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Quando ho saputo della condanna a tredici anni e due mesi di detenzione di Mimmo Lucano non ho voluto leggere alcunché al riguardo. Molti amici mi dicevano che era importante vedere il dispositivo della sentenza, che bisogna conoscere i fatti per commentarli, capire, orientarsi. Hanno ragione, ma io ho preferito andarmi a leggere le statistiche ufficiali.

In Calabria oggi vivono 1.877.728 persone su 15.221 km2, con una densità abitativa di 123 persone per km2. La Sicilia ha una densità abitativa di 187 persone per km2. La Puglia ha una densità abitativa di 210 persone per km2. Dunque la Calabria è una terra difficile, che si spopola. Tra le sue caratteristiche c’è quella di uno sviluppo che ha visto l’abbandono degli antichi borghi, tutti collinari, o montani, in favore di uno sviluppo costiero disordinato e privo di radici culturali. Parrucchieri, alimentari, bar, farmacie, negozi di vestiario, si accalcano lungo le coste senza rapporto alla storia, a quel glorioso passato nel quale si viveva in alto, in piccoli centri fortificati per paura delle invasioni che arrivavano dal mare. È stata la speciale morfologia calabra a consentire questo miracolo. Da borghi di rara bellezza si vedeva bene la costa, poco distante. Ma la Calabria contemporanea ha conosciuto una storia opposta a questa: il mare – come la terra – divenne via di migrazione, non di invasione. Chi è rimasto ricorda però che quando arrivarono i primi profughi, infreddoliti, assetati, dopo lunghi giorni trascorsi da dispersi nel Grande Mare, come la Bibbia chiama il Mediterraneo, la popolazione li soccorse. Non pensarono a invasori, pensarono piuttosto a sé stessi, a i loro cari, partiti per terre assai lontane, chissà quando, chissà come.

Mimmo Lucano ha pensato che la storia del Mediterraneo possa essere ancora la storia del Grande Mare, non un mare di invasioni, ma un mare cerniera che unisce tre continenti intorno a uliveti che si trovano soltanto sulle sue coste, da tempi antichissimi, senza che un popolo possa dire di aver insegnato all’altro come fare per coltivarli. Attorno vi sono quegli sconfinati muretti a secco che spero proprio vengano riconosciuti come patrimonio dell’umanità dall’Unesco.

Questo mare che aveva conosciuto invasioni e invasori oggi ha perso i suoi borghi fortificati, dai quali per secoli si sono scrutate le coste. I borghi ci sono, ma non gli abitanti, in gran parte partiti per sempre, per terre lontane. Ma quei borghi sono la storia, sono le vene di una terra che non ha nel suo destino solo l’incendio estivo migliaia di km2 di faggeti secolari, di boschi fino a ieri eterni. No, quei borghi possono ritrovare vita, ridare una storia a terre che non hanno nel loro futuro solo  il paesaggio di una costa senza infrastrutture e disordinata. Questo tipo di “sviluppo” si capisce tornando alla stagione dei sequestri, dell’anonima sequestri. Chi poteva creare vero sviluppo, impresa, lavoro, doveva lasciare il campo al crimine organizzato, così che un territorio senza opportunità divenisse terreno fertile per la ‘Ndrangheta.

Sono stato anni fa a San Luca, sventurato paese famoso solo per fatti di mafia. Quanti turisti vanno a visitare la casa natale di uno dei più grandi scrittori italiani, Corrado Alvaro? È un palazzetto piccolo piccolo, stretto stretto, proprio davanti alla chiesa. Vista da lì la Calabria è stupenda. Il problema è arrivarci, lì. E starci un po’. C’è un albergo a San Luca? Io non lo so. Ma se anche a San Luca, che non è un borgo medievale, non è alta sul mare ed è stata commissariata per anni, ci fosse stato un Mimmo Lucano, questo centro stupendo e ancora abbastanza abitato, ma in una condizione che ho percepito di grande isolamento, avrebbe potuto trovare nuova vita, nuove bambini, nuove imprese, nuova  mescolanza, nuovi giornalisti interessati non a fatti di mafia ma a fatti di incontro, di rinascita, di apertura, di botteghe artigiane, magari tradizionali o meticce. Si tratta di un’alternativa che ne contiene tante. A Mazara del Vallo ad esempio ho visto immigrati produrre dolci siciliani “modificati” all’araba. Un innesto seducente. Non potrebbe funzionare anche a San Luca?

Tornando da San Luca ho avuto modo, per caso, di fermarmi in un altro centro di fatto disabitato, Siderno superiore. Come Riace, la città di cui Lucano è stato sindaco, è un posto bellissimo, che si anima la sera grazie a un piccolo ristorante. Poi chi va a cena a Siderno  superiore riprende la macchina e riparte, e quel centro bellissimo si va a coricare, come a molti accade, da solo.

La cultura contemporanea ci ha insegnato che il mercato si regola sulla base del rapporto tra domanda e offerta. Io in quei borghi ho visto una domanda che Mimmo Lucano ha fatto incontrare con un’offerta evidente. La sola. Mi chiedo se oggi chi voglia cambiare il corso degli avvenimenti sia più invogliato a tentare, scommettere su un domani diverso, o no. I calabresi conosceranno la risposta meglio di me.

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Al di là della condanna del sindaco di Riace, resta un’idea di Italia del Sud, di Calabria, che guarda al Mediterraneo non come un mare di invasioni, ma un mare cerniera che unisce tre continenti intorno a uliveti che si trovano soltanto sulle sue coste. Mi chiedo se oggi chi voglia cambiare il corso degli avvenimenti sia più invogliato a tentare, scommettere su un domani diverso, o no. Il commento di Riccardo Cristiano

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