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Dopo la stagione del papa teologo, Benedetto XVI, è cominciata la stagione del papa poeta, Francesco. Definito da molti un sempliciotto (il parroco del mondo) da altri un filosofo, Francesco si capisce davvero come grande e profondo poeta e il suo discorso odierno nella piana di Ur, dove la tradizione vuole sia nato il padre comune dei tre monoteismi, Abramo, spiega a chiunque voglia capire lo sguardo cosmico, il suo sguardo cosmico sulla fratellanza. Fratellanza umana, ma anche fratellanza di tutto il creato. Lo sguardo cosmico sulla fratellanza che unisce negli ecosistemi il deserto e i monti, le campagne e le città, il fiume e le isole unisce in loro e con loro le culture del deserto e dei monti, delle campagna e della metropoli, del fiume, della foresta e dell’isola, di terra o di mare che sia e trova nel linguaggio poetico quello che più universalmente sa esprimerlo.

Nessuno è escluso dal linguaggio poetico, né in secondo piano o più padrone in un’altra lingua. Sono ambienti e culture diverse che solo nella loro diversità riescono a restare tutte insieme, in vita e ad esprimersi unitamente nel linguaggio poetico, quello per cui una volta Francesco ha detto che “Dio è un poeta”. Ecco perché siamo diversi e perché le nostre diversità sono una ricchezza non un ostacolo da abbattere. Tutto questo oggi, a Ur, dove ebrei, cristiani e musulmani trovano la loro radice comune nell’uomo “amico di Dio”, Abramo, l’uomo che ha avuto fiducia e ha risposto con fiducia, ha trovato la più bella, poetica ed alta spiegazione di tutto l’ordito dell’enciclica “Fratelli tutti”.

Questa frase pronunciata nel deserto dove lo sguardo cosmico dell’uomo tutto può cogliere e vedere senza ostacoli o muri, Bergoglio l’ha messa in poesia così: “ Guardiamo il cielo. Contemplando dopo millenni lo stesso cielo, appaiono le medesime stelle. Esse illuminano le notti più scure perché brillano insieme. Il cielo ci dona così un messaggio di unità: l’Altissimo sopra di noi ci invita a non sperarci mai dal fratello che sta accanto a noi. L’Oltre di Dio ci rimanda all’altro fratello. Ma se vogliamo custodire la fraternità, non possiamo perdere di vista il Cielo. Noi, discendenza di Abramo e rappresentanti di diverse religioni, sentiamo di avere anzitutto questo ruolo: aiutare i nostri fratelli e sorelle a elevare lo sguardo e la preghiera al Cielo. Tutti ne abbiamo bisogno perché non bastiamo a noi stessi”.

Ecco allora confermato ed evidente quel che ha detto a Formiche.net lo scrittore iracheno Younis Tawfik: questo viaggio è intimamente legato alla lotta contro il male della pandemia, perché riconosce nella violenza sacrilega che gli imperialismi attribuiscono alle religioni che usano deturpandole, l’altro volto del male, e anche questo può essere combattuto solo sentendoci tutti sulla stessa barca. Sunniti, sciiti, ebrei, cristiani, sono sulla stessa barca che si fonda nel riconoscimento della comune cittadinanza. Sì, la Mesopotamia di Abramo è da oggi più chiaramente la porta del Mediterraneo, quella che non può essere consegnata a nessun impero perché è porta di una casa cosmopolita.

Quando il papa, prima di arrivare ad Ur, ha fatto tappa a Najaf, città santa degli sciiti dove da secoli migliaia di loro vanno a farsi seppellire per affrontare l’eternità insieme al loro fondatore, Alì, il papa di fatto non solo ha rotto il muro di incomprensione che il colonialismo e l’uso strumentale dell’antagonismo antiamericano hanno creato per decenni, ma si è fatto naturale facilitatore per un dialogo tra il suo nuovo interlocutore, al-Sistani, e il suo fratello sunnita, l’imam di al-Azhar, con il quale ha firmato il Documento sulla fratellanza e che infatti ha pregato per il pieno successo del viaggio di suo fratello Francesco.

Non cambia la politica, cambiano le culture e le nostre rappresentazioni e percezioni della realtà dell’altro con viaggi del genere: questa è la rivoluzione che riguarda ciascuno di noi e di loro, uniti nel noi del papa poeta.

La poesia cosmica di Francesco coinvolge tutti da Ur

Oggi, a Ur, dove ebrei, cristiani e musulmani trovano la loro radice comune nell’uomo “amico di Dio”, Abramo, l’uomo che ha avuto fiducia e ha risposto con fiducia, ha trovato la più bella, poetica ed alta spiegazione di tutto l’ordito dell’enciclica “Fratelli tutti”

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