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L’Ue sembra impantanata sul fronte dell’energia. Sta aumentando la pressione trasversale per tagliare le importazioni di idrocarburi russi, le quali finanziano indirettamente l’invasione dell’Ucraina. Ma il veto ungherese e le resistenze tedesche ostacolano l’approvazione di nuove sanzioni su petrolio e gas, che secondo il capo della diplomazia europea Josep Borrell hanno fruttato al Cremlino 35 miliardi di euro dall’inizio della guerra. Come previsto, la ministeriale di oggi (lunedì 11 aprile, ndr) non ha causato nessun progresso significativo.

Venerdì Volodymyr Zelensky aveva criticato, seppur implicitamente, la reticenza di Berlino e Budapest. Poi domenica ha parlato con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e nel discorso serale ha detto che la posizione tedesca “è recentemente cambiata a favore dell’Ucraina”. Ma anche se la Germania fosse davvero pronta a sostenere l’embargo su gas e petrolio è molto improbabile che il premier ungherese, l’appena rieletto e notoriamente filorusso Viktor Orbàn, si faccia convincere.

Così Bruxelles prende tempo. Venerdì il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha convocato un vertice straordinario dei capi di Stato europei per il 30 e 31 maggio, scrivendo su Twitter che i temi sul tavolo sarebbero stati “difesa, energia e Ucraina”. Ma la posizione attendista ha il sapore di un’ammissione di impotenza. Specie considerando le ultime parole di Andrei Illarionov, già consigliere di Vladimir Putin e sherpa russo del G8 dal 2000 al 2005, secondo cui un “vero embargo” sull’energia russa potrebbe far finire la guerra in un mese, massimo due.

Il Parlamento europeo ha votato a favore dell’embargo, gli ufficiali europei lo caldeggiano, ma la decisione spetta agli Stati. Oltre ai Paesi baltici, che lo hanno imposto unilateralmente, non si è fatto avanti nessun altro Stato europeo. Ci sono, però, dei lavori in corso a Bruxelles che suggeriscono come l’Ue intenda disassuefarsi dal gas di Putin. La Commissione ha annunciato che venerdì si è tenuta la prima riunione della “Piattaforma dell’energia” per l’acquisto comune di gas, gas naturale liquefatto (gnl) e idrogeno. L’obiettivo, ricorda David Carretta de Il Foglio, è garantire l’approvvigionamento energetico europeo a prezzi accessibili ed eliminare gradualmente la dipendenza dal gas russo.

Secondo la commissaria all’energia, Kadri Simson, l’Unione “deve utilizzare il proprio potere politico e di mercato collettivo sui mercati globali del gas”, rifacendosi, di fatto, al copione della pandemia e del procurement dei vaccini. Un approccio europeo coordinato per “garantire le importazioni di gas alle migliori condizioni possibili”, ha spiegato. La partecipazione alla Piattaforma è su base volontaria, ma i rappresentanti di tutti i Ventisette hanno partecipato alla riunione di venerdì.

All’atto pratico si parla di un meccanismo di condivisione della domanda, coordinazione nelle iniziative internazionali per trovare nuovi fornitori, e uso efficiente dell’infrastruttura del gas (in particolare, scrive Carretta, massimizzare l’assorbimento delle importazioni di gnl, rispettare gli obblighi di stoccaggio del gas e garantire la sicurezza dell’approvvigionamento). Una dinamica del genere è stata auspicata da Mario Draghi e i leader di altri Paesi mediterranei, assieme al tetto al prezzo del gas, su cui si registra un ammorbidimento dei “frugali” nordici, come emerso dal confronto del premier italiano con quello olandese Mark Rutte.

Parallelamente, proprio l’Olanda sta ponderando di seguire l’esempio tedesco e nazionalizzare un impianto di stoccaggio del gas posseduto da Gazprom. L’obiettivo, in linea con l’intento europeo, è quello di garantire il suo riempimento in vista del prossimo inverno – specie vista la tendenza russa durante tutto il 2021 di fornire il minor volume di gas possibile, appunto per accentuare la necessità europea di gas e conseguentemente aumentare la leva a disposizione dello zar.

Berlaymont Commissione Ue

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