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Negli ultimi giorni uno degli argomenti del dibattito internazionale sulla guerra in Ucraina si è incentrato sulla possibilità di chiudere, o aprire, una via di uscita per il presidente russo Vladimir Putin.

Olaf Scholz, cancelliere tedesco, non smette di credere nel potere della mediazione e per questo è impegnato, ancora, nel dialogo con il leader del Cremlino. La scorsa settimana ha parlato al telefono con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky e, dopo tre settimane di silenzio, ha sottolineato il proposito di tornare a percorrere la via diplomatica, per quanto difficile essa sia, per uscire dalla guerra.

Invece, per Kaja Kallas, prima ministra dell’Estonia, non bisogna lasciare a Putin una via d’uscita perché questo sarebbe un messaggio chiaro sul fatto che può ricominciare. In un’intervista al quotidiano francese Le Figaro, Kallas ha detto chiaramente che per lei Putin “è un criminale di guerra e non vedo motivo per parlargli”: “Più la guerra dura e più e difficile mantenere l’unità […] L’Europa deve mostrare di proteggere anche questi valori che sono i suoi”.

C’è però chi pensa che non ha senso parlare di vincitori e sconfitti in questa guerra. Timothy Snyder, storico e docente dell’Università di Yale, nonché autore di diversi libri, tra cui “Our Malady,” “The Road to Unfreedom,” “On Tyranny,” “Black Earth,” “Bloodlands,” e “Reconstruction of Nations”, ha scritto su Twitter come vede la posizione di Putin in questo conflitto, in particolare sulla vulgata che “non bisogna mettere Putin in un angolo”.

“Putin governa in una realtà virtuale – ha scritto Snyder –, dove c’è sempre una via di fuga. Non può essere messo in un angolo in Ucraina, perché l’Ucraina è un posto reale”. Lo storico spiega che “Putin è un dittatore che controlla i media del suo Paese. E se le cose vanno male, gli basta cambiare argomento”. Una pratica comune del leader russo: “L’ultima volta che la Russia ha invaso l’Ucraina, nel 2014, i suoi media hanno cambiato argomento sulla Siria da un giorno all’altro, e i russi lo hanno seguito”.

A febbraio, infatti, i media russi si sono rapidamente adattati, sostenendo che l’intervento era inevitabile, raccogliendo il consenso dei cittadini. Snyder crede che se Putin veramente perdesse, dichiarerebbe “semplicemente la vittoria in televisione e i russi gli crederanno, o faranno finta di crederci”.

In questo senso, il presidente russo non ha bisogno dell’aiuto di Occidente per crearsi una via di fuga nel mondo reale. Lui, che vive in quello virtuale, ha un controllo totale della situazione: “Forse potrebbe sbagliare e aspettare troppo a lungo per dichiarare la vittoria nel mondo virtuale. In quel caso perderebbe potere. Non possiamo certo essere noi a salvarlo da un tale errore di valutazione”. Le vie di uscita proposte, dunque, non sono necessarie, perché il potere di Putin (mediatico) finirà quando lui lo vorrà.

In Ucraina la storia è ben diversa. Snyder spiega che Zelensky, presidente eletto democraticamente, si sente responsabile del suo popolo e governa in un mondo in cui gli altri contano. Infatti, la stampa è libera e lui non cambia l’agenda dell’opinione pubblica a piacimento. Deve portare con sé le persone in qualsiasi decisione importante.

“A differenza di Putin, Zelensky deve presentare una buona ragione al suo popolo per porre fine a questa guerra. Ha quindi bisogno di aiuto, sia per vincere la guerra che per dire agli ucraini cosa verrà dopo”, aggiunge lo storico. Porre fine alla guerra – conclude – significa “pensare di più al popolo ucraino e al suo futuro, e preoccuparsi meno dei problemi che Putin in realtà non ha”.

Non ha senso cercare una via d'uscita per Putin. I tweet di Snyder

Il leader russo vive in una realtà virtuale, dove in ogni caso non c’è possibilità di sconfitta. Con la stampa schiacciata sotto il suo controllo e il controllo totale dell’opinione pubblica, è inutile cercare di “offrirgli un’uscita onorevole”, come vorrebbero in molti. Mentre Zelensky… L’analisi dello storico Timothy Snyder

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