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Negli ultimi giorni si sono molto accentuate le tensioni internazionali (in particolare tra Cina e Stati Uniti) in materia di vaccini anti Covid. Questa pericolosa escalation, dovrebbe – a mio avviso – spingere i ministri  Roberto Speranza ed Enzo Amendola a chiedere un vertice straordinario urgente dei ministri della Sanità dell’Unione europea insieme ai vertici comunitari (Ursula von der leyen, David Sassoli, Charles Michel e Josep Borrell).

L’Europa deve intervenire subito per  prevenire il rischio di una babele mondiale dei vaccini che si sta delineando a livello globale. L’elemento scatenante è stata la notizia riportata due giorni da prestigiosi media internazionali che il vaccino cinese CoronaVac prodotto dalla Sinovac avrebbe (il condizionale è d’obbligo in una materia così delicata e rilevante)  risultati deludenti in Brasile rispetto alle aspettative dichiarate.

Il rischio, ma è presto per dirlo, è che il seguente: se i risultati dei test effettuati in Brasile fossero confermati il CoronaVac funzionerebbe solo nel 50% dei vaccinati collocando decine e decine di milioni di persone in una sorte di limbo. Uno scenario globale che richiama alla memoria la Torre di Babele. Una miriade di persone vaccinate potrebbe viaggiare per il mondo, senza sapere se sono protetti davvero dal vaccino oppure potenziali vettori del Covid-19 come all’inizio della pandemia.

Una simile ipotesi – ci auguriamo improbabile – purtroppo non si può escludere a priori. Ed essa metterebbe in crisi i piani di contrasto alla pandemia  adottati in tutti i paesi (e su cui con il ministro Speranza in Italia si sta ottenendo buoni risultati proprio in materia termini di vaccinazioni).

L’Italia ha peraltro una responsabilità  particolare perché per tutto il 2021 ha la presidenza del G20 e promuovere e ospitare a Roma il summit mondiale in materia di global health.

Un’eventuale prestazione scadente del vaccino della Sinovac metterebbe a rischio mezzo mondo. È interesse primario della Cina in primo luogo per i suoi cittadini, ma non solo evitare uno scenario come quello appena descritto. È in gioco la sua reputazione internazionale; altro che vittoria geopolitica del Dragone come qualche osservatore ha scritto come conseguenza della pandemia.

Numerosi Paesi hanno scommesso sui due vaccini cinesi in produzione. Diverse nazioni hanno già comprato milioni di dosi di CoronoVac della Sinovac e alcuni già avviato proprio in questi giorni le campagne vaccinali. Anche l’altro vaccino cinese, il Sinofarm. dell’azienda statale Bibp, è utilizzato all’estero, in Serbia negli Emirati Arabi Uniti, Egitto e Giordania. La Bibp ha annunciato un’efficacia stimata nel 79% dei casi.

L’Unione europea deve avviare subito un chiarimento con la Cina in materia di vaccini ovviamente a 360 gradi non solo sui prodotti cinesi. E, se del caso, prevenire con misure incisive una incertezza che metterebbe in discussione i risultati acquisiti in un solo anno con l’inedita velocità nella produzione dei vaccini e l’avvio dei piani di vaccinazione, basi fondamentali per la ripresa economica e occupazionale post-pandemia.

Qualora l’allarme non sia confermato e viceversa il Sinovac raggiunga effettivamente la soglia del 80% come inizialmente dichiarato dall’azienda cinese la disputa mediatica (e diplomatica) dovrebbe cessare al più presto.

Meglio aver paura che buscarne; non è da escludere che si tratti di un allarme esagerato. È possibile nelle odierne società digitali in cui la comunicazione finisce per dominare su tutto, a prescindere. La comunicazione politica oscura le politiche; e i giornalisti non hanno il tempo controllare le notizie e le fonti perché la tirannia del presente domina incontrastata.

Sino a ieri (15 gennaio) erano solo otto i vaccini somministrati nel mondo. Con numeri cosi piccoli non sarebbe per niente difficile operare con saggezza e selezionare con discernimento (per usare un termine caro a papa Francesco). Ma non è così.

Chi può decidere se un vaccino è affidabile, efficace e sicuro? In assenza di gestione sovranazionale il percorso è sostanzialmente affidato ai governi nazionali e alle loro normative tecniche e amministrative, più o meno, trasparenti. Solo in Europa funziona un vero sistema di governance tecnico scientifico sovranazionale nonché un’agenzia specializzata che opera al di sopra degli Stati membri, l’Ema.

Non a caso l’Agenzia europea dei farmaci è stata oggetto di un grave attacco informatico nel periodo in cui ha certificato la validità dei vaccini. È in pieno svolgimento una difficile indagine di Europol i cui contenuti sono ancora segreti.

A livello globale le cose non funzionano come in Europa. Ogni Paese tende ad agire per conto suo anche se esistono meritorie iniziative internazionali come il Gavi e altre fondazioni che nel corso degli anni hanno ottenuto  risultati significativi contro le pandemie soprattutto in Africa.

Purtroppo la competizione industriale e politica supera di gran lunga il livello della cooperazione anche in ambito sanitario. Viceversa è il comparto (almeno in ambito vaccini, sistemi sanitari nazionali e salute pubblica) in cui  la cooperazione multilaterale dovrebbe essere la regola e non l’eccezione.

Ma così non è, anzi con l’avvento delle politiche neoliberiste la situazione è peggiorata.

Tre leader mondiali (Donald Trump, Vladimir Putin e Xi Jinping) hanno intrapreso una competizione sfrenata per arrivare primi vaccini nella gara dei vaccini innescando un  processo di politicizzazione della pandemia e dei vaccini che ricorda la competizione tecnologica della guerra fredda. Ma all’epoca era in gioco la conquista dello spazio e della luna; oggi ora la vita o la morte di milioni di esseri umani. Non è la stessa cosa.

Ieri il Global Times, la testata di propaganda internazionale del regime cinese, ha reagito male alle notizie circa i risultati deludenti del vaccino Sinovac. Secondo vari articoli apparsi sul giornale si tratterebbe (tanto per cambiare) di una cospirazione promossa degli Stati Uniti e dal Regno Unito in funzione anticinese.

Nessun approfondimento di carattere tecnico; all’opposto secondo i canoni ormai noti della wolf propaganda diplomacy del Dragone il quotidiano di Pechino cerca di ribaltare le accuse. Secondo un editoriale del Global Times sarebbero gli Stati Uniti a coprire gli effetti collaterali (presunti) del vaccino Pfizer distribuiti in Norvegia dove nelle ultime settimane sono stati vaccinati 20.000 anziani nelle locali Rsa. Sono viceversa gli stessi norvegesi che hanno reso noto che stanno studiando 23 decessi per capire se ci siano eventuali collegamenti con il vaccino o si tratti di una pura coincidenza, un segno di serietà deontologica e di rispetto della trasparenza da parte delle autorità sanitarie norvegesi.

Rispetto alle regole europee in materia di trasparenza la Cina e la Russia seguono in effetti procedure di approvazione e controllo dei vaccini più opache. Tuttavia anche sulla stampa cinese si affacciano prime critiche e perplessità.

Non solo in Brasile, ma anche in Asia, per esempio in Tailandia e nelle Filippine, i vaccini cinesi suscitano qualche perplessità-

Completamente diverso, viceversa il comportamento di due leader “populisti” come Viktor Orbán e Recep Tayyip Erdogan. Budapest e Ankara hanno deciso di accelerare le campagne vaccinali con il Sinovac e con il Sinopharma, Pechino a cui sono peraltro legati da molteplici interessi.  In Ungheria, Huawei domina il mercato delle telecomunicazioni e delle tecnologie digitali e delle infrastrutture ferroviarie. La Turchia condivide con la Cina molteplici interessi finanziari, commerciali e anche militari. In nome di questi sacrifica totalmente i diritti della minoranza turca uigura dello Xinjiang.

A pensare male si fa peccato, ma talvolta ci si indovina. Spero proprio che le preoccupazioni che ho esposto non abbiano fondamento ma l’Europa non può, innanzitutto nell’interesse dei cittadini europei, chiudersi in sé stessa.

In un momento già così grave aprire una iniziativa dell’Unione europea con la Cina è davvero indispensabile. L’incertezza che si respira in questi giorni può trasformarsi in diffidenza e compromettere gli stessi esiti del G20.

Alla vigilia dell’insediamento di Joe Biden un’immediata attivazione dei ministri Amendola e Speranza nei confronti dei loro colleghi e dei vertici Ue può dare un segnale importante. L’Italia ha sbagliato a spalancare le porte delle telecomuncazioni e delle reti mediatiche e digitali alle aziende cinesi. Ma sanità e vaccini sono un capitolo molto delicato. E il G20 e il Global Health Summit non dovranno costituire una passerella mediatica per la guerra dei vaccini. L’Oms è molto lenta, e ogni giorno che passa la tensione in materia di vaccini cresce. L’Europa in materia di trasparenza e strumentazione tecnica ha le carte in regola per farsi sentire. Se non ora quando?

vaccino covid

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