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In questi circa quaranta giorni giorni che ci separano dalle elezioni molte cose devono accadere per consentire alle imprese cartarie di non compromettere la propria competitività e di rimanere al servizio del Paese come un settore essenziale, come definito nel 2020 all’inizio della pandemia e dalle linee guida Ue sugli Aiuti di Stato.

Storicamente l’istanza dei settori energivori è stata sempre quella di essere messi nelle stesse condizioni di competitività dei nostri concorrenti europei per quanto concerne i costi energetici.

Con prezzi del gas a 200 euro/Mkwh, inevitabilmente, molte aziende potrebbero fermare le macchine per l’impossibilità di trasferire tali costi sui clienti e sull’intera filiera.

Ma l’emergenza di questi giorni, straordinaria e impossibile da affrontare come imprese gasivore, è la mancanza di offerte per rinnovare i contratti del gas per il prossimo anno termico che inizia a ottobre.

Il mercato del gas è letteralmente sparito, mentre le imprese (incluse quelle cartarie) lottano nel mercato alla ricerca di commesse per il prossimo autunno.

È l’emergenza di questi giorni, che coinvolge certamente le istituzioni, ma che non può vedere estranee le forze politiche che hanno contribuito a creare le condizioni per diminuire la dipendenza dalla Russia e che stanno completando e definendo agende e programmi.

Nella nostra Assemblea pubblica del 24 giugno, abbiamo registrato un andamento del settore cartario che, nonostante il rialzo da record dei costi dell’energia (e anche delle materie prime), ha chiuso con una produzione 2021 che è tornata ai livelli del 2007, con più di 800 mila tonnellate nel riciclo della carta rispetto all’anno precedente. Non sono dati sufficienti a descrivere il settore, che rimane vitale ed essenziale con i suoi 8 miliardi di euro di fatturato (con una filiera che ne vale in totale circa 25).

Il governo in questo periodo credo abbia creato il contesto giusto per non rimanere indietro e, anzi, per fare tanti passi avanti, non solo con le misure, ma con un’autorevolezza senza pari.

Pur in una situazione di crisi, si sta “correndo il rischio” di concretizzare l’idea di fare dell’Italia un hub energetico, grazie ai tanti accordi conclusi dall’Italia e ai due nuovi rigassificatori.

Due ulteriori buone notizie sono l’estensione del credito d’imposta per gli energivori al terzo trimestre con l’ultimo Decreto Legge Aiuti di venerdì scorso e la rimozione del “de minimis” avvenuto proprio in Parlamento la scorsa settimana.

Intanto, anche la procedura della gas release si sta mettendo in moto, mentre l’auspicio è che il raddoppio del Tap possa contribuire ad una maggiore liquidità del mercato e che un price cap venga finalmente adottato a livello Ue.

Ma la vera emergenza “energetica” di questi giorni (al contrario di quanto avveniva negli anni passati, tra luglio e agosto) è la mancanza di offerte sui tavoli aziendali per rinnovare i contratti, nonostante l’instancabile ricerca da parte delle imprese.

Un Paese che così rapidamente ha diversificato gli approvvigionamenti per evitare una situazione di crisi più grave e che ha raggiunto un buon livello di riempimento degli stoccaggi, non può ignorare che non vengono fatte offerte alle imprese per i rinnovi dei contratti di fornitura di gas, ormai a ridosso del prossimo anno termico che inizia a ottobre.

Questa situazione può diventare quella che determina la sopravvivenza di interi comparti industriali.

Chissà che il Ferragosto (come una sorta di Natale estivo) non porti sui tavoli aziendali le offerte per i rinnovi dei contratti del gas.

 

Lettera di un gasivoro (prima di Ferragosto, il Natale estivo)

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