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Nei prossimi mesi il Congresso americano aprirà a una revisione dell’alleanza di intelligence fra Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Regno Unito. C’è la possibilità, sulla carta, di allargare il club a nuovi alleati.

È un dossier molto delicato. Pensato all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, il patto anglosassone di condivisione informativa ha preso forma nel 1956 con l’adesione degli alleati nell’Indo-Pacifico. Allora dedicato al contenimento dell’Urss durante la Guerra Fredda, è oggi un canale preferenziale per veicolare gli sforzi dei cinque Paesi nella deterrenza cinese.

Ad anticipare quale potrebbe essere il corso dell’alleanza è un recente rapporto del Sottocomitato per l’intelligence e le operazioni speciali della Camera dei Rappresentanti pubblicato a settembre. Un documento allegato al National Defense Authorization Bill, il decreto che deciderà come e dove saranno spesi i fondi del governo federale nella Difesa per il 2022.

C’è un passaggio dedicato agli “accordi di condivisione di intelligence”. “Il comitato riconosce che il panorama delle minacce è molto cambiato dall’esordio del patto Five Eyes, e che oggi le minacce più gravi arrivano da Cina e Russia”, scrivono i congressmen. Che dunque chiedono al direttore dell’Intelligence nazionale Avril Haines e al Segretario alla Difesa Lloyd Austin di fornire entro il maggio del 2022 un rapporto sullo stato di salute dell’alleanza, ma anche sulla possibilità di includervi altri alleati.

Ci sono i nomi: “Corea del Sud, Giappone, India e Germania”. E anche le condizioni per un’eventuale adesione: il governo deve infatti valutare “la natura dei contributi che questi singoli Paesi possono fornire, eventuali limitazioni tecnologiche che impediscano una più stretta condivisione e azioni per risolverle, l’identificazione dei rischi associati con l’ampliamento della condivisione di intelligence”.

India e Giappone fanno già parte insieme all’Australia di un’altra alleanza con gli Stati Uniti: il Quad, un patto diplomatico nella regione dell’Indo-Pacifico. Biden ha convocato per il 24 settembre alla Casa Bianca la prossima riunione e non è escluso che l’incontro possa offrire l’occasione di un confronto sul tema Five Eyes.

Se si dovesse davvero concretizzare un ampliamento dell’alleanza di intelligence, questi tre Stati sarebbero in pole per entrare. Una loro adesione rappresenterebbe un salto in avanti per la presenza degli Stati Uniti nella regione dopo l’iniziativa Aukus, il patto militare con Regno Unito e Australia. E potrebbe dare slancio alla “Pivot to Asia”, la strategia lanciata da Obama e oggi sottoscritta da Biden per proiettare nel Pacifico la presenza strategica americana.

Fra i Paesi europei, come dimostra il rapporto del comitato americano, la Germania è l’unico preso in considerazione, e non da oggi. Già nel 2013, allora con Barack Obama alla Casa Bianca, un gruppo di deputati americani aveva proposto di fare di Berlino il “sesto occhio” dell’alleanza. La questione è anzitutto politica. A Washington c’è chi vuole puntare sulla Germania per farne un canale privilegiato in Europa. Il giudizio per il momento è sospeso, in attesa che si diradi la nebbia sui nuovi assetti politici dopo l’uscita di scena di Angela Merkel. Se ne parlerà, nel caso, dopo le elezioni di domenica prossima.

A Roma c’è intanto chi ha acceso i riflettori sulla finestra che si apre a Washington DC: l’Italia può fare application? La suggestione si è fatta strada in Parlamento ed è sbarcata anche al Copasir, il comitato di controllo degli 007 italiani. Intervenendo su Formiche.net, due deputati e componenti dell’organo bipartisan, il dem Enrico Borghi e l’azzurro Elio Vito, hanno lanciato la palla nel campo Usa: l’Italia “ha tutti i requisiti” per guadagnarsi un seggio nei Five Eyes, dicono.

In verità l’Italia non è mai stata della partita. Non certo perché è stata esclusa. Gli apparati della sicurezza nazionale fra Roma e Washington vantano  infatti e da tempo una solida cooperazione e ottimi rapporti. Un filo diretto che non si è mai interrotto, anche quando sul piano diplomatico c’è stata qualche dissonanza. Questa peculiarità spiega perché, ad oggi, gli americani non ritengano necessario incanalare i rapporti di intelligence con Roma in un format come quello dei Five Eyes.

Quanto ai candidati in esame a Washington, la strada non sarà in discesa. La membership dell’alleanza richiede uno stretto coordinamento sulla sicurezza nazionale che non è facile da mettere in campo. Già l’attuale formato dei Five Eyes ha portato a galla negli ultimi anni una serie di problemi. Un esempio su tutti: la vicenda Huawei, il campione delle telco cinesi accusato di spionaggio da Washington. C’è chi, come Stati Uniti e Regno Unito, ha già messo i cinesi al bando dalla rete 5G. Altri, come la Nuova Zelanda, continuano a tentennare.

 

 

 

Five Eyes, perché gli Usa guardano alla Germania

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