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Pesa sul Paese da molto tempo, e oggi in termini più aggravati di ieri, una seria “questione giovanile”. Senza cadere nell’errore di generalizzare, tendenzialmente molti giovani vivono l’oggi senza volgere lo sguardo verso il passato e senza porsi il problema del futuro. Partiamo da questa constatazione per cogliere il grave problema del “presentismo” dilagante, per certi versi in genere, ma ancora di più tra i giovani d’oggi. Ma da dove nasce tutto ciò? Rispondere a questo quesito, è d’obbligo per chi vorrà esaminare il problema.

È tipico di un certo modo di fare politica del nostro Paese, omettere o dimenticare velocemente le grandi questioni aperte, oppure tendere a nasconderle sotto il tappeto. Ci riferiamo ad esempio alla grande astensione dal voto delle ultime elezioni in Lazio e Lombardia, all’interno della quale c’è un dato ancor più preoccupante e significativo: la sempre maggiore astensione dal voto da parte dei ragazzi. Su questo tema si discute poco e, paradossalmente, non lo fanno neanche gli stessi partiti politici, che pur dovrebbero analizzare il fenomeno, soprattutto pro domo eorum, tentando di intercettare gli interessi – e quindi i voti – di così cruciale fascia di popolazione. Questo fenomeno è piuttosto grave, sia in termini etici che per il rischio che corre il corretto funzionamento della democrazia.

Le ultime elezioni regionali in Lazio e Lombardia hanno visto l’astensionismo superare il 60% e addirittura sfiorare l’80% (per quanto sembra dalle più accreditate analisi) tra gli under trenta. L’Academy Spadolini sta analizzando il fenomeno. La nostra associazione, infatti, persegue, tra gli altri, l’obiettivo di diffondere la cultura e in particolare la cultura politica tra i giovani. Abbiamo potuto scorgere un interesse tra i giovani alla partecipazione alle questioni politiche e sociali e notare che tale interesse si concretizza con una partecipazione diversa da quelle che propongono i media tradizionali o i partiti politici. Ad esempio con le varie forme possibili di partecipazione online. Una prima, sintetica diagnosi, dunque, è che i giovani non rifiutano la politica ma il modo di proporla che usano “questi partiti”. Andiamo sul concreto: “questi partiti” hanno affrontato seriamente, ad esempio, la bolla della disoccupazione giovanile? L’unica legge che tentò (pur con qualche limite) una risoluzione fu la n. 285 del 1977 (governo a guida Dc con astensione che sapeva di appoggio esterno da parte del Pci), che incentivava l’impiego straordinario di giovani in agricoltura, artigianato, industria, commercio, servizi, svolto da imprese individuali o cooperative e altre forme di lavori socialmente utili. Purtroppo non sono intervenute altre e magari migliori leggi che andassero in quella direzione, ma provvedimenti provvisori, transitori, fatti, soprattutto nella scorsa legislatura, di bonus, indennità, che non hanno reso strutturale l’aiuto che un buon governo dovrebbe garantire.

Passando ai giorni nostri, la pandemia ha reso ancor più demotivati i ragazzi, caduti spesso nel disagio emotivo e sociale. E poi un altro problema, che riteniamo influisca molto sul disimpegno dei giovani dalla vita sociale, è rappresentato dagli esempi, tutt’altro che positivi, che investono e permeano le personalità dei ragazzi. Tali esempi invadono soprattutto la rete, quella che frequentano abitualmente i millennials. Sono le tendenze, i modi di vestire, di apparire che governano i contenuti dei social. Forse è quello che vogliono certi centri di potere, certe simil lobbies, certi influencer un po’ all’italiana. Può sembrare che il processo sia irreversibile. Ma è altrettanto vero che non possiamo restare inermi di fronte a questo stato di cose. Soluzioni? Ecco, noi riteniamo che non sia corretto pensare che la questione dei giovani riguardi solo i giovani. Deve necessariamente diventare questione cruciale, nazionale, prioritaria. Tanto per iniziare, la generazione che ha generato i millennials è immune da colpe? Si è particolarmente distinta per impegno nei vari campi della vita sociale? Si è lasciata permeare di cultura, da trasmettere poi ai figli?
Ma questo è un discorso troppo ampio. Parliamo delle possibili soluzioni, inserendo il problema all’interno del tessuto sociale ed economico del Paese.

Non può certo essere il reddito di cittadinanza ai giovani il rimedio strutturale al problema del lavoro. L’attuale presidente del Consiglio è stata ministro della Gioventù e ha costruito la sua carriera politica, in qualche modo da leader giovanile. È pertanto auspicabile che pian piano possa inserire la questione giovanile all’interno e al centro dell’agenda di governo. Giusto, dunque, riformare il reddito di cittadinanza, lasciandolo solo a chi, ormai in età più matura ha perso il lavoro o non è nella condizione di lavorare. Giorgia Meloni ha rilanciato, poi, il tema della meritocrazia. Vedremo se alle dichiarazioni di intenti seguiranno i fatti. La società italiana ha bisogno da tempo, infatti, del ripristino dell’ascensore sociale, da tempo bloccato per molti al piano terra, che potrebbe permettere a chi studia e si impegna di scalare posizioni nel mondo del lavoro. Si potrebbe prendere ad esempio quanto avvenuto nel nostro grande Paese negli anni 60, quelli del boom economico.

Noi dell’Academy Spadolini abbiamo creato e stiamo creando un “bollitore” di cultura e di cultura politica dove si stanno aggregando anche diversi giovani. Riteniamo infatti che solo col dialogo intergenerazionale si possono trovare soluzioni anche alla questione giovanile. Non a caso questo articolo reca la doppia firma del presidente dell’Academy e della figura più giovane del Comitato tecnico scientifico, responsabile dei rapporti con il mondo giovanile.

I giovani hanno bisogno di ascoltare. Non prediche, non monotone e stucchevoli conversazioni, ma iniziative concrete, fondate anche sul senso del recupero e del rilancio della memoria storica (senza il quale non si può guidare a nessun titolo un Paese) ed esempi concreti. Troviamo addirittura lapalissiano l’assunto. Un giovane, due giovani, un gruppo di giovani che si aggregano prendendo esempi dai più grandi, potranno crescere e sviluppare idee e motivazioni. Così come anche esponenti del mondo intellettuale e della cultura dal contatto con i giovani possono finalmente palpare con mano e trovare adeguati spunti e motivazioni sulla questione giovanile. Non crediamo sia, poi, così difficile. Ai troppi che in larga parte hanno perso il senso della memoria storica e sono abbacinati dal presentismo non resta che riprendere a studiare, pensare e a meditare. Meditate, sia sui danni che arreca il dilagante presentismo, sia sul fatto che il Paese non può procedere se la questione giovanile non diventa davvero questione nazionale.

La questione giovanile, i rischi del presentismo e il dialogo intergenerazionale

Di Claudia Conte e Luigi Tivelli

I giovani hanno bisogno di ascoltare. Non prediche, non monotone e stucchevoli conversazioni, ma iniziative concrete, fondate anche sul senso del recupero e del rilancio della memoria storica (senza il quale non si può guidare a nessun titolo un Paese) ed esempi concreti. L’analisi di Claudia Conte e Luigi Tivelli

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