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Habemus delegam. Giuseppe Conte ha scelto come autorità delegata per gli 007 italiani il suo consigliere diplomatico, l’ambasciatore Pietro Benassi. A ufficializzare la nomina a sottosegretario di Stato della presidenza del Consiglio, dopo aver informato il Copasir, un Cdm iniziato alle 22 di giovedì sera. Si sblocca così un’impasse che ha giocato un ruolo non secondario nella consumata crisi di governo. La cessione della delega all’intelligence figurava infatti fra le condizioni poste da Matteo Renzi per restare nella maggioranza.

Ora la delega c’è, e porta il nome dell’uomo più vicino al premier in politica estera. Conte aveva annunciato la scelta di “una persona di fiducia”, e ha puntato su chi per più di due anni lo ha consigliato a Palazzo Chigi giocando un ruolo di primo piano nella preparazione e nel successo di tante visite e vertici internazionali. Romano, 62 anni, Benassi vanta una lunga carriera diplomatica iniziata alla Farnesina verso la fine degli anni ’80, dall’Avana a Varsavia fino a Bruxelles. Ambasciatore italiano a Tunisi dal 2009 al 2013, ha guidato l’ambasciata a Berlino dal 2014 al 2018.

Poi la chiamata a Piazza Colonna, come consigliere diplomatico. O, per dirla all’americana, “National security advisor”. In quel ruolo, fra un summit in Italia e una missione all’estero, ha costruito un’ampia rete di relazioni che si è aggiunta ai suoi ottimi rapporti con il mondo diplomatico e politico tedesco. A partire proprio dal National Security Council (Nsc) americano e due dei tre consiglieri che si sono succeduti con Donald Trump alla Casa Bianca, John Bolton e Robert O’Brien. Una consuetudine che Benassi ha avuto anche e soprattutto con l’ultimo inquilino di Villa Taverna, l’ambasciatore americano in uscita Lewis Eisenberg.

Come ultimo incarico gli è stato affidato il ruolo di Sherpa dei due grandi appuntamenti internazionali per l’Italia nel 2021: la presidenza del G20 e del Cop26. “Sarà una grande vetrina per l’Italia”, ha scritto in un’analisi per il numero di novembre di Formiche. Ospite di un evento di Formiche a fine novembre, aveva poi anticipato che “la reciprocità nel procurement o la regolamentazione del commercio internazionale fra grandi player come Ue e Cina saranno al centro del dibattito”.

La sicurezza nazionale è insomma materia nota a Benassi. Come noti sono i suoi rapporti più che cordiali con i vertici degli 007 italiani, dal direttore generale del Dis Gennaro Vecchione ai direttori di Aisi ed Aise. Coordinare il lavoro dell’intelligence in mezzo alla pandemia, anche se, va ricordato, sotto la direzione del premier, come vuole la legge sul comparto 124/2007, non è una passeggiata. L’ambasciatore conosce bene molti dei dossier scottanti sulla scrivania dei Servizi.

È il caso della sicurezza cibernetica e della rete 5G, di cui si è occupato più volte in prima persona insieme agli omologhi di Paesi alleati. Come quando, lo scorso luglio, ha incontrato a Parigi in occasione della Festa della Bastiglia con O’Brien e i colleghi francese, tedesco e inglese per discutere della presenza nel 5G di aziende cinesi come Huawei o Zte.

Benassi non è il primo diplomatico ad assumere un ruolo apicale nell’intelligence italiana. Prima di lui c’era stato, nella veste di direttore generale del Dis, l’ambasciatore Giampiero Massolo, oggi presidente dell’Ispi e di Fincantieri. Un ambasciatore, William Burns, è stato scelto dal nuovo presidente americano Joe Biden per guidare la Cia.

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