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Beppe Grillo ha affidato a Torquato Cardilli, ex ambasciatore in Arabia Saudita a inizio anni Duemila, convertitosi all’islam, l’attacco sul suo blog – intitolato “L’ultima fuga” – agli Stati Uniti per la gestione del dossier Afghanistan. Ma anche ai “loro” yes men. Compresi il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte e l’ex capo politico Luigi Di Maio, oggi ministro degli Esteri. È la stessa penna a cui l’Elevato aveva lasciato la difesa dalle accuse di aver ricevuto fondi al regime venezuelano di Hugo Chávez.

Il diplomatico scrive di “fuga disonorevole da Kabul”.

Parole che però non sembrano rendere giustizia allo sforzo profuso in questi giorni dal nostro Paese.

La protezione dei civili, in particolare degli afghani che hanno collaborato con la comunità internazionale e di chi si è battuto per i diritti umani e civili è la priorità numero uno individuata dal ministro Di Maio. L’ha ribadita anche Tommaso Claudi, console italiano rimasto a Kabul per mantenere un collegamento operativo con la Farnesina e gestire tutte le operazioni di rientro in loco.

Di questo il titolare della Farnesina ha parlato nelle ultime ore anche con l’omologo statunitense, Antony Blinken, impegnato in questi giorni in una serie di telefonate pensate per gestire la situazione ma anche per rassicurare gli alleati.

Sono circa 2.500 afgani che hanno collaborato con il nostro contingente a Herat e che saranno portati in Italia nelle prossime settimane. Dal giugno scorso, quando con l’operazione Aquila 1 furono portati nel nostro Paese 228 afghani, sono circa 900 gli ex collaboratori e loro familiari evacuati dall’Afghanistan e circa 800 quelli trasferiti in Italia.

Per l’operazione Aquila Omnia, pianificata e diretta dal generale Luciano Portolano, l’Aeronautica militare ha messo a disposizione quattro C-130 che partono dal Kuwait (circa 2-3 voli al giorno in questa fase) per recuperare il personale dall’aeroporto Kabul, scalo gestito da un diplomatico italiano, Stefano Pontecorvo, l’Alto rappresentante civile della Nato rimasto in Afghanistan. Altrettanti sono i KC-767 che volano tra Kabul e Fiumicino (1-2 al giorno). Ma le stesse fonti precisano che le cifre sono “molto fluide” e la lista potrebbe ingrossarsi nei prossimi giorni. Ma, come è chiaro anche al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, ora il problema è gestire tutto in sicurezza, compreso il trasporto dei civili all’aeroporto di Kabul: per questo sono stati schierati 1.500 uomini.

C’è poi l’impegno in Italia di associazioni, organizzazioni e Comuni. Come la Comunità di Sant’Egidio e le Chiese Protestanti che hanno chiesto l’apertura immediato di un corridoio umanitario. Ipotesi che ha trovato consensi perfino nella Lega. Per quanto il leader Matteo Salvini abbia precisato: “Per donne e bambini in pericolo certamente sì. Porte aperte per migliaia di uomini, fra cui potenziali terroristi, assolutamente no”.

Particolare attenzione è dedicata ai diritti alle donne, come sottolineato più volte dal ministro Di Maio e anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi durante la sua intervista al TG1. Giovedì 26 agosto si terrà a Santa Margherita Ligure una conferenza, la prima volta in ambito G20, dedicata esclusivamente al tema dell’empowerment femminile. A presiederla Elena Bonetti, ministro per le Pari opportunità e la famiglia.

Intanto, Palazzo Chigi sta pensando di portare l’Afghanistan al centro dei lavori del G20 con una riunione straordinaria dei leader delle 20 grandi potenze prima del vertice in agenda a Roma a fine ottobre. Sarà cruciale la collaborazione tra l’Italia e il Regno Unito, quest’ultimo presidente del G7, che si riunirà la prossima settimana sullo stesso argomento.

Come già evidenziato su Formiche.net, la riunione convocata da Londra potrà permettere ai Sette di presentarsi in maniera più compatta di quanto visto nei giorni scorsi (basti pensare alle tensioni tra il primo ministro britannico Boris Johnson e il presidente statunitense Joe Biden) all’appuntamento proposto da Roma, a cui potranno essere presenti anche Paesi come Arabia Saudita, Cina, India, Russia, e Turchia senza i quali parlare di Afghanistan risulta un esercizio piuttosto sterile.

La missione italiana si è conclusa ufficialmente, dopo due decenni, il 30 giugno scorso con 50.000 uomini impegnati e un bilancio di 723 feriti e 53 vittime. Ma questi nomi, numeri e fatti raccontano uno sforzo diplomatico, militare e umanitario messo in campo dall’Italia possiamo ritenerci orgogliosi. Checché ne pensi Grillo.

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