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Siamo alla fine dell’anno ed è tempo di bilanci. Quest’anno politico si conclude con ben due poco invidiabili record ottenuti dal governo Draghi, sostenuto praticamente dall’unanimità delle forze politiche (anche Fratelli d’Italia, la principale se non unica forza di opposizione, ha spesso fatto giustamente prevalere il cosiddetto “senso di responsabilità”).

È stata votata in Parlamento la fiducia al governo numero 35 – e per un governo che può contare su una maggioranza del 90% è davvero un paradosso! Praticamente una a settimana, più di tutti i precedenti criticati e criticabili governi (Conte, Gentiloni, Renzi, Letta, Monti, Berlusconi). Io stesso, come ministro per i Rapporti con il Parlamento, nei tre anni e mezzo del governo Berlusconi IV ero riuscito a mantenere, in un periodo di forte conflittualità politica anche interna alla maggioranza, la media di una fiducia al mese, che allora pareva già tanto.

L’altro record è stata l’approvazione della manovra, la legge di bilancio, la più importante dell’anno, il 30 dicembre, con la Camera dei deputati che non ha avuto praticamente a disposizione il tempo minimo per poterla esaminare. Altre volte si era arrivati a ridosso del 31 dicembre, termine oltre il quale scatta l’esercizio provvisorio (che poi non sarebbe nulla di drammatico). Ma non era mai successo che questo accadesse con quella che era in effetti la prima lettura per la Camera, concentrata in poche ore. E la responsabilità di tutto ciò non è stata dovuta al numero degli emendamenti parlamentari o all’ostruzionismo dell’opposizione. Bensì ai fortissimi ritardi con i quali il governo ha presentato prima la manovra e poi i suoi emendamenti. Il limite, quindi, non è tanto, come in genere si dice, nelle regole e nelle procedure parlamentari ma nella natura e nella composizione del governo Draghi, che ha una maggioranza troppo eterogenea e delegazioni di ministri che, pur essendo politici, non rappresentano politicamente i propri partiti (e questo vale per Forza Italia, come per la Lega, ma pure per lo stesso Partito democratico).

Eppure, in questo fine anno è accaduto qualcosa di ancora più grave, passato nel silenzio generale, tranne la consueta meritevole eccezione di Formiche.net.

È accaduto che ieri il Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) è stato costretto a emettere un inusuale e duro comunicato nei confronti del governo. Cosa è accaduto, per determinare questa presa di posizione critica nei confronti del governo da parte del più importante e delicato organismo parlamentare? È accaduto che nel cosiddetto decreto Milleproroghe approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 23 dicembre sono state inserite norme che modificano la durata dei mandati dei vertici del Dipartimento e delle agenzie per la sicurezza. Si tratta di modifiche sostanziali, non di piccoli ritocchi (la durata passa di fatto da 4 ad 8 anni, con la possibilità di plurimi potenzialmente infiniti provvedimenti di conferma della nomina all’interno di questo enorme lasso di tempo).

Queste modifiche stravolgono il metodo parlamentare con il quale fu varata nel 2007 la legge numero 124 istitutiva dell’attuale sistema d’intelligence e dello stesso Copasir. E stravolgono anche il contenuto di quella legge che con il termine di 4 anni (è vero prorogabile, ma per una sola volta) legava la nomina dei vertici dell’intelligence alla durata dei governi. È stato tradito anche lo spirito e la lettera della legge, oltre che il rapporto fiduciario, perché tutto questo è stato fatto senza il necessario preventivo coinvolgimento del Copasir, che ieri ha proprio per questo invitato il governo ad una riflessione. Era già accaduto qualcosa del genere, ma di minore portata, e suscitò allora maggiore polemica, per una modifica introdotta in piena emergenza Covid con una norma infatti inserita in uno del decreti varati per lo stato di emergenza, per consentire, in una situazione eccezionale, che necessitava di continuità, una proroga limitata di un direttore di agenzia, che rientrava comunque all’interno del termine massimo dei quattro anni. E solo per completezza occorre pure aggiungere che nello stesso decreto Milleproroghe compaiono anche norme per consentire un ulteriore anno di mandato ai vertici di Forze Armate, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza.

Allora, in conclusione, nel formulare a tutti ma soprattutto al Paese, auguri di un buon anno nuovo, visto che a volte anche il governo dei migliori si comporta peggio degli altri governi, parafrasando un noto motto politico viene da chiedersi se “ne valeva davvero la pena”.

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