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L’uscita discreta dalla Casa Bianca di Donald Trump è stata anticipata da un ultimo accordo, passato in sordina, siglato un’ora del giuramento di Joe Biden a Capitol Hill: l’intesa preliminare con gli Emirati Arabi Uniti per la vendita di F-35 e droni armati. Le indiscrezioni di Reuters, che cita fonti vicine al dossier, parlano in un accordo per cedere cinquanta velivoli di quinta generazione e 18 Uav, per un valore complessivo che potrebbe ammontare a 23 miliardi di dollari. Ora la palla passa all’amministrazione targata Joe Biden, che dovrà gestire un dossier rilevante sia per la portata economica, sia (soprattutto) per le potenziali ricadute geopolitiche in un’area delicata come il Medio Oriente.

ACCORDI PRELIMINARI

L’accordo è stato negoziato negli ultimi mesi dell’amministrazione Trump, a un passo dalle elezioni. La notifica al Congresso sulla possibile vendita è stata depositata dall’ormai ex segretario di Stato Mike Pompeo a metà novembre, nella speranza di poter accelerare e chiudere l’accordo prima dell’anno. Attualmente si parla di intesa preliminare, prima fase per poter passare alla vendita vera e propria che dovrà essere approvata da Capitol Hill. Già dalle prime indiscrezioni sull’ipotesi di vendita agli Emirati Arabi, erano apparse diverse diverse criticità, prima fra tutte la posizione di Israele. Criticità ora nelle mani di Joe Biden, che avrà in ogni caso modo di riesaminare l’intesa, come dichiarato tra l’altro prima della vittoria.

GLI EQUILIBRI DEL GOLFO

Gli Emirati Arabi, uno degli alleati più stretti degli Stati Uniti nello scacchiere mediorientale, hanno più volte espresso il loro desiderio di acquistare i velivoli della Lockheed Martin, e le promesse per un accordo di vendita sono state oggetto delle negoziazioni per la normalizzazione dei rapporti con Israele lo scorso agosto. È infatti la questione israeliana ad aver rallentato il progetto, con Tel Aviv preoccupata per un rafforzamento delle capacità militari di un altro Paese nella regione.

LA POSIZIONE DI ISRAELE

Ci sono volute le reiterate ed esplicite rassicurazioni da parte di Pompeo e di altri funzionari del dipartimento di Stato e del Pentagono sul “qualitative military edge” israeliano, cioè il vantaggio tecnologico militare su tutti gli altri Stati della regione, per convincere Benjamin Netanyahu a far cadere la propria opposizione al programma. Oltre alle assicurazioni di Pompeo, a convincere Israele è sicuramente stata il comune antagonismo degli Emirati verso l’Iran, il principale avversario allo schieramento filo-Usa nell’area. Da questo punto di vista, il nuovo segretario di Stato, Antony Blinken, ha confermato la volontà Usa di affrontare il dossier Iran e di conseguenza questo potrebbe spingere Biden a confermare la vendita di armamenti agli alleati di Washington per aumentare la pressione su Teheran.

TEMPI LUNGHI

Oltre alle complessità che sempre accompagnano la diplomazia mediorientale, il progetto ha subito continui rallentamenti e difficoltà dovute alle complessità stesse di vendita di uno strumento complesso e avanzato come un F-35. Nonostante Abu Dhabi fosse pronta già a dicembre, sempre secondo le indiscrezioni di Reuters, i tempi tecnici per la consegna dei jet, il loro costo, i pacchetti tecnologici necessari e l’addestramento indispensabile, tutte questioni legate alle negoziazioni, ne hanno allungato i tempi. Qualora confermato, l’accordo supererebbe i 23 miliardi di dollari, con una serie di contratti da stipulare con General Atomics, Lockheed Martin e Raytheon Technologies. Il grosso dell’acquisto sarebbero sicuramente i velivoli stealth F-35, ma nell’accordo sarebbero previsti anche 18 droni armati, vendita che potrebbe diventare la seconda più grande mai fatta dagli Usa verso un singolo Paese. La data finale delle consegne non è stata ancora confermata dalle fonti di Reuters, ma la proposta iniziale degli Emirati prevede il 2027.

F35 e droni. L’ultima firma di Trump per gli Emirati

Un’ora prima del giuramento di Joe Biden a Capitol Hill, Donald Trump avrebbe firmato un maxi accordo con gli Emirati Arabi per la vendita di 50 F-35 e 18 droni armati. L’intesa resta preliminare e soggetta al via libera del Congresso. Il neo-presidente ha dichiarato in passato di voler rivedere il dossier, reso ancora più difficile dai delicati equilibri diplomatici mediorientali

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