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L’Italia sta affrontando da sola l’inverno più duro della sua storia recente e non si vedono all’orizzonte slanci di solidarietà da parte europea ed occidentale, anche perché persino la Germania, soffre di una crisi strutturale superiore alla nostra, che sta gestendo in chiave strettamente nazionalistica cercando di scaricare parte delle sue sofferenze su di noi. Su questo scenario poco rassicurante si aggiungono gli ultimi dati fornitici dall’Indagine sulle aspettative di inflazione e di crescita di Bankitalia.

Le ultime notizie sono disastrose: crollano i consumi di auto, quelli dell’abbigliamento e degli alimentari, i prezzi del carrello della spesa sono aumentati del 12,8%, superando l’11% del 1983. L’inflazione è, ormai, secondo l’Istat, del’11,8%; i beni energetici sono aumentati solo in agosto scorso del 44,9%. Ed anche il futuro si presenta nero. Infatti è venuto meno l’impulso della domanda e le imprese non prevedono una ripresa nei prossimi mesi, secondo l’indagine curata da Tullia Padellini e Marianna Riggi, tra il 25 agosto e il 15 settembre 2022, presso le imprese italiane dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti.

Nel terzo trimestre del 2022 le imprese che ritengono che la situazione economica generale sia peggiorata rispetto al trimestre precedente è aumentata di 14 punti percentuali, giungendo al 77,9 per cento. La probabilità di un miglioramento sarebbe nulla per circa il 60%. Tra gli ostacoli alla crescita dell’attività produttiva continuerebbero a prevalere l’incertezza imputabile a fattori economici. Sono anche aumentate le quote di aziende che prevedono un effetto fortemente negativo della domanda o delle condizioni di accesso al credito.

Per il 31,2% delle imprese le difficoltà legate al costo dell’energia si sono accresciute rispetto al trimestre precedente. Il quadro è particolarmente sfavorevole per le aziende edili, tra le quali il 73% ha riscontrato difficoltà analoghe o superiori rispetto al trimestre precedente (da 68,1), analogamente del 65,2 per quelle dell’industria in senso stretto (da 56,9) ed al 43,7 di quelle dei servizi (da 35,4). Per effetto degli elevati costi energetici, oltre due terzi delle imprese prevedono di aumentare i propri prezzi di vendita nei prossimi tre mesi. Continuano poi ad aumentare i problemi di approvvigionamento di materie prime e di input intermedi che hanno interessato circa il 60 per cento delle aziende dell’industria in senso stretto e dei servizi e circa l’85 per cento di quelle delle costruzioni.

Sono peggiorate anche le condizioni per investire, tornando sui livelli di inizi 2020, nella prima fase della pandemia. Solo le prospettive dell’occupazione nel quarto trimestre rimangono nel complesso favorevoli e le attese sono più favorevoli nel comparto delle costruzioni mentre è attesa un’inflazione, in media, al 7,5 per cento tra sei mesi, a 6,9 tra 12 mesi, a 5,7 tra 2 anni. Tutti i listini sono stati rivisti, rispetto a un anno prima del 9,3 per cento.

In conclusione tutto ci porta a sostenere che bisognerà intervenire con manovre pesanti e con immediatezza, se si vuole evitare che decine di migliaia di aziende chiudano in questo frangente per non riaprire mai più. Per questo il nuovo governo dovrà avere il coraggio di dire le cose come stanno, attrezzandosi anche sotto l’aspetto culturale e della comunicazione, perché la pace sociale del Paese non è mai stata cosi in pericolo.

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Tutto ci porta a sostenere che bisognerà intervenire con manovre pesanti e con immediatezza, se si vuole evitare che decine di migliaia di aziende chiudano in questo frangente per non riaprire mai più. Il commento di Riccardo Pedrizzi

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