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La maggioranza bulgara (87% dei votanti) e la scarsa partecipazione (circa 60.000 votanti su attorno a 120.000 iscritti) che hanno contrassegnato l’approvazione del nuovo statuto del Movimento Cinque Stelle (M5S) denotano – come ha sottolineato Gianfranco Pasquino su questa testata – che il M5S ha un serio problema di fidelizzazione dei propri iscritti e di loro partecipazione alle scelte fondamentali del MoVimento a cui dichiarano di appartenere.

Il varo del nuovo statuto che dovrebbe essere integrato a breve da un “codice etico” in cui si dovranno sciogliere nodi dirimenti (come quello del “terzo mandato”) mostra anche un problema più serio: quello della possibile collocazione politica del M5S nel futuro panorama italiano, particolarmente se, complice la legge elettorale (o quella attuale o quella su cui il Parlamento aveva cominciato a lavorare), si ritorna ad un sistema essenzialmente bipolare.

Guardando a questa prospettiva e a sondaggi che pongono il M5S a una percentuale delle intenzioni di voto non superiori al 15%, il ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio, ex capo politico del MoVimento, ha più volte detto che il MoVimento “non ideologico” sarà “l’ago della bilancia” di qualsiasi governo si vorrà formare.

Una prospettiva ben differente da quelle delle origini: quando nel 2009-2015 il M5S iniziava ad operare e faceva ingresso in Parlamento, si proponeva come “anti-sistema” e “anti-caste” pur senza l’ideologia che aveva plasmato altri movimenti e partiti “anti-sistema” e “anti-cast”» come era stato in certi momenti Rifondazione Comunista.

Il MoVimento nasceva per dare voce, forza e rappresentanza parlamentare alla protesta di chi si considerava e si considera, a torto o a ragione, “escluso” se non dalla società quanto meno dalla vita politica italiana.

Porsi come “ago della bilancia”, non vuole neanche dire essere il nuovo Ghino di Tacco, come era stato soprannominato Bettino Craxi (lui stesso firmava con questo pseudonimo editoriali su L’Avanti!). Craxi, infatti, aveva fortissima connotazione ideologica di socialismo anti-marxista, come riassunto nel saggio da lui firmato (ma scritto in gran parte da Luciano Pellicani) Il Vangelo Socialista pubblicato nell’agosto 1978 sul settimanale L’Espresso e successivamente ampliato in volume.

Un “ago della bilancia” non ideologico ricorda, se si possono fare confronti con quella che viene chiamata Prima Repubblica, il Partito Social Democratico, non tanto quello di Saragat (fortemente ideologico in quanto rompeva il Fronte Popolare) quanto quello di Tanassi, Romita e Longo il cui obiettivo pareva essere quello di “stare al governo” non per incidere su scelte di fondo ma su istanze avanzate dal proprio elettorato (spesso legittime ma di modesta portata) e per fruire dei vantaggi di fare parte dell’esecutivo. La storia non si ripete. Tuttavia, sappiamo come andò a finire.

Dove stanno andando i pentastellati?

Il varo del nuovo statuto, che dovrebbe essere integrato a breve da un “codice etico”, mostra un problema: quello della possibile collocazione politica del M5S nel futuro panorama italiano, particolarmente se, complice la legge elettorale, si ritorna a un sistema essenzialmente bipolare. Giuseppe Pennisi integra con il suo commento l’intervento del prof. Pasquino già ospitato da Formiche.net

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