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Tra i settori colpiti dagli impatti dell’invasione russa dell’Ucraina c’è anche lo Spazio. Mosca, infatti, ha deciso di rispondere alle sanzioni europee ritirando la propria partecipazione a diversi progetti comuni, una mossa che rischia di colpire persino la Stazione spaziale internazionale. Ne ha parlato ad Airpress l’ingegnere ed esperto aerospaziale, Marcello Spagnulo.

Dopo le sanzioni europee a Mosca, i tecnici spaziali russi sarebbero pronti a lasciare il Centro spaziale di Kourou, in Guyana francese. Quali potrebbero essere le conseguenze per le missioni spaziali del Vecchio continente?

Nel breve periodo ciò significa uno stop dei voli programmati nell’agenda di lanci della società Arianespace che prevedeva quest’anno otto lanci del razzo Soyuz, di cui cinque dal cosmodromo russo di Baikonur in Kazakistan e tre dalla Guyana francese, il primo dei quali avvenuto il 10 febbraio scorso. Quindi a breve ci sono due gravi conseguenze. Primo, l’Europa aveva previsto di imbarcare ad aprile sulla Soyuz anche due nuovi satelliti della costellazione Galileo per la radionavigazione e sebbene questo stop non pregiudichi il funzionamento della rete in orbita, un backup va trovato al più presto. Secondo, la società europea Arianespace potrebbe ritrovarsi ancora una volta a perdere terreno commerciale dopo essersi assicurata nel 2020 il contratto per 16 lanci sulle Soyuz – e non sul Vega – della costellazione OneWeb, riemersa dal fallimento e acquistata dal governo inglese. Ora Londra potrebbe rivolgersi a un provider privato americano.

L’Europa dipende in parte dalla Russia per quanto riguarda i lanciatori, in particolare facendo affidamento sui razzi Soyuz. La crisi ucraina potrebbe essere l’occasione per riflettere sulla capacità europea di un accesso autonomo allo Spazio?

Penso che sarebbe il caso, ma detto ciò, bisogna chiarire che l’Europa non perde alcuna autonomia nell’accesso allo Spazio per effetto di questa decisione contingente, e nemmeno se si rivelasse una decisione permanente. La scelta di costruire installazioni di lancio in Guyana per il razzo Soyuz fu una decisione squisitamente politica della Francia nei primi anni duemila e che aveva motivazioni politiche e commerciali comprensibili per il periodo storico ma che comunque coinvolsero tutti i partner europei dell’Esa, inclusa l’Italia che stava proponendo il lanciatore Vega. Oggi il punto è – a mio avviso – più politico. A fronte della crisi attuale e anche ammesso che rientri nell’arco di qualche mese, forse sarebbe il caso per l’Europa di focalizzare bene la sua strategia, sia commerciale che tecnologica, nei lanciatori per il prossimo decennio.

Le conseguenze delle tensioni con la Russia coinvolgono anche la missione ExoMars che, ricordiamo, è sviluppata congiuntamente dall’Agenzia spaziale europea (Esa) e dalla russa Roscosmos…

Sì. L’Esa e la Roscosmos si stavano preparando per il lancio nell’estate del 2022 del Rover Rosalind che è attualmente in fase di test finale prima della spedizione in Kazakistan prevista a marzo. L’Agenzia spaziale europea ha, infatti, comunicato che ciò non avverrà e il lancio nel 2022 è altamente improbabile. Per l’Europa è un brutto colpo. Per ExoMars bisognerà attendere altri anni e trovare un altro veicolo di lancio (ricordo che nel 2009 furono gli americani a negare un loro Atlas all’Esa), e ovviamente stanziare nuovi fondi per il programma. Non proprio un a situazione ideale.

A suo avviso il conflitto attualmente in corso in Europa orientale potrebbe avere ulteriori conseguenze anche su altri programmi spaziali internazionali?

Sì, soprattutto sulla Stazione spaziale internazionale (Iss) che è stata pensata tecnologicamente e politicamente negli anni Novanta del secolo scorso. Oggi il mondo è cambiato. Da anni i russi manifestano insofferenza verso questa partnership, e si tratta di tattiche comprensibili date le sfide geopolitiche portate dal confronto eso-atmosferico tra Usa, Cina e Russia stessa. A cui si aggiunge l’aggressività dei privati statunitensi che monopolizzano i servizi spaziali e progettano nuove stazioni orbitanti commerciali in sostituzione della Iss. Il tweet del capo di Roscomos in risposta alle sanzioni proposte da Joe Biden nel settore aerospaziale, è stato a mio avviso davvero eloquente. “Vuoi distruggere la nostra cooperazione sulla Iss? Oppure vuoi gestirtela da solo? Sappi che a proteggere la Iss dai tanti detriti spaziali prodotti dai talentuosi uomini d’affari americani che inquinano l’orbita sono i motori delle navette cargo Progress”. Al di là della retorica della propaganda del momento, la frattura geopolitica non potrà non avere conseguenze nello Spazio e a mio avviso dobbiamo aspettarci nuovi progetti sino-russi al di fuori dell’atmosfera terrestre e nello Spazio profondo.

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