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L’inerzia della guerra nell’est ucraino, dove si snoda l’invasione russa da circa due mesi, sembra essersi parzialmente invertita, con le forze di Kiev che stanno subendo un arretramento. Il punto di penetrazione è l’area di Popasna, al confine tra l’Oblast di Luhansk e quello di Donetsk – le due autoproclamate repubbliche autonome del Donbas che la Russia ha riconosciuto nei giorni precedenti all’aggressione.

Popasna è quello che in termini militari si definisce un “saliente”: una parte del teatro di battaglia in cui le truppe russe (in questo caso) si muovono all’interno di un territorio più o meno controllato dagli ucraini – in fase “rientrante”. Sarà determinante vedere come nei prossimi giorni le forze di Mosca e i ribelli filo-russi riusciranno a proteggere la penetrazione. Un saliente più è approfondito e più mette in difficoltà l’avversario, ma al tempo stesso questo (nel caso gli ucraini) potrebbero essere in grado di tagliare l’attaccante e isolarlo in una sacca.

Per ora per Mosca ci sono due buone notizie: Lyman, a nord di Popasna e Svitlodarsk a sud sarebbero in mano ai russi, e questo forma protezione alla penetrazione che punta dritta – direzione est-ovest – verso Kromatorsk. Da lì la Russia potrebbe saldare i guadagni occidentali e quelli meridionali e chiudere un’ampia fetta di controllo del Donbas. È una previsione potenziale che comunque sia dovrà passare dai fatti del campo.

Questa fase è delicata, perché potrebbe aprire verso quelle evoluzioni che forse il Cremlino aspetta prima di andare avanti con eventuali negoziati. Dall’altra parte Kiev ha piena consapevolezza che non può permettersi di arretrare, perché questo potrebbe far cambiare la posizione politica esterna a proprio sostegno.

Gli ucraini non possono accettare nemmeno un cessate il fuoco, perché a questo punto il fronte si trasformerebbe in un confine (come successo per esempio con la Guerra di Corea), fornendo a Mosca ulteriori parti di territorio occupato che potrebbero congelarsi sotto il proprio controllo.

La situazione di Popasna è una minaccia per l’Ucraina, ma dipende molto dalle capacità russe di acquisire slancio, e questo a sua volta è legato all’organizzazione dell’attacco e all’efficienza della catena logistica. I recenti guadagni russi nel Donbas, nonostante un vantaggio militare relativamente debole per ora, suggeriscono che le forze ucraine stiano subendo un logorio significativo, ma la situazione resta fluida.

Potrebbero mancare armi a Kiev, e gli ucraini potrebbero aver subito più perdite del previsto, il presidente Volodymyr Zelensky ha parlato di un intervallo di 50-100 morti in battaglia (KIA) al giorno. Soni tanti. Determinante è il supporto dall’esterno, come è sempre stato durante tutti questi tre mesi di guerra: la capacità di combattimento dell’Ucraina dipende dalla quantità, qualità, velocità con cui riesce a ricevere armi da Stati Uniti e Paesi europei.

Sebbene resti un’incognita: non si conoscono le reali condizioni dell’esercito ucraino. L’amministrazione Zelensky ha accuratamente gestito l’ambiente informativo del conflitto (l’information warfare) e ha deciso di comunicare al minimo la reale condizione delle truppe e praticamente niente sul numero delle stesse, al fine di non rischiare di avvantaggiare l’avversario  — anche per questo la definizione del numero di KIA è particolare, anche se potrebbe essere un’operazione psicologica per convincere i Paesi che lo sostengono a fare ancora di più.

Secondo Michael Kofman, direttore degli Studi sulla Russia al CNA di Arlington, il supporto occidentale – che sta continuando, al fronte starebbero arrivando i primi obici FH70 italiani – fornisce un equilibrio militare complessivo ancora a favore dell’Ucraina, ma l’equilibrio locale nel Donbas in questa fase è un’altra storia. La Russia sta guadagnando terreno, sebbene per Kofman ci sia il rischio di sopravvalutare la situazione è per esempio l’Ucraina potrebbe contrattaccare sull’offensiva a Popasna.

“Dubito che vedremo emergere una situazione di stallo, ma piuttosto pause operative che la gente sarà tentata di dichiarare come una situazione di stallo”, spiega l’analista statunitense, ipotizzando che il campo di battaglia resterà dinamico. Un aspetto che rende potenzialmente ancora distante il momento negoziale (politico) reale.

Le guerre finiscono in due modi: o una forza riesce a sopraffare l’altra, oppure si raggiunge un punto in cui una delle forze si riconosce incapace di portare avanti i propri obiettivi e accetta l’avvio di compromessi. Attualmente né l’Ucraina né la Russia sono nella posizione di poter accettare un dialogo che implicherebbe in automatico un compromesso al ribasso dei propri obiettivi generali – per Mosca quanto meno l’intero Donbas, per Kiev il ritiro russo.

L’evoluzione del conflitto racconta che di fatto è ancora presto per comprenderne l’esito. È vero che (come in parte sta accadendo) l’Ucraina potrebbe perdere terreno in breve tempo, ma è altrettanto vero che non c’è possibilità di valutare realmente quanto la Russia sarebbe capace di mantenere (e poi capitalizzare) i propri guadagni.

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