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Tutto può essere, con Francesco più che con altri. Ci mancherebbe. Anche perché il ginocchio non sembra proprio andar bene e il papa ha agende durissime. Ma già qui emerge una novità tanto reale, non ipotetica, quanto importante, che però non si è notata a sufficienza. Un tempo i papi disponevano della sedia gestatoria, ne serbo memoria anche io, che non sono certo nato nell’ Ottocento. Ora però un papa che non può camminare si sposta con la sedia a rotelle. È un malato, purtroppo, e si sposta come gli altri malati e prima camminava come gli altri sani, senza problemi di deambulazione. Si portava  la cartella sotto braccio, in aula Nervi, e la riportava con sé, sempre sotto braccio, quando rientrava a Santa Marta. O si portava la borsa con lo spazzolino, il rasoio, il dentifricio, il breviario, un libro, qualche altro effetto personale, in aereo. È tutto parte dello stile-Bergoglio. È tutto parte della rivoluzione-Bergoglio. Il papa è un essere umano, non un semi-dio. Anche la malattia così entra nella rivoluzione umana di Jorge Mario Bergoglio, l’uomo che ha messo in garage le limousine, perché quelle pochi umani le usano.

Le ipotesi più strampalate, e infondate, hanno accompagnato il pontificato di Francesco dal 2015. Allora fu un inesistente tumore al cervello a far breccia nel mondo dell’irreale, dell’inventato. Molto altro, purtroppo, è seguito. Purtroppo per i responsabili e per noi.  Ora appare proprio strampalato questo parlare di dimissioni del papa. Certo, la salute dei papi è da sempre un mistero e tale per noi rimane, anche se Francesco ha rotto questa consuetudine dando lui le notizie sui suoi malanni che magari i comunicati ufficiali non dettagliavano. Ma la novità, come dice la stessa parola, è nuova, non siamo abituati. E quindi la sorpresa può essere sempre dietro l’angolo per noi. Una considerazione però appare talmente logica da far pensare di nuovo male. Due presidenti emeriti di una qualsiasi Suprema Corte ci saranno in tanti Paesi, se ci fossero però due papi emeriti suonerebbe strani anche in una Chiesa cattolica al centro di grandi cambiamenti. Basta questo a ritenere almeno capziose alcune ipotesi di imminenti dimissioni di Francesco. Addirittura già programmate per fine agosto, quando Francesco lascerà Roma per poche ore per recarsi, primo papa della storia, a L’Aquila per la festa della perdonanza. Ma siccome la perdonanza fu istituita da Celestino V, il papa del “gran rifiuto”… E così passa in secondo piano anche l’importanza che il perdono, con la misericordia, ha nel pontificato di Francesco. A nessuno interessa pensare che magari la sorpresa c’è, ma potrebbe riguardare proprio il perdono. Magari il perdono e la guerra, chissà… Ma questo non interessa molto, non stimola. Perché?

Ma di questa novità, ennesima novità, la malattia umanamente vissuta e gestita dal papa, poco si parla. Forse perché intorno a San Pietro oltre a qualcuno che immagini davvero che Francesco  stia per dimettersi, tra poche settimane, come è pur sempre possibile, c’è forse anche qualcuno che vorrebbe che si dimettesse. Si vogliono agitare le acque, dare un’idea di instabilità, di governo precario, di fine-epoca, di tramonto?

Il tramonto fa parte della giornata, di ogni giornata, di ogni vita. Nessuno ha paura di ammettere che ci sia un tramonto anche per il papa della rivoluzione umana del papato. Il papa che chiama al telefono, come facciamo noi, che va sulla sedia rotelle, come facciamo noi se abbiamo un brutto problema a una gamba, che augura buon giorno, come dovremmo fare anche noi e spesso facciamo, ancora, parlando col prossimo. Il tramonto è un fatto naturale, non c’è da averne paura. Ma non può essere imposto quando ci garba. Ancor di più non può essere invocato, chiamato, auspicato: arriva quando deve arrivare, quando c’è.

Dal punto di vista culturale questa agitazione da dimissioni possibili è molto importante. Da una parte dice quanto forte sia stato l’impatto delle dimissioni di Benedetto: nessuno lo immaginava, nessuno ci pensava neanche come ipotesi. Quindi un programma un po’ inatteso risveglia la sorpresa, induce a mettere le mani avanti. Vuoi vedere che arriva un’altra sorpresa? Meglio essere pronti. Questo è normale. Ma io sento anche ansia, o speranza, di tramonto. E questo non è normale e dice quanto forte sia ancora il sole per chi aspetta le tenebre, quanto significativa sia l’opera innovatrice per chi sogna retromarce.

Proprio la Costituzione Apostolica “Predicate Evangelium” che riforma la Curia Romana lo dice, lo conferma. Non per i nomi che salgono o scendono. Non per gli uffici che entrano o escono. Lì si può vedere qualcosa, certo, che piace o non piace, si capisce o non si capisce. Ma è altrove la forza di questa Costituzione che forse con questo dibattito si vuole offuscare. Basta leggere il punto 8 del preambolo, che chiarisce cosa sia questa Curia Romana, cioè gli uffici vaticani: “La Curia Romana è al servizio del papa, il quale, in quanto successore di Pietro, è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli. In forza di tale legame l’opera della Curia Romana è pure in rapporto organico con il Collegio dei Vescovi e con i singoli Vescovi, e anche con le Conferenze episcopali e le loro Unioni regionali e continentali, e le Strutture gerarchiche orientali, che sono di grande utilità pastorale ed esprimono la comunione affettiva ed effettiva tra i Vescovi. La Curia Romana non si colloca tra il papa e i Vescovi, piuttosto si pone al servizio di entrambi secondo le modalità che sono proprie della natura di ciascuno”.

Questa è un’idea di governo che nell’epoca della globalizzazione reale, che sta fallendo, può spiegare al mondo come curarsi, per non frantumarsi.

Chi vorrebbe le dimissioni di papa Francesco

Dal punto di vista culturale questa agitazione da dimissioni possibili è molto importante. Dice quanto forte sia stato l’impatto delle dimissioni di Benedetto: nessuno lo immaginava, nessuno ci pensava neanche come ipotesi

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