio per evitare sviluppi scomodi come questo, la leadership russa avrebbe preso in considerazione l’idea di venire incontro ad alcune delle richieste avanzate negli scorsi mesi dall’amministrazione statunitense. In particolare, riporta Bloomberg, il Cremlino avrebbe valutato una “tregua aerea”, ovvero una possibile sospensione degli attacchi condotti con droni e missili, come segnale di buona volontà.

“Sospendendo gli attacchi aerei, il Cremlino si priverebbe di uno strumento importante per la sua strategia di minare il morale della popolazione ucraina attraverso attacchi indiscriminati contro la popolazione civile. Allo stesso tempo, però, la stessa Russia è sempre più soggetta ad attacchi con droni condotti dalle forze ucraine che bersagliano fabbriche di armi, infrastrutture ferroviari o impianti petroliferi”, commenta per Formiche.net la senior research fellow del Russia, Caucasus and Central Asia Center dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale Eleonora Tafuro Ambrosetti. “Inoltre, essa permetterebbe a Putin di continuare a perseguire il suo obiettivo principale, che è la conquista delle quattro regioni ucraine annesse alla Russia con i referendum svoltisi nell’autunno del 2022. Quindi dal punto di vista russo sembra una concessione intelligente per compiacere Trump ed evitare ulteriori ritorsioni”.

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