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Che la sfida fosse complicata era cosa nota. Eletto quasi all’unanimità, Enrico Letta è entrato a gamba tesa nel Partito democratico. Ha sciorinato punti programmatici da non rimandare. Uno su tutti la parità di genere, che “deve essere precondizione”. E allora via con le sostituzioni. Dopo il cambio di guardia al femminile, e a senso unico al Senato, la partita si è spostata alla Camera. A Montecitorio però i nomi sono due. Che la sfida abbia inizio.

È stato chiuso con relativa scioltezza il duello a Palazzo Madama. A farne le spese è stato Andrea Marcucci. Seppur non volentieri, l’ex renziano di ferro ha dovuto cedere il passo, favorendo, come da accordi, l’elezione di Simona Malpezzi, e quindi il consolidamento del potere targato Base Riformista al Senato. Non è stata una sorpresa: la corrente di Luca Lotti e Lorenzo Guerini ha solo ribadito la sua maggioranza schiacciante. Alla fine, a festeggiare sono un po’ tutti: l’ex sottosegretaria ai rapporti con il Parlamento, che ha dovuto dimettersi, lasciando magari il posto a un’altra donna – si fa il nome di Caterina Bini, lottiana; Enrico Letta, che ha applaudito alla transizione educata; le correnti.

La vera sfida allora si giocherà a Montecitorio. Dopo il via libera ottenuto dal capogruppo dimissionario Graziano Delrio, i nomi in campo sono due: Debora Serracchiani e Marianna Madia. Figure pesanti nelle gerarchie di partito. Martedì ne verrà eletta solo una, e questa volta non è prevista l’unanimità.

Entrambe autocandidate e ben volute dalle tante anime dem, rappresentano due personalità distinte. Debora Serracchiani – che, se vincitrice, dovrebbe lasciare la presidenza della Commissione Lavoro, puntata da Forza Italia – ha iniziato il suo percorso politico a Udine, diventando segretaria del Pd cittadino. Dopo le dimissioni di Walter Veltroni, ha scelto la via indicata da Dario Franceschini. È stata eletta prima europarlamentare e poi presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia. Da franceschiniana è entrata nella segreteria di Guglielmo Epifani, per rimanerci poi con Matteo Renzi. Nelle ultime esperienze congressuali ha abbracciato Maurizio Martina e infine Graziano Delrio.

Che giravolte! Anche la sua contendente non è da meno in quanto a cambi di casacca. Marianna Madia, enfant prodige dei dem capitolini, viene candidata da Veltroni alle politiche e a soli 28 anni diventa parlamentare. Già da tempo aveva iniziato il suo “tour correntizio”: si era avvicinata a D’Alema, poi a Bersani, è scappata con Civati e infine si è convertita al renzismo. La sua prima esperienza da stagista è stata però all’Arel, la fondazione di Nino Andreatta, il che la lega a Enrico Letta. Giovane ministra nei governi Renzi e Gentiloni, il suo maggior problema, o virtù, è quello di essere oggi indipendente, senza legami stretti con le squadre interne.

Chi la spunterà? Debora Serracchiani appare favorita. A trainarla ci sono i voti di Delrio (Fianco a Fianco) e di Franceschini (AreaDem), che insieme valgono la metà dei deputati Pd. Marianna Madia invece ha il sostegno Letta e della minoranza di sinistra di Orfini (Giovani Turchi). A decidere la partita, anche qui, saranno gli ex-renziani, che andranno in ordine sparso.

Dal Nazareno è stata lasciata autonomia totale ai gruppi parlamentari. Al Senato è andata liscia, ma i malumori stano riaffiorando. Le contese si stanno spostando su altri capitoli scottanti. Uno fra tutti le suppletive in Toscana, terreno ideale per riportare in Parlamento il nuovo segretario. In un’intervista a Il Tirreno, un ancora sofferente Marcucci ha alzato venti di guerra: “Il seggio a Siena? Ci vedrei bene una candidata donna”.

Letta si dice “sereno”: “Un po’ di sana competizione fa bene”, specie “tra due profili così solidi”. Nel frattempo, le correnti sono tutt’altro che dormienti. Cercano l’accordo, spingono per evitare lo scontro.

Al comando dei banchi dem di Montecitorio martedì ci sarà un nuovo capogruppo. Non si sa ancora chi, ma sarà una donna. Hanno vinto tutti?

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