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“Io vorrei fare nel Recovery Plan il più grande investimento che sia mai stato fatto nel nostro Paese nell’assistenza domiciliare”. In modo molto chiaro il ministro della Salute Roberto Speranza a Che Tempo Che Fa, domenica 11 aprile, è tornato a parlare dell’importanza dell’Assistenza Domiciliare integrata per il rilancio dell’Italia e la medicina del futuro: “Un medico o un infermiere che vengono a casa possono cambiarti la qualità della vita”, “io voglio che l’Italia diventi il primo Paese d’Europa per assistenza domiciliare”, sono state alcune delle sue risposte a Fabio Fazio che lo intervistava.

Già il presidente Mario Draghi, nel suo discorso programmatico in Senato, aveva indicato l’Adi e la medicina territoriale come primo asse portante di un piano di riforma della sanità in Italia: “La casa come principale luogo di cura è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata”. Da oltre vent’anni siamo cooperatori impegnati nell’Adi, con la convinzione che sia la chiave per realizzare una vera medicina di prossimità, ma non avevamo mai visto l’Assistenza domiciliare integrata entrare in modo così deciso in un programma di governo. Non è solo la pandemia a spingerci in questa direzione: siamo il Paese con più anziani in Europa e di conseguenza dobbiamo diventare il Paese europeo con l’Assistenza domiciliare integrata più efficace e diffusa.

Inoltre si fa strada la consapevolezza del ruolo fondamentale che può svolgere la cooperazione socio sanitaria anche nella campagna vaccinale, per raggiungere in modo capillare le fasce più fragili della popolazione, anziani, malati, disabili, presso le proprie case. Perché in ogni città, piccolo paese, borgo, c’è una cooperativa in grado di svolgere questo servizio.

Ma se la pandemia ha messo tutti d’accordo sull’importanza di curare e assistere le persone all’interno delle mura domestiche, restituendo gli ospedali allo scopo per il quale sono nati, ovvero occuparsi della fase acuta della malattia, sul come farlo c’è più di una riflessione da fare, anche per evitare che le eventuali risorse messe a disposizione dal Recovery Plan finiscano solo per replicare errori ed inefficienze. Primo: non basterà un aumento delle risorse finanziarie per portare l’Assistenza domiciliare integrata sulle medie europee, che variano tra l’8 e il 10%, con picchi del 20% come in Danimarca. Secondo: per fondare sull’Adi una vera medicina di prossimità è necessaria una fase progettuale che non commetta l’errore di pensare che siamo all’anno zero, ma che, invece, valorizzi quei modelli che funzionano per riproporli su tutto il territorio nazionale, rendendo omogeneo il servizio. L’Adi della Basilicata, per fare un esempio positivo, applica in tutta la regione il “Modello Venosa” (dal nome della cittadina lucana che diede i natali al poeta Orazio, nella quale Auxilium iniziò questa attività molti anni fa).

Si tratta di una riuscita partnership tra pubblico e privato, nella quale il pubblico individua linee guida e processi clinici molto precisi, su cui lavora il personale Auxilium, che ha un alto livello di formazione. Così la Basilicata ha creato un sistema che, in un territorio non facile per la sua orografia, riesce a dare un servizio capillare su una scala rilevante e con indici di gradimento tra i pazienti altissimi.

L’Adi Auxilium è presente in molte zone d’Italia e forti di questa esperienza possiamo affermare che l’Assistenza domiciliare integrata necessita di competenze articolate, formazione e tecnologia. È un settore dove non si improvvisa, quindi c’è bisogno di un sistema di accreditamento serio, che punti sulla qualità, superando le logiche delle gare d’appalto contese a suon di ribassi economici, che vanno sempre a danno dei cittadini e di chi sa e vuole erogare un servizio sanitario ed assistenziale di alto livello. Vogliamo, infine, lanciare di nuovo un appello a tutte le istituzioni pubbliche affinché ci sia più collaborazione: le tante assunzioni di infermieri negli ospedali per far fronte al Covid stanno mettendo in grave difficoltà la medicina territoriale e questo si ripercuote su centinaia di migliaia di pazienti delle Rsa, delle case di riposo e dell’assistenza domiciliare. È necessario programmare insieme per il bene delle persone bisognose di assistenza.

Questo è un tempo per costruire e c’è bisogno di progetti e proposte che siano all’altezza, che coinvolgano politica, istituzioni, operatori della sanità, terzo settore, con la consapevolezza che ogni euro speso bene nell’assistenza sanitaria è un euro investito per il futuro del Paese. La salute e l’accesso alle cure sono il termometro più fedele per registrare il grado di giustizia sociale di una nazione.

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Di Angelo Chiorazzo

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