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“Un onore e un piacere incontrare il presidente Sergio Mattarella al Quirinale. Apprezziamo profondamente la sua leadership e il suo fermo sostegno alle relazioni tra Italia e Stati Uniti”. A dichiararlo via Twitter è l’ambasciatore statunitense a Roma, Lewis Michael Eisenberg, che, come recita la nota della presidenza della Repubblica, era “in visita di congedo”.

In questo marasma politico italiano, il Quirinale si conferma l’unico elemento di certezza per l’establishment statunitense, di cui l’ambasciatore Eisenberg è un valido rappresentante. 

Da Washington, infatti, si guarda con rispetto e attenzione al Colle. Una consuetudine nata sotto le presidenze di Sandro Pertini e Francesco Cossiga, rafforzatasi con la fine della Prima repubblica e l’uscita di scena di figure come Giulio Andreotti e Giuliano Amato, diventata quasi prassi dopo le esperienze a Palazzo Chigi di Silvio Berlusconi e Romano Prodi che hanno lasciato spazio all’attuale situazione politica contraddistinta da una grande fluidità.

Basti pensare agli ottimi rapporti con gli Stati Uniti che ha avuto l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il feeeling tra Washington e Colle si è poi confermato anche con il suo successore, Sergio Mattarella, già ministro della Difesa e vicepresidente del Consiglio con delega ai servizi segreti durante il primo governo di Massimo D’Alema. Nell’ottobre del 2019 l’attuale inquilino del Colle è stato ricevuto con grandi attenzioni alla Casa Bianca dal presidente statunitense Donald Trump.

L’establishment d’oltreoceano sembra aver ben compreso come i presidenti del Consiglio siano figure a tempo determinato. Così, quello del Quirinale è diventato il vero numero di telefono italiano da comporre quando c’è un problema — Un esempio? Il Memorandum d’intesa sulla Via della Seta firmato con la Cina nel marzo del 2019.

L’incontro odierno non fa che confermarlo. Chiunque ci sia alla Casa Bianca — il repubblicano Trump o il democratico Joe Biden — questi è molto poco interessato a chi viene scelto a Palazzo Chigi. Tutta l’attenzione, invece, è rivolta ogni sette anni a chi si insedierà al Quirinale. Non c’è dubbio quindi che gli uomini (e le donne) dello staff del presidente eletto stiano guardando con interesse non eccessivo l’attuale crisi del governo Conte. Ben più attenti saranno fra qualche mese quando si deciderà il futuro inquilino del Colle. E dalle parti di Washington, pur volendo restare sempre osservatori attenti ma neutrali, sanno riconoscere bene gli interlocutori seri da quelli occasionali. Il saluto di Eisenberg a Mattarella lo prova una volta di più.

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