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Parola d’ordine: reagire. Matteo Salvini reagisce, e a volte improvvisa. Entro la fine dell’anno la Lega lancerà “una grande assemblea programmatica”. Nessun escluso: “Sindaci, governatori, parlamentari, eurodeputati, membri del governo”.

Quando la velina prende il volo su whatsapp coglie di sorpresa tutti, anche i leghisti. In che senso “un’assemblea programmatica”? Il dubbio serpeggia sulle chat dei parlamentari alla vigilia del Consiglio federale, convocato per giovedì pomeriggio, dove il segretario entrerà nei dettagli.

Risponde così, Salvini, alle critiche piovute ancora una volta dal suo vicesegretario e ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Non che siano una novità. L’intervista pubblicata nell’ultimo libro di Bruno Vespa, “Perché Mussolini rovinò l’Italia (e perché Draghi la sta risanando)” (Mondadori Rai Libri), torna su un copione già letto. Nessuno, non di certo Salvini, si stupisce quando sente Giorgetti lanciare la candidatura di Mario Draghi al Quirinale, o sbuffare per le sirene sovraniste che ancora seducono la Lega a Bruxelles.

E però è arrivato il momento di un chiarimento, en plein air. Basta sospiri e sbuffi di corridoio, chi ha da ridire esca allo scoperto. Sono le modalità e le tempistiche a lasciare di stucco i parlamentari leghisti. Un po’ perché la maggior parte di loro ha saputo dell’assemblea dalle agenzie stampa. Un po’ perché una kermesse così ampia non ha precedenti. La storia del Carroccio è fatta di comandanti e comandati, di leader che danno la linea e militanti che la seguono. Un’assemblea così ampia, oltre a risolversi in un nulla di fatto, può rivelarsi un’arma a doppio taglio, anche per il “Capitano”.

Il clima non è dei migliori. Tra i fedelissimi del segretario c’è chi si dice “stufo” dell’ennesima stoccata di Giorgetti. Il rischio, spiega uno di loro, è che la zuffa ai vertici stanchi prima di tutto gli elettori. Con loro i militanti, che da qualche settimana hanno già i nervi tesi. Hanno passato mesi, fermi ai gazebo, a raccogliere le firme per i referendum sulla Giustizia promossi dalla Lega insieme ai Radicali, da Nord a Sud. Per poi scoprire che la Cassazione le ha ritenute inutili: c’è già il benestare di cinque consigli regionali, dunque non serve depositare le firme.

Dall’altra rimangono le perplessità di chi, soprattutto tra i governatori del Nord, ritiene che la linea ondivaga su Europa, vaccini e governo stia portando il partito a sbattere. Il momento di confronto annunciato da Salvini rischia di arrivare troppo tardi. Tardivo era stato considerato anche l’incontro del segretario con il gruppo parlamentare, a metà ottobre, al Teatro Sala Umberto di Roma. Una riunione per chiarire e placare gli animi, all’indomani del flop alle amministrative, che è arrivata dopo una lunga interruzione: il penultimo faccia a faccia con i parlamentari risale a dieci mesi fa.

Salvini tira dritto. Già all’indomani del voto amministrativo c’era stato un faccia a faccia con Giorgetti per scuotere la polvere e smentire le tensioni raccontate dalla stampa. L’unica via, a questo punto, è mettere nero su bianco una linea, quanto più possibile condivisa, e farlo sotto i riflettori.

Assemblea sia, dunque. Anche se è un’altra la parola che in tanti, specie fra i big in Lombardia, vorrebbero sentire: “congresso”. La strada che porta al congresso nazionale è ancora tutta in salita. I tesseramenti per il nuovo anno sono appena stati chiusi, poi sarà il turno dei “congressini” provinciali e regionali. Se ne riparlerà, in caso, a fine legislatura.

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