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Che il sistema internazionale contemporaneo presenta in massimo grado le caratteristiche proprie dei sistemi complessi o che la politica internazionale è oggi un processo caotico in senso stretto sono affermazioni che rischiano di apparire banali, scontate, retoriche. Tuttavia, non altrettanto banale è trarne le conseguenze, analitiche e operative, quando si affrontino temi cruciali della politica estera e di sicurezza nazionale.

Da oltre trent’anni il sistema internazionale seguito alla “catastrofe geopolitica” della fine della Guerra fredda vive in condizione di turbolenza. La “ricerca insistente, a volte quasi disperata, di un’idea d’ordine”, come l’ha definita Henry Kissinger, ne è segno caratterizzante. Da qui i tentativi volti a prevedere quando e in che forma, al termine della lunga transizione che staremmo vivendo, si consoliderà un nuovo ordine. Prenderà quest’ordine la forma di un back to the future, con il ritorno alla configurazione sistemica bipolare, a una nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina? Oppure il salto all’indietro sarà maggiore e assisteremo al riconsolidarsi dell’equilibrio di potenza tra un ristretto numero di Grandi (Stati Uniti, Cina, Francia, Giappone, forse India e meno probabilmente Europa)? O verrà il tempo delle nuove potenze regionali (i vecchi Brics, con l’aggiunta di Turchia e Iran, o almeno parte del G20 o del gruppo dei 15)? Oppure emergerà un inedito tripolarismo Stati Uniti, Cina, Francia? O, infine, salterà invece la possibilità stessa di utilizzare il criterio classificatorio dei sistemi internazionali basato sulla distribuzione della potenza e il sistema, “apolare”, si sbriciolerà in un neo-medioevalismo post-globale?

Ognuno di questi scenari è stato più volte proposto, a partire dai primi anni Novanta, quando a essi si univa anche quello dell’unipolarismo americano rapidamente dimostratosi irrealistico. Ognuno di essi si è dimostrato fallace e non vi sono segni che lascino intendere il possibile consolidamento dell’uno o l’altro nel breve e medio periodo. Il fatto è che sono le caratteristiche stesse della politica internazionale contemporanea a rendere inadeguata la maniera tradizionale di rappresentare il sistema di cui quella politica è prodotto. I sistemi complessi possono essere definiti in maniere le più diverse. Un aspetto, tuttavia, tipico di tali sistemi, che appare immediatamente evidente osservando la politica internazionale contemporanea, è la natura paradossale e contraddittoria dei fenomeni che in essi hanno luogo.

Così, ai processi di internazionalizzazione e integrazione propri del sistema della compiuta globalizzazione fanno riscontro uguali e contrarie spinte alla differenziazione e frammentazione; all’evidente erosione della sovranità nazionale corrisponde la “super-sovranità” di alcuni attori, nonché l’importanza dell’azione dello Stato quale unico freno alle peggiori conseguenze della globalizzazione rispetto agli interessi delle comunità nazionali; all’universalismo il particolarismo; alla spinta omologazione quella verso la differenziazione e via discorrendo. Allo stesso modo, laddove il bipolarismo Stati Uniti-Unione Sovietica si traduceva nella contrapposizione di due sistemi politici, economici e sociali auto-referenziali, niente affatto interdipendenti, il rapporto tra Stati Uniti e Cina si sostanzia, invece, tanto nel conflitto che da sempre contrappone la potenza che difende lo status quo alla potenza emergente, quanto nell’interdipendenza economica e finanziaria dei due attori. Così, laddove la logica geopolitica tradizionale vorrebbe la Federazione Russa quale alleato ideale degli Stati Uniti per bilanciare l’ascesa cinese, e la Cina “naturale” e temibile avversario di Mosca nel quadrante estremo orientale della massa euroasiatica, assistiamo invece al rinfocolarsi del conflitto tra Nato e Federazione Russa e all’alleanza tra Cina e Russia.

Discorso analogo potrebbe esser fatto per il rapporto russo-turco. Non solo, del sistema internazionale caotico paiono evidenti almeno altre due caratteristiche. Da un lato, l’accelerazione della storia, legata ma non necessariamente dipendente da quella dell’innovazione tecnologica. Ciò comporta il veloce passaggio dall’una all’altra configurazione politica (volatilità), dall’una all’altra sfida o minaccia (incertezza). In un paio d’anni siamo passati dall’iper-concentrazione sul fenomeno terrorismo internazionale al tema della pandemia globale, presente e futura. D’altro canto, proprio la pandemia ha mostrato in maniera tanto evidente quanto clamorosa l’incidenza che sul sistema internazionale presente e a venire possono e potranno avere le più piccole cause (un virus), in termini di massimi e devastanti effetti globali.

Infine, è altrettanto evidente l’effetto combinato, propulso dalla necessità di far fronte ai fenomeni di cui sopra, prodotto dall’avvento dell’età dell’intelligenza artificiale e della tecnologia/dominio cyber. Il sistema internazionale non è in transizione verso un nuovo/vecchio ordine, bensì già vive nelle condizioni tipiche di un nuovo ordine, ma caotico, destinato a restare tale. Conseguenze e rischi per la sicurezza nazionale non debbono certo essere evidenziate qui. In ragione di ciò, per la complessità e volatilità degli assetti internazionali presenti e futuri, la funzione di intelligence intesa quale capacità di pre-vedere rapidamente i mutamenti in atto, al servizio dell’efficacia dell’azione del decisore politico, assume oggi un’importanza ancora maggiore di quanto già non avesse in passato. Allo studio della funzione d’intelligence in questa particolare ottica è dedicato il Corso di perfezionamento post-laurea dell’Università di Firenze in “Intelligence e sicurezza nazionale”, giunto all’ottava edizione, al quale sono aperte le iscrizioni.

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“Per la complessità e volatilità degli assetti internazionali presenti e futuri, la funzione di intelligence assume oggi un’importanza ancora maggiore di quanto già non avesse in passato”. A pochi giorni dall’inizio del Corso di perfezionamento post-laurea dell’Università di Firenze in “Intelligence e sicurezza nazionale”, ecco la versione del direttore, Luciano Bozzo

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