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Piero Fassino è da poco rientrato dalla commemorazione di Emanuele Macaluso quando risponde al telefono. “È stato uno dei dirigenti politici più autorevoli del Partito comunista italiano, che ha creduto in un’identità riformista. E si è battuto per tutta la vita per essa”, ricorda. “Emanuele, come Giorgio Napolitano, Gerardo Chiaromonte e altri dirigenti dell’area migliorista, ha sempre pensato che l’evoluzione democratica e riformista dovesse avere un approdo social-democratico. Tant’è che salutò come fatto politicamente significativo la decisione del Partito democratico della sinistra di aderire all’Internazionale socialista”.

Macaluso “ha dato un contributo rivelante” a quella transizione che Fassino, protagonista fin dagli anni della Fgci torinese nel Sessantotto, della vicenda del Pci prima, del Partito democratico della sinistra e del Partito democratico oggi, ha raccontato nel libro “Dalla rivoluzione alla democrazia. Il cammino del Pci 1921-1991” (Donzelli), uscito in questi giorni, quelli dei 100 anni dal Congresso di Livorno.

Che cosa rimane oggi del Pci?

Il Pci ha concluso la sua storia 30 anni fa. Ed è significativo che 30 anni dopo — non 30 giorni dopo — il suo centenario venga celebrato con convegni, articoli, dibattiti, eventi. Riconoscimento del grande ruolo che il Pci ha svolto nella storia italiana del Novecento. La sua principale eredità sta nel valore della democrazia, che non è una conquista scontata e al riparo di insidie. E lo dico guardando oggi al fenomeno delle democrazie illiberali, che è un ossimoro ma esistono: una forma politica in cui l’architettura istituzionale è democratica, ma la la sua gestione è autocratica e autoritaria e prevale la “dittatura della maggioranza”. Guardiamo a ciò che accade in Turchia, Russia, Ungheria, Polonia. Non si pensi che pulsioni del genere non possano manifestarsi anche in Italia.

La democrazia è il primo lascito. E gli altri?

I valori di solidarietà, giustizia sociale, pace, uguaglianza. Le forme della politica nascono e muoiono in relazione ai cambiamenti della società, ma i valori rimangono. Perché mentre le forme organizzative devono fare i conti con il tempo, i valori lo attraversano: c’era bisogno di giustizia sociale all’inizio dell’Ottocento, del Novecento, di questo secolo, e ce ne sarà all’inizio del prossimo. Naturalmente perseguendola con forme coerenti con le trasformazioni della società.

Il modello Pci si può applicare all’attualità?

Era un partito di massa, presente sul territorio, in osmosi con la società. Al punto che quel modello fu assunto da tutti gli altri. Basti pensare alle Feste dell’Unità, diventate un esempio per gli altri. La crisi della Prima repubblica è stata anche la crisi dei suoi partiti.

Che cosa sono diventati oggi i partiti?

La maggior parte si sono ridotti a serbatoi elettorali, guidati da leadership assillate dall’esposizione mediatica, in un rapporto con i cittadini molto sofferente. Non si pongono il problema di rendere protagonisti i cittadini, che oggi sono spesso passivi destinatari dei messaggi dei partiti.

E il Pd che cosa dovrebbe fare oggi?

Il Pd deve – e già lo fa – coltivare l’idea opposta, cioè che i cittadini non sono passivi destinatari di ciò che la politica decide, ma devono esserne i protagonisti.

Si definisce nostalgico?

No, nel modo più assoluto. I partiti di oggi non possono essere ciò che erano il Pci o la Democrazia cristiana. Essere in osmosi significa anche essere in sintonia, con la società del proprio tempo, le sue forme di organizzazione, di relazione e di comunicazione. Anche nel mondo di internet e nella società fluida c’è bisogno di una politica organizzata, radicata, capace di coinvolgere i cittadini e renderli partecipi delle scelte.

Che cosa serve, allora?

Coltivare con le modalità di oggi quell’idea lì, mettere i cittadini in condizione di sentirsi parte della politica. Il tema è attuale e urgente perché c’è un’ampia fetta di opinione pubblica che non si sente rappresentata dai partiti e dalla politica. Ed è li che si annidano i rischi per la democrazia.

Il problema è anche una crisi di valori?

I valori ci sono. Se guardo al Mediterraneo penso che l’obiettivo della pace sia un valore più che mai attuale. Se guardo alle fratture sociali che ha prodotto la crisi penso che uguaglianza, giustizia sociale, dignità delle persone siano valori di un’attualità assoluta. È significativo quanto il discorso di insediamento del presidente statunitense Joe Biden sia stato tutto ispirato a valori forti. I valori ci sono, il problema è come si fanno vivere nella società insieme con i cittadini. E questa dev’essere una delle responsabilità del Pd oggi.

Ma l’assenza di valori condivisi è spesso sottolineata come uno dei punti deboli dell’attuale governo. Prima ha fatto riferimento alle democrazie illiberali paventando rischi anche per l’Italia. Può un governo fondarsi solo su questa idea di essere l’unico baluardo a difesa della democrazia?

Non è un valore da poco. Garantire che l’Italia continui essere un Paese pienamente democratico e sia al riparo dalla tentazione della democrazia illiberale è la prima cosa.

Basta per governare?

No, ma è una condizione fondamentale: se non difendi questo valore tutti gli altri cadono. Naturalmente si difende la democrazia liberale se dimostra ai cittadini di essere loro utile. E ciò significa dare risposte alle domande dei cittadini: il lavoro, il reddito, il futuro dei figli, le condizioni di vita. Ed è tanto più urgente farlo oggi, in una società inquieta che dopo un anno di Covid-19 si pone prima di tutto due domande: quando ne usciremo? Come ne usciremo? È a questi due interrogativi che la politica oggi deve dare risposta.

Il Pd non può essere come il Pci di Macaluso, ma... Dialogo con Fassino

Piero Fassino ha appena pubblicato “Dalla rivoluzione alla democrazia. Il cammino del Pci 1921-1991” (Donzelli). Quando gli telefoniamo è appena rientrato dalla commemorazione di Macaluso: “Si è battuto sempre per un approdo social-democratico del Pci”, ricorda. La sfida per il Pd di oggi? “Garantire che l’Italia sia al riparo dalla tentazione della democrazia illiberale”

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