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Una crisi lenta, ma inesorabile. In Cina i bei tempi del Pil a due cifre sembrano andati da un pezzo. Colpa di un debito corporate sfuggito di mano, di un mercato immobiliare imploso e di un corto circuito bancario che in pochi avevano previsto. Gli esperti del Csis, il Centro per gli studi strategici e internazionali, hanno provato a capire che cosa stia succedendo in Cina. E perché la crisi in atto non è violenta, fulminea, ma formato slow motion. Non per questo meno preoccupante.

“Non sorprende che la Cina stia ora affrontando diffuse difficoltà finanziarie, con altre in arrivo man mano che i problemi del settore immobiliare emergono all’interno del sistema. Una bolla creditizia di proporzioni storiche che ha guidato la crescita della Cina nell’ultimo decennio sta esplodendo un poco alla volta e rallentando l’economia. I default su più asset class, insieme ai fallimenti di banche e altri istituti finanziari, hanno sollevato nuove domande tra i depositanti e gli investitori su quando Pechino finalmente interverrà con più forza”, premettono gli economisti del Csis.

Epicentro del terremoto, il mattone. “Il settore immobiliare è prevedibilmente al centro della tempesta, poiché rappresenta circa il 24% del Pil cinese, proporzioni simili nel numero di occupati complessivi e circa il 30-35% del flusso di credito totale. I ricavi delle vendite del settore sono diminuiti del 31,4% nel solo 2022, lasciando le società incapaci di completare le case vendute nel 2020 e nel 2021”. Problema, capire se e quando Pechino interverrà per salvare il mattone, cosa che finora non ha fatto.

“Gli investitori sono rimasti delusi dall’aspettarsi costantemente che Pechino li salvasse. Ancora oggi, con l’aumento dei problemi del settore immobiliare, gli investitori discutono apertamente su quale livello di insolvenza o stress economico e finanziario servirà per convincere Pechino a intervenire finalmente. Per questo la credibilità di Pechino continua a erodersi e ciò avrà un impatto sulla fiducia dei mutuatari e degli investitori e rallenterà ulteriormente la crescita complessiva del credito, indebolendo la crescita degli investimenti e l’economia in generale”.

Non è finita. “Le ricadute sul mercato immobiliare cinese sono un ottimo esempio di questa crescente avversione al rischio. Il mattone è stata l’attività che ha beneficiato maggiormente della rapida espansione del credito cinese nell’ultimo decennio. La rapida crescita del credito ha alimentato un ciclo auto-rafforzante di aumento dei prezzi degli immobili, maggiore attività edilizia, aumento dei prezzi dei terreni e delle entrate fondiarie per i governi locali, una crescita economica più forte e quindi una ulteriore crescita del credito al settore e prezzi ancora più elevati di proprietà e terreni. La proprietà è stata la bolla patrimoniale che non è scoppiata per due decenni proprio perché c’era un’aspettativa diffusa che i governi locali dipendessero dal mercato e dall’aumento dei prezzi dei terreni, quindi non avrebbero mai potuto permettere che fallisse”. Ma non è andata così.

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