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Il principe Henry, duca di Sussex, per i tabloid e gli intimi Harry, sarebbe il quinto nella linea di successione al trono inglese e al Commonwealth britannico, che riunisce sotto la corona 56 Stati, in fila dopo il fratello William e i di lui figlioli. Il trentottenne duca – sì, ormai si è fatto grande ed è lontano dall’effondere le tenerezze da frugoletto in braccio a Lady Diana – sta vivendo con la sua diletta signora Meghan nuovi momenti di effervescenza mediatica, parrebbe oltretutto ben remunerata, in una dimensione di conflitto globale con la famiglia reale.

Lungi da noi voler mettere becco in mezzo a cotanta nobiltà che sembrerebbe promettere sfrigolii di fioretti incrociati tra parenti prossimi, noi aborrendo peraltro il sangue versato nei duelli, anche quando è blu, riflettiamo per un momento sulle virtù della monarchia. Che è un tutt’uno, nel mondo moderno, con la successione dinastica. In Europa, ad esempio, su dodici monarchie (compresi principati e granducati), dieci sono ereditarie. Trovano vie diverse per la successione al trono solo quella della città del Vaticano (sì, perché dal punto di vista della catalogazione dei poteri del Capo della Chiesa cattolica sul territorio del Vaticano e sul popolo dei fedeli, saremmo in regime di monarchia assoluta), che è elettiva, e del Principato di Andorra, che è ex officio, e cioè retta da un diarcato rappresentato dal Vescovo di Urgell e dal Presidente francese.

È vero che nelle monarchie europee la figura del re è in genere poco più che esornativa, simbolica, insomma non particolarmente significativa dal punto di vista dei poteri concreti, tuttavia, lasciando stare i profili di carattere giuridico, resta, a noi abituati a veder cambiare capi di Stato a scadenza fissa e sulla base di un voto democratico, qualche punto interrogativo. La domanda è: ma come può uno Stato moderno accettare che al suo vertice si avvicendino capi chiamati a regnare fin quando campano e per di più scelti non dal popolo, bensì dalla fortunosa combinazione dei geni, scommettendo sui migliori auspici di Mendel? A pensarci bene, al netto dell’aura disneyana con principi e principesse da favola, c’è qualcosa d’ingombrante e pochissimo romantico nella posizione del cittadino nel regno: egli è un suddito, obbligato all’inchino. Dunque piuttosto che essere parte del popolo sovrano il cittadino è sottoposto al potere del re che reca in sé qualche rimembranza, seppure stinta nella luce artificiale della modernità, di una legittimazione metafisica (“Dio me l’ha data e guai a chi la tocca”) che fa sconfinare la sua egemonia in uno spazio in cui il patrimonio fatto da cose e quello fatto da umani si mischiano senza problemi di distinzione. Insomma: eco d’antiche cose. Ora, romanticismi, favole disneyane e araldica nobiliare a parte, sorge spontanea la domanda: e se il destinato al ruolo di sovrano, pur non denunciando evidenti segnali d’infermità fisica o mentale tale da inabilitarlo, semplicemente non fosse all’altezza del ruolo, perché i sudditi dovrebbero piangerselo, pur non gradendolo, vita (sua) natural durante?

L’inquietante domanda, che trova più rassicuranti risposte nel contenuto prevalentemente celebrativo delle monarchie contemporanee europee, in massima parte poggiate su forme di governo parlamentari, resta dunque un punto interrogativo retorico, che non intaccherà di un millimetro gli affari dei tabloid col gossip sulla real famiglia inglese e il merchandising con l’oceano di carabattole vendute ai turisti davanti a Buckingham Palace o al Palazzo del Principe di Monaco.

La differenza tra una monarchia e una Repubblica in Europa? È presto detto: mentre può capitare di accostare alle labbra una tazza da tè con la faccia della buonanima Regina Elisabetta che accenna un sorriso contegnoso stampato sul davanti, vicino al manico, è del tutto esclusa la possibilità di bersi un boccale di birra con il viso di Mattarella che occhieggia austero con le goccioline di schiuma che gli cascano in testa. Siamo laicamente salvi (almeno per adesso).

Phisikk du role - Harry, il più fico del reame

La differenza tra una monarchia e una Repubblica in Europa? È presto detto: mentre può capitare di accostare alle labbra una tazza da tè con la faccia della buonanima Regina Elisabetta, è del tutto esclusa la possibilità di bersi un boccale di birra con il viso di Mattarella. Siamo laicamente salvi (almeno per adesso). La rubrica di Pino Pisicchio

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